14 Maggio 2025
Pignoramenti di crediti tributari: chiarimenti sulla giurisdizione competente


Chiarimenti sulla giurisdizione competente nel caso di pignoramenti presso terzi nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ad oggetto crediti tributari

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Il pignoramento presso terzi, laddove il terzo è l’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto crediti tributari, nel caso in cui sorgano contestazioni sulla effettiva sussistenza della posizione creditoria/debitoria, non dovrebbe soggiacere alla giurisdizione ordinaria, ma a quella (esclusiva) tributaria.

E questo anche in linea con quanto espressamente stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che, già con la Sentenza n. 3773 del 18 febbraio 2014 e poi con la Sentenza n. 7822 del 14 aprile 2020, hanno fatto chiarezza in ordine alla individuazione della giurisdizione competente (tributaria o ordinaria) in tema di pignoramenti presso terzi.

Pignoramento verso terzi: la giurisdizione in presenza di crediti tributari

La questione, in sostanza, è molto semplice ed è stata recentemente individuata anche dal G.E. del Tribunale di Firenze, con provvedimento del 04.07.2024, il quale ha evidenziato che “l’accertamento dell’esistenza del credito tributario, costituente oggetto di pignoramento presso il terzo (Agenzia delle Entrate) non può essere condotto dal giudice civile all’interno del procedimento di esecuzione”, in quanto il provvedimento conclusivo della procedura incidentale di cui all’art. 549 c.p.c. accerta, seppur ai soli fini della procedura esecutiva, la sussistenza di un credito del debitore nei confronti del terzo, accertamento che appartiene alla giurisdizione del Giudice tributario.

In linea con tale impostazione, le citate SS.UU. hanno del resto rilevato che la giurisdizione ordinaria in persona del giudice dell’esecuzione (anziché la giurisdizione tributaria) sussiste solo nel caso di atti esecutivi opponibili unicamente per vizi propri e non certo per questioni di merito riconducibili alla pretesa impositiva, che richiedono, naturalmente, un accertamento di merito sulla sussistenza o meno della posta debitoria/creditoria tributaria.

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Per quanto riguarda l’individuazione della sfera d’azione in cui opera la giurisdizione tributaria, l’art.2 del d. lgs. n. 546/1992 è peraltro molto chiaro, disponendo testualmente:

“Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica.”

Dalla lettura testuale della norma si evince chiaramente che quando si parla di accertare nel merito se esistono posizioni tributarie che devono ancora essere soggette a controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria certamente il solo giudice competente alla valutazione è quello tributario.

Ai sensi del richiamato art. 2, comma 1 del d.lgs. n. 546/1992 rientrano, infatti, nella sfera della giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto “tributi di ogni genere e specie comunque denominati”.

La natura della posizione sub iudice (e il tipo di accertamento da condurre), in sostanza, decide la giurisdizione da adire.

Per cui, come chiarito ormai in modo consolidato dalla Cassazione, come visto anche a Sezioni Unite, spetta alla giurisdizione tributaria la cognizione di questioni essenzialmente riconducibili a fatti e circostanze che incidono direttamente sulla pretesa impositiva azionata dall’ente impositore.

Soprattutto quando debba ancora essere appurata la stessa esistenza della posizione tributaria (attiva o passiva che sia) e siano da chiarire questioni di merito relative appunto alla pretesa tributaria intesa in senso sostanziale.

Pignoramenti presso terzi: il confine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria

La Corte di Cassazione è tornata, peraltro, a pronunciarsi sul tema anche con la recente Ordinanza 13/08/2024, n. 22754, nella quale i giudici di legittimità rilevano che, come già chiarito anche da Cassazione Sezioni Unite, Ordinanza n. 21642 del 28.07.2021, il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va individuato nel senso che alla giurisdizione tributaria spetta sempre la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale).

Sussiste, quindi, giurisdizione tributaria quando la domanda proposta concerne l’esistenza del diritto di procedere all’esecuzione, ovvero l’inesistenza del debitor debitoris (cfr., Cassazione 15/09/2023 n. 26681).

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In definitiva, la giurisdizione in ordine all’accertamento di un credito di imposta, o comunque di una posizione avente indubbia natura tributaria, del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato (Agenzia delle entrate) va attribuita al giudice tributario, dato che alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione relativa alla pretesa tributaria.

Alla giurisdizione ordinaria spetta, invece, la cognizione delle questioni inerenti alla forma e, dunque, alla legittimità formale dell’atto esecutivo, come tale, azionata in executivis.

I confini della giurisdizione tributaria, prima con la Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, e poi con il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3 -bis (convertito nella L. 2 dicembre 2005, n. 248), come visto, si sono del resto molto ampliati, fino a comprendere tutte le controversie in cui sia oggetto di accertamento un rapporto di natura tributaria, e cioè concernente prestazioni patrimoniali di natura tributaria, anche al fine di evitare la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali (cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 64 e n. 130 del 2008, n. 238 del 2009, n. 39 del 2010, Cassazione, Sezioni Unite, n. 20323 del 2012).

Si tratta, quindi, in questi casi, di una giurisdizione attribuita in via esclusiva e ratione materiae, indipendentemente dal contenuto della domanda e dalla tipologia di atti emessi dall’Amministrazione finanziaria, laddove, anche (e soprattutto) nel caso di opposizione alla dichiarazione negativa dell’Agenzia delle Entrate, la giurisdizione deve essere attribuita al giudice tributario, dovendosi in quella sede (e solo in quella sede) risolvere questioni di merito certamente non risolvibili all’interno del procedimento di esecuzione (sia in ordine alla sussistenza del credito che in ordine alla sua eventuale quantificazione).

Pignoramenti presso terzi: le recenti pronunce della Cassazione

Peraltro, ancora in merito al difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quello tributario, si è espressa anche la recentissima sentenza delle Sezioni Unite del 29 gennaio 2025, n. 2098, che (seppur a parti inverse su un pignoramento dell’Agente della riscossione) ha affermato, tra le altre, che:

“la giurisdizione si determina in base all’oggetto della domanda e il significato della disposizione va inteso nel senso che il criterio in base al quale debbono essere regolati i rapporti tra le diverse giurisdizioni è quello del “petitum sostanziale”, cioè dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, costituita dal contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall’ordinamento alla posizione medesima, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione dalla parte (ex multis, Cass., S.U., ord. 10 gennaio 2023, n. 362; Cass., S.U., n. 20852 del 2022). Il petitum sostanziale, va determinato, dunque, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (ex multis, Cass., S.U., n. 10105 del 16 aprile 2021; Cass. civ., Sez. Unite, sent. 7 settembre 2018, n. 21928).”

Ciò posto, viene quindi ribadito che, secondo la giurisprudenza ormai consolidata della Corte (v. Cass., Sez. U., n. 7822 del 14/04/2020):

“il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato: alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale) che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici; alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo come tale (a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici) nonché sui fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all’epoca della valida notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o successivi, in ipotesi di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica, all’atto esecutivo cha abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione.”

È chiaro, dunque, che in caso di dichiarazioni negative su pignoramento presso terzi di crediti tributari (la cui esistenza, o comunque certezza, viene evidentemente negata dall’Amministrazione finanziaria) rientriamo nella prima tipologia di fatti incidenti sulla posizione tributaria ante notifica di atti riscossivi, con dunque giurisdizione, esclusiva, del giudice tributario.

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