
Un prestito da 150 miliardi per blindare l’Europa
Lunedì 19 maggio 2025, gli ambasciatori dei 27 Paesi dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo politico sulla versione definitiva del programma SAFE (Security Action for Europe). Questo piano prevede l’erogazione di 150 miliardi di euro in prestiti destinati a finanziare appalti congiunti nel settore della difesa, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza europea e sostenere l’industria bellica del continente. Il fondo, proposto dalla Commissione europea a marzo, sarà finanziato attraverso prestiti comuni e offrirà finanziamenti non solo agli Stati membri dell’UE, ma anche a paesi selezionati non appartenenti all’Unione, come l’Ucraina, per supportare iniziative legate alla difesa.
ReArm Europe: la strategia dietro SAFE
Il programma SAFE è parte integrante del più ampio piano ReArm Europe, presentato dalla Commissione europea per potenziare le capacità militari dell’Unione. Questo piano, noto anche come Readiness 2030, mira a mobilitare fino a 800 miliardi di euro per rafforzare l’infrastruttura di difesa europea in risposta alle minacce geopolitiche, in particolare la guerra in Ucraina e le incertezze sul sostegno militare degli Stati Uniti.
Regole stringenti per i subappaltatori esterni
Il testo finale del programma SAFE stabilisce che almeno il 65% del valore di ogni progetto finanziato dovrà provenire da aziende del settore della difesa situate nell’UE, in Norvegia o in Ucraina. Le aziende di paesi terzi potranno partecipare solo se il loro paese ha firmato accordi specifici con l’UE in materia di difesa e sicurezza. In generale, nessuna società esterna all’UE, alla Norvegia o all’Ucraina potrà contribuire per più del 35% del valore di un progetto. Tuttavia, il testo consente a subappaltatori con una quota inferiore al 15% di partecipare automaticamente, mentre quelli con una quota tra il 15% e il 35% potranno essere ammessi solo a determinate condizioni.
Il Regno Unito rientra nel gioco della difesa europea
In un significativo riassetto delle relazioni post-Brexit, l’Unione europea e il Regno Unito hanno firmato un accordo che permette alle aziende britanniche di partecipare agli appalti di difesa europei. Questo accordo, descritto dal premier britannico Keir Starmer come un “reset” delle relazioni tra Bruxelles e Londra, include anche la cooperazione in materia di sicurezza e difesa, facilitando l’accesso delle imprese britanniche al fondo SAFE.
Il Parlamento europeo chiede maggiore coinvolgimento
Nonostante l’accordo tra gli Stati membri, il Parlamento europeo ha espresso preoccupazione per essere stato escluso dal processo decisionale relativo al programma SAFE. La Presidente del Parlamento, Roberta Metsola, ha proposto un piano alternativo in cui il Parlamento avrebbe voce in capitolo sui criteri di ammissibilità e sullo sblocco dei finanziamenti. Attualmente, gli Stati membri hanno tempo fino a mercoledì per sollevare obiezioni formali al testo approvato. Tuttavia, secondo fonti diplomatiche, non si prevedono opposizioni significative, il che potrebbe portare all’entrata in vigore del programma entro la fine del mese.
Un finale tutt’altro che scontato
Tanto denaro, pochissimo tempo: la ricetta perfetta per errori clamorosi. Con 150 miliardi che pioveranno sul comparto in meno di due anni, le grandi aziende della difesa europee – da Rheinmetall a Leonardo – pregustano un’impennata di fatturato degna dell’era delle “dot-com militari”. Ma la fretta con cui Bruxelles vuole firmare i primi contratti rischia di trasformare SAFE in un gigantesco bancomat senza bussola: programmi duplicati, tecnologia non collaudata, lobby scatenate pronte a spingere il proprio catalogo. Se il Parlamento rimarrà ai margini, il controllo democratico sarà poco più che una foglia di fico; e quando, fra cinque anni, arriverà il conto – tra rate di rimborso e sistemi che forse non servono – nessuno potrà dire di non essere stato avvertito.
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