La Siria continua a essere uno dei principali punti caldi del panorama geopolitico globale. Dopo più di un decennio di conflitto, il paese è diventato un terreno di scontro per le grandi potenze e gli attori regionali.
La caduta del regime di Bashar al-Assad ha lasciato un vuoto di potere che ha acuito la competizione per il controllo del territorio e delle risorse. Nel contesto di questa crisi, il ruolo della Russia, tradizionale alleato di Assad, si è progressivamente ridimensionato, con implicazioni strategiche significative. L’annuncio del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, che sottolinea la necessità di preservare gli interessi di sicurezza della Turchia garantendo al contempo l’integrità territoriale della Siria, rappresenta un ulteriore tentativo di Mosca di riaffermare la propria influenza. Questa analisi approfondisce il ruolo della Russia nel contesto siriano, esplorando come Mosca stia cercando di adattarsi a una realtà geopolitica sempre più complessa.
Russia: il dilemma dell’influenza decrescente
La Russia, pur mantenendo una presenza simbolica a Damasco attraverso la sua ambasciata, ha ridotto significativamente il proprio coinvolgimento militare e logistico in Siria. Distratta dalla guerra in Ucraina, Mosca ha perso la capacità di agire come garante della stabilità regionale. Le basi strategiche di Latakia e Tartus rimangono fondamentali per la proiezione di potenza russa nel Mediterraneo orientale.
Le basi di Latakia e Tartus: fulcri strategici
Latakia e Tartus non sono solo avamposti militari, ma rappresentano anche simboli della storica influenza russa in Medio Oriente. Queste strutture garantiscono alla Russia un accesso diretto al Mediterraneo, utile per operazioni militari, esercitazioni e proiezione di forza geopolitica. La crescente instabilità in Siria e il progressivo disimpegno russo, però, sollevano interrogativi sul futuro di queste basi. Potrebbero diventare bersagli per gruppi ribelli o jihadisti, oppure oggetto di competizione internazionale.
Un caso studio rilevante è la base navale di Sebastopoli, in Crimea, che Mosca ha usato per consolidare la sua presenza nel Mar Nero e nel Mediterraneo. Sebastopoli ha dimostrato come il mantenimento di avamposti strategici richieda un forte impegno militare, politico ed economico, che attualmente la Russia potrebbe non essere in grado di sostenere in Siria. L’esperienza della Crimea, però, evidenzia anche l’importanza di queste basi come strumenti di influenza a lungo termine.
La presenza americana: un nodo critico
Parallelamente, il ministro Lavrov ha criticato duramente la presenza americana nell’est della Siria, definendola “un’occupazione illegale”. Questa regione, ricca di giacimenti petroliferi e terre fertili, è sotto il controllo delle forze curde sostenute dagli Stati Uniti. Il dominio americano su queste risorse rappresenta un problema significativo per il governo centrale siriano, privato di una fonte cruciale di reddito, e per la Russia, che vede diminuire ulteriormente la sua capacità di mediazione nella regione.
Un confronto utile può essere fatto con l’Iraq post-2003, dove gli Stati Uniti hanno sostenuto gruppi locali per consolidare il controllo sulle risorse petrolifere. Questa strategia, tuttavia, ha spesso alimentato tensioni etniche e settarie, portando a una frammentazione politica. In Siria, il rischio è simile: il controllo americano delle risorse potrebbe esacerbare le divisioni interne, complicando ulteriormente il quadro geopolitico.
Il futuro della presenza russa
Con la riduzione del coinvolgimento russo in Siria, è probabile che Mosca concentri le proprie risorse sulle sue priorità più immediate, come la guerra in Ucraina. Tuttavia, è altrettanto plausibile che la Russia cerchi di mantenere una presenza minima ma strategica, focalizzandosi sulle basi di Latakia e Tartus per salvaguardare il proprio ruolo geopolitico.
La diminuzione dell’influenza russa potrebbe anche portare a un rafforzamento della posizione iraniana in Siria, con Teheran che si inserirebbe nel vuoto lasciato da Mosca. Questo, però, rischierebbe di intensificare le tensioni con Israele, che considera l’Iran una minaccia diretta. Inoltre, l’assenza di un attore stabilizzatore come la Russia potrebbe spingere altri attori, come la Turchia o la Cina, a colmare il vuoto di potere, aumentando ulteriormente la competizione regionale.
Scenari previsionali
Scenario Migliore (Best Case Scenario)
Descrizione: La Russia riesce a mantenere il controllo sulle basi di Latakia e Tartus, utilizzandole come leva per negoziare una soluzione politica inclusiva in Siria.
Ipotesi chiave: Mosca trova un equilibrio tra le risorse impiegate in Ucraina e quelle destinate alla Siria, preservando un ruolo di mediatore regionale.
Impatto: La stabilità regionale migliora, con un graduale ritorno alla normalità economica e politica.
Strategie: Rafforzare la cooperazione con Turchia e Iran per garantire una transizione politica gestita e minimizzare le tensioni con gli Stati Uniti.
Scenario Peggiore (Worst Case Scenario)
Descrizione: Il disimpegno russo porta al collasso delle infrastrutture strategiche in Siria, con le basi di Latakia e Tartus che diventano bersagli per attori jihadisti o potenze rivali.
Ipotesi chiave: La Russia perde la capacità di mantenere la sicurezza delle basi, aggravando la frammentazione del paese.
Impatto: L’instabilità regionale aumenta, con una crescita esponenziale delle attività jihadiste e una nuova crisi migratoria.
Strategie: Rafforzare il monitoraggio internazionale e incrementare il coinvolgimento di attori esterni come l’ONU per stabilizzare la regione.
Conclusione
La Siria post-Assad rappresenta un banco di prova cruciale per la politica estera russa. Mantenere un ruolo rilevante nella regione richiederà un approccio strategico e flessibile, che bilanci le priorità immediate con la necessità di preservare una presenza a lungo termine. Le basi di Latakia e Tartus saranno centrali per definire il grado di influenza che Mosca potrà esercitare nel Mediterraneo e oltre. Tuttavia, la competizione crescente tra attori regionali e globali renderà questa missione sempre più complessa, mettendo alla prova la capacità della Russia di adattarsi a una realtà geopolitica in rapida evoluzione.
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