21 Maggio 2025
L’Europa è indietro sullo sviluppo dell’AI, colpa della burocrazia


In un contesto mondiale in cui Cina e Stati Uniti si rincorrono a colpi di investimenti sull’intelligenza artificiale, l’Europa è ancora troppo indietro in termini di sviluppo AI: succede perché la burocrazia a cui deve dare retta l’Unione sta rappresentando più un ostacolo che una protezione.

Mentre il mondo punta su investimenti miliardari in intelligenza artificiale, semiconduttori e innovazione, l’Unione Europea continua a dare maggiore priorità a norme che scoraggiano gli imprenditori. Non a caso, soltanto Apple vale più di tutto il mercato azionario della Germania. Fra le prime 50 tech al mondo, solo quattro sono europee. In settori come il quantum computing o i modelli di IA generativa c’è un’assenza generale, nonostante il Vecchio Continente rappresenti il 21% dell’economia globale e ha livelli d’istruzione vicini a quelli statunitensi.

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Gli ostacoli per le startup

Secondo quanto riportato da Amazon, le startup d’Europa spendono il 40% dei loro budget sull’AI in attività di compliance normativa e in burocrazia. Inoltre due terzi delle imprese non capisce cosa prevede l’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale entrata in vigore nell’estate 2024. Questo succede a discapito della ricerca e dell’assunzione dei talenti, che si trasferiscono negli Usa. A confermare il quadro è Mario Draghi, incaricato dall’Unione europea di analizzare le cause della stagnazione. Ha evidenziato la mancanza di un ecosistema tecnologico e di troppe norme.

Intanto le startup più promettenti vengono acquisite da colossi americani. L’inglese DeepMind è stata acquisita da Google, la francese Mistral AI ha chiesto supporto a Microsoft, Amazon e Google per distribuire i propri modelli. L’olandese Bird si trasferirà all’estro e Deliveroo è stata venduta a DoorDash.

Il problema è anche culturale, per non parlare dell’assenza di strumenti finanziari adatti. Il capitale di rischio è scarso e/o vincolato da condizioni penalizzanti. In Europa, le opzioni azionarie sono tassate come reddito prima ancora che si concretizzino. I fondi pensione pubblici sono cauti, le banche pretendono garanzie fisiche, e i grandi capitali privati dinamici è come se non ci fossero.

A concludere il quadro è la frammentazione del mercato europeo, dal punto di vista linguistico, normativo, fiscale, professionale. E tutto questo non fa che rallentare processi che potrebbero essere molto più snelli e remunerativi.

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