
– di: Giuseppe Castellini, Direttore Italia Italia Informa
Dai superbonus edilizi alla Transizione 4.0, una pioggia di agevolazioni fiscali ha arricchito imprese e settori già forti. Ma chi controlla davvero l’efficacia di questi strumenti? Un viaggio tra incentivi opachi, benefici concentrati e un fisco che paga a occhi chiusi.
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Un fiume di denaro pubblico travestito da sconto fiscale
Negli ultimi anni l’Italia ha assistito a un’esplosione di crediti d’imposta, strumenti pensati per stimolare investimenti e innovazione. Tuttavia, dietro la facciata di modernizzazione e crescita, si cela una realtà più complessa: un sistema di agevolazioni che, spesso, favorisce chi è già forte, senza un adeguato controllo sull’efficacia e sull’equità delle misure adottate.
Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, i crediti d’imposta per investimenti in beni strumentali sono stati utilizzati principalmente nelle regioni del Nord Italia, con Lombardia e Veneto in testa. In particolare, il settore manifatturiero ha beneficiato maggiormente di queste agevolazioni, seguito da servizi e commercio. In alcune province, come Monza-Brianza e Reggio Emilia, il tasso di utilizzo è oltre il doppio rispetto alla media nazionale.
Il quadro mostra una concentrazione di vantaggi nelle aree già sviluppate, suggerendo che i crediti d’imposta, più che livellare il terreno tra territori, rischiano di ampliare il divario.
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Superbonus: tra boom edilizio e criticità
Il Superbonus 110%, introdotto nel 2020 per incentivare la riqualificazione energetica degli edifici, è stato il più vistoso tra gli incentivi recenti. Al 31 agosto 2024, secondo l’ENEA, sono stati avviati quasi 500.000 cantieri per oltre 116 miliardi di euro di lavori ammessi a detrazione. Un moltiplicatore per l’economia edilizia, certo, ma anche un terreno fertile per distorsioni.
In molti casi, gli interventi hanno riguardato seconde case e villette in zone residenziali di pregio, spesso di proprietà di famiglie ad alto reddito. Un paradosso per una misura nata con finalità “green” e inclusive.
Ma il punto più critico riguarda le frodi. La Guardia di Finanza ha scoperchiato decine di casi clamorosi. A Napoli, a gennaio 2024, è stato sequestrato un cantiere fittizio dove era stato frazionato un immobile per creare condomini fittizi. Il credito richiesto ammontava a oltre 13 milioni di euro. I responsabili avevano attivato un meccanismo formalmente legale ma costruito ad arte per moltiplicare il vantaggio fiscale.
Secondo il MEF, le truffe legate ai bonus edilizi ammontano a circa 15 miliardi di euro al 2023. Un’enormità. E spesso a pagare non è chi ha truffato, ma lo Stato, cioè il contribuente.
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Transizione 4.0: incentivi all’innovazione con benefici concentrati
Dall’edilizia alla manifattura. Il piano Transizione 4.0, evoluzione del precedente Industria 4.0, ha introdotto una serie di crediti d’imposta per stimolare l’adozione di tecnologie abilitanti. Ma anche qui i numeri parlano chiaro: secondo un report del MIMIT del 2023, il 70% dei crediti è stato assorbito da aziende con oltre 250 dipendenti.
Le piccole imprese, che costituiscono il 92% del tessuto produttivo italiano, restano ai margini. Non solo per scarsità di capitale, ma anche per la complessità dei meccanismi: è più facile per una grande azienda dotarsi di consulenti, strumenti e accesso al credito per anticipare l’investimento e beneficiare del vantaggio fiscale.
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Un sistema opaco e frammentato
Il sistema italiano delle agevolazioni fiscali è un mosaico di oltre 800 strumenti, secondo una relazione della Corte dei Conti del 2024. In molti casi si tratta di misure stratificate, mai eliminate ma solo aggiornate, che spesso si sovrappongono.
La mancanza di coordinamento tra ministeri, Agenzia delle Entrate e Parlamento genera un contesto caotico. E quando tutto è incentivo, niente lo è davvero.
Anche i controlli ex post sono deboli. Non esistono valutazioni sistematiche sull’efficacia reale dei crediti d’imposta concessi. E manca un registro pubblico dei beneficiari, che consentirebbe ai cittadini e alla stampa di sapere dove finiscono miliardi di euro.
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L’anomalia italiana: cosa fanno gli altri paesi europei
Nel confronto internazionale, l’Italia appare come un caso estremo. In Francia, il Crédit d’impôt recherche, destinato all’innovazione, è sottoposto a revisione triennale da parte del Parlamento. In Germania, gli incentivi fiscali sono limitati e spesso erogati come contributi diretti, con soglie rigide e criteri di rendimento.
La Commissione UE ha criticato più volte il sistema dei bonus italiani, ritenendolo poco equo, regressivo e ad alto rischio di frode. Nel Country Report 2023, Bruxelles ha sollecitato una “razionalizzazione delle spese fiscali e una valutazione sistematica della loro efficacia”.
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Voci critiche e analisi indipendenti
Diversi esperti hanno denunciato la fragilità del sistema. Giampaolo Galli (Osservatorio sui Conti Pubblici) ha parlato di “una fiscalità parallela che sfugge a ogni controllo parlamentare”. Carlo Cottarelli ha definito il Superbonus “una misura drogata e regressiva”. Anche la Banca d’Italia, in audizione parlamentare, ha segnalato come i bonus “possano avere effetti distorsivi sul mercato, oltre a compromettere la sostenibilità del bilancio”.
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Le riforme possibili: trasparenza, valutazione, selettività
Non mancano le proposte. Una delle più concrete è quella di istituire un Registro nazionale dei crediti d’imposta, con beneficiari, importi e finalità accessibili pubblicamente. Un’altra proposta, sostenuta da ISTAT e da Bankitalia, è l’obbligo di valutazione ex ante ed ex post delle misure fiscali, con indicatori oggettivi di impatto economico e sociale.
C’è chi propone di sostituire parte dei crediti con trasferimenti diretti, più facili da controllare e mirare. E chi chiede di abbandonare il modello “a pioggia” per uno selettivo, con criteri di accesso legati a reddito, localizzazione e impatto occupazionale.
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Il ruolo dell’informazione e dei dati
Un altro punto critico è la carenza di trasparenza. L’opinione pubblica non ha accesso a dati completi e aggiornati su chi riceve i crediti. Anche il Parlamento discute le misure senza avere strumenti adeguati di monitoraggio.
Infografiche e report pubblici potrebbero aiutare a capire meglio dove vanno i fondi. Ad esempio, una mappa interattiva dei crediti per regione e settore sarebbe uno strumento di accountability e pressione pubblica.
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Un fisco che paga a occhi chiusi
I crediti d’imposta, se ben progettati, possono essere motore di innovazione e crescita. Ma in Italia sono diventati troppo spesso uno strumento opaco, regressivo e vulnerabile alle distorsioni.
Serve un cambio di paradigma: meno bonus, ma più mirati; meno spesa fiscale nascosta, più investimenti pubblici visibili e misurabili. In gioco non c’è solo l’efficienza del sistema fiscale, ma la credibilità stessa delle politiche pubbliche.
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