
Niente decreto Primo maggio come era accaduto negli ultimi due anni, ma l’impegno a concertare con le parti sociali i prossimi interventi su sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Con risorse disponibili nel 2025 per 1,2 miliardi, di cui 650 milioni «reperiti insieme all’Inail» e 600 milioni «già disponibili nei bandi» dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e che «sono destinati a cofinanziare gli investimenti delle imprese» su sicurezza e formazione.
Appena terminato il Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni si affida a uno dei suoi consueti messaggi sui social per ribadire proprio alla vigilia del primo maggio l’impegno del governo sul fronte lavoro. Un intervento di duecento secondi, con un timing piuttosto curioso visto che arriva proprio mentre i ministri Maria Elvira Calderone (Lavoro), Nello Musumeci (Protezione civile) e Francesco Valditara (Istruzione) stanno illustrando nella sala conferenze stampa di Palazzo Chigi i provvedimenti appena approvati dal governo. «Oggi – spiega la premier – dedichiamo la festa dei lavoratori a questo tema e ci impegniamo a fare ancora di più, portando a oltre 1 miliardo e 200 milioni le risorse disponibili per migliorare la sicurezza sui posti di lavoro». Interventi che questa volta non sono sotto forma di decreto, perché – spiega in contemporanea con la premier la ministra Calderone – «serve concertazione». «Vogliamo condividere» gli interventi «con le parti sociali», spiega Meloni, e «le convocheremo per raccogliere anche i loro suggerimenti e rafforzare le misure che abbiamo già previsto». L’appuntamento a Palazzo Chigi è già in calendario per l’8 maggio. Perché, insiste la premier, serve «un’alleanza tra istituzioni, sindacati e associazioni datoriali per mettere la sicurezza sul lavoro in cima alle priorità dell’Italia». Nel video-messaggio diretto «a tutti i lavoratori» e «a tutti quelli che si danno da fare ogni giorno per trovare un impiego», Meloni si dice «consapevole» che di fronte alle morti sul lavoro «il cordoglio non basta». «Anche negli ultimi giorni, nuove vittime e nuove infortuni. Non si può morire così», dice la presidente del Consiglio. Insomma, «bisogna continuare ad agire». Perché, aggiunge citando il capo dello Stato, «come ha detto Sergio Mattarella, di fronte a questo fenomeno non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione». Ed è per questo che il governo «ha sempre messo al centro della sua azione questo tema», aggiunge la premier ricordando gli interventi dell’esecutivo sulla patente a crediti, sull’assunzione di nuovo personale ispettivo per incrementare i controlli e sulle risorse destinate a premiare le imprese che investono in prevenzione.
Meloni si sofferma anche sulla questione salari, proprio all’indomani delle parole di Mattarella. Parlando a Latina, infatti, il capo dello Stato gli ha definiti «inadeguati». Con un piccolo giallo, visto che nel testo diffuso in anticipo ai giornalisti c’era anche un affondo ben più duro («tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita») che poi il presidente della Repubblica non ha mai pronunciato. La premier, invece, si sofferma su dato tendenziale degli ultimi anni. «Crescono i salari reali in controtendenza rispetto a quello che accadeva nel passato», dice Meloni. «Tra il 2013 e il 2022, con i precedenti governi, nel resto d’Europa – aggiunge – il potere d’acquisto dei salari aumentava del 2,5%, mentre in Italia diminuiva del 2%». Ma «da ottobre 2023 la tendenza è cambiata e le famiglie stanno progressivamente recuperando il loro potere d’acquisto con una dinamica dei salari che è migliore e non peggiore rispetto a quella del resto d’Europa».
Peraltro, «in poco più di due anni e mezzo sono stati creati oltre un milione di posti di lavoro». Certo, «c’è chiaramente ancora molto, molto, molto da fare». Però, conclude, «i numeri che alla fine raccontano la realtà sono incoraggianti».
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