3 Maggio 2025
Da Smart Bank a Cr Asti, da Illimity a Banca Profilo: ecco il filo conduttore dietro gli ultimi interventi della Banca d’Italia




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Less significant, ma non per questo meno importanti agli occhi della Banca d’Italia. Negli ultimi due anni una serie di istituti minori sono finiti sotto la lente della Vigilanza. Via Nazionale si è mossa in anticipo per evitare l’emerge di nuove situazioni di crisi come quelle verificatesi un decennio fa.

Il sistema resta solido e anche le banche più piccole sono in salute, con un cet1 ratio che a dicembre è salito di 40 punti base al 18,2% dopo la stretta della Bce sui tassi. Ma come dichiarato un anno e mezzo fa dal governatore Fabio Panetta all’Abi, «è quando le cose vanno bene che si creano i rischi».

No ai padri padroni

Negli ultimi anni la Vigilanza si è spesa contro un particolare pericolo: i personalismi. Le banche hanno bisogno di una forte dialettica interna che orienti le scelte di business. Negli istituti minori non sempre è così perché il controllo può essere in mano a un singolo azionista, che ha la forza necessaria per orientare le decisioni verso interessi particolari e non della banca. Stessa storia se in cda siedono membri in carica da troppo tempo coagulando un potere quasi assoluto. Due campanelli d’allarme per Bankitalia, che non gradisce padri padroni.

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Dal 2023 a oggi si sono alternati episodi più gravi, come i commissariamenti di Banca Valconca e Smart Bank, e altri meno problematici, culminati con l’invio di funzionari in temporaneo affiancamento, ad esempio la Banca di credito popolare Torre del Greco e la reggiana Banca Privata Leasing, o conclusi con semplici raccomandazioni per rimediare alle criticità riscontrate durante le ispezioni, come nel caso della Cr Asti.

Il filo conduttore

Nelle mosse di Bankitalia si intravede un medesimo filo conduttore: i problemi di governance. «Gli ultimi interventi prescindono dal modello di business, avendo riguardato sia banche commerciali tradizionali sia istituti più innovativi», spiega Luca Galli, EY risk leader, financial services. «Emergono tuttavia due elementi ricorrenti: gli intermediari coinvolti presentano dimensioni contenute e mostrano criticità a livello della governance e dei controlli interni. Le situazioni più frequenti sono riconducibili a una limitata dialettica da parte del cda – che non sempre supervisiona in modo adeguato le scelte di business e la conseguente azione gestoria – fino alla concessione di credito a soggetti legati agli azionisti, a causa di strutturali debolezze nei processi di monitoraggio creditizio».

Agli occhi di Bankitalia il cda resta un elemento di potenziale fragilità. Al suo interno, soprattutto negli istituti minori o nelle challenger bank, possono esserci figure senza le qualifiche necessarie o indipendenti solo in apparenza. È per questi motivi che alcuni board hanno fatto scelte non in linea con il profilo di rischio aziendale. Decisioni prese anche per sfruttare business opportunistici nella precedente epoca dei tassi bassi. Ad alcuni cda, insomma, è mancata la visione di lungo periodo: è prevalsa l’ottica breve anche per le pressioni di certi fondi azionisti per ottenere risultati immediati.

I primi interventi di Bankitalia

Il primo caso di intervento è a fine 2022, quando la Banca d’Italia commissaria la Popolare Valconca per inadeguatezza patrimoniale e di redditività prospettica. Smart Bank, in amministrazione straordinaria da dicembre 2023, non ha saputo invece gestire il rischio tassi. La ex Banca del Sud offriva l’8% su depositi a cinque/sette anni su canali internazionali, operazione insostenibile perché non esistevano strumenti con un rendimento più alto su cui reinvestire.

Ci sono state poi le verifiche presso la Popolare Sant’Angelo di Licata, in Sicilia: tensioni nella liquidità, collegate al deterioramento degli impieghi, e difficoltà nel generare utili. Anche la Banca di Credito Popolare non ha valutato bene il rischio tassi. Dopo una verifica sui titoli strutturati in portafoglio, la Vigilanza ha costretto l’istituto di Torre del Greco a riclassificazioni contabili e svalutazioni, legate inoltre all’incremento dei crediti deteriorati.

Problemi analoghi per Banca Privata Leasing, che ha pagato i costi alti della raccolta e la crescita degli npl. L’istituto avrebbe anche superato i limiti che vietano di prestare a un solo soggetto più del 25% del patrimonio per evitare eccessive concentrazioni, e accusato carenze nei controlli antiriciclaggio. Una contestazione, quest’ultima, che nel caso di Banca Profilo ha portato a sanzionare manager apicali e del collegio sindacale.

I casi più recenti

Per illimity, invece, i problemi hanno riguardato principalmente le cartolarizzazioni per i quali è stato rivisto il bilancio, mentre la Cassa di risparmio di Asti ha dovuto correggere l’ultima riga della semestrale del 2024 per perdite su crediti maggiori di quelle stimate. Gli ispettori di Bankitalia hanno riscontrato anche carenze informative in quanto l’istituto avrebbe applicato commissioni più alte o non dovute.

Bff e Banca Sistema, istituti specializzati nel factoring, sono stati invece costretti a riclassificare come scaduti parte dei crediti in bonis verso la Pa a causa della più stringente definizione europea di default. Un obbligo a cui la Banca d’Italia ha aggiunto un divieto temporaneo a distribuire dividendi, spingendole ad alzare il capitale. Infine il caso di Banca Progetto, commissariata dopo l’indagine del Tribunale di Milano sulla possibile concessione di finanziamenti a società legate alla ‘ndrangheta: in questo caso, secondo i magistrati, l’esistenza delle garanzie pubbliche può aver portato a una minore attenzione sui destinatari del credito.

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Consolidamento come cura

Nei casi più gravi l’intervento della Vigilanza si è chiuso con dei salvataggi. Valconca è finita in pancia a Cherry Bank, la Sant’Angelo alla Popolare di Ragusa, ora Baps. Quando emergono carenze di governance e se l’istituto non è in grado di provvedere da solo, Via Nazionale predilige l’aggregazione con un’altra banca solida e non con un soggetto come un fondo, che potrebbe non avere piena contezza delle dinamiche del settore.

Il consolidamento aiuta a prevenire i rischi perché istituti di dimensioni maggiori hanno più risorse da investire per rafforzare la governance. «Il sistema è più concentrato rispetto al 2010-14, anni caratterizzati da crisi di dimensioni ben maggiori. Oggi il numero delle bcc si è ridotto e la categoria si è raggruppata in due gruppi, Iccrea e Cassa Centrale, ombrelli con sistemi di garanzie incrociate all’interno», osserva Dario Spoto, partner di Kpmg Corporate Finance.

«In passato, inoltre, il detonatore era l’emersione di acutissimi rischi di credito, come nei casi di Tercas, Banca Marche, Etruria o di CariFerrara, arrivate ad avere mezzi propri negativi. Oggi invece, fino a prova contraria e salvo eccezioni, siamo di fronte a situazioni di crisi dove però i mezzi propri esistono e in taluni casi abbiamo osservato emersione di badwill. Quindi in futuro non mi aspetto casi di commissariamento come quelli di 12-13 anni fa».

Ora l’esame dazi

Gran parte dei meriti va anche a Bce e Banca d’Italia, che hanno imposto esperti antiriciclaggio e di cybersicurezza nei board per aumentarne la professionalità, oltre ad aver reso il sistema più solido con requisiti patrimoniali più elevati. Lo dimostra l’ultima crisi, quella che ha portato al fallimento di Silicon Valley Bank. Guarda caso è iniziata negli Usa, dove la vigilanza è meno attenta già dalla prima presidenza di Donald Trump.

In futuro i problemi potrebbero arrivare sempre dall’America per i dazi. Una crescita degli npl per le imprese esposte all’export è attesa ma la situazione sembra sotto controllo visto che non supera il 3% la quota di prestiti ad aziende con un calo dei ricavi sopra il 5% (fonte Banca d’Italia).

Con il taglio dei tassi e del margine d’interesse, però, in alcuni cda potrebbe tornare la tentazione di dirigersi verso business più rischiosi. L’attenzione della Vigilanza sulle less significant non potrà che restare alta, anche per il maggiore peso sistemico: le grandi banche hanno ridotto gli impieghi sui territori, aumentati invece nelle piccole. (riproduzione riservata)

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