26 Maggio 2025
La startup dei vigneti urbani Citiculture a Torino




Se siete abbastanza fortunati da vivere in una città dall’amministrazione illuminata, potreste, pur restando ‘urbani’, trovarvi non lontano da un giardino o un parco curato, dove sta spuntando qualche orto di comunità. Un modo per rinsaldare il legame tra produzione del cibo e cittadinanza, che viaggia in parallelo alla cura degli spazi pubblici e al guadagno in termini di biodiversità e agroecologia non solo in campagna ma anche nelle nostre ‘piazze verdi’. Perché non provarci anche con i vigneti? Se lo sono chiesti tre startupper torinesi, che da qualche anno con la loro Citiculture hanno in mente di rinverdire i centri cittadini impiantando vigne. Sono partiti al servizio di aziende e istituzioni, ma il progetto anticipa potenzialità più ampie.

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Luca Balbiano, Paolo Astrua e Alberto Cardile, gli startupper delle vigne 

Ci definiamo ‘gli startupper dell’INPS’”, scherza Luca Balbiano a proposito della sua età. 43enne torinese, condivide con gli altri quasi coetanei Paolo Astrua e Alberto Cardile la paternità dell’iniziativa. Lui è laureato in giurisprudenza e proviene da una famiglia molto addentro al mondo vino: l’azienda Balbiano, dagli Anni ’40 riferimento sulla Collina Torinese in particolare per il Freisa di Chieri. Con loro si è occupato per 15 anni della rimessa in sesto della Vigna della Regina, magnifico esempio di vigneto urbano sorto dal Seicento intorno a una villa sabauda, proprio sulle prime alture torinesi (qui il racconto).

I fondatori di Citiculture

In quella occasione ha incontrato Astrua, sociologo, fundraiser ed esperto di bilanci ESG, per misurare l’impatto ambientale, sociale e di governance delle imprese. Poi, in occasione di una presentazione a Dubai, anche Cardile, ceo dell’agenzia Emerald Communication. “D’altronde lo sappiamo”, ammiccano i soci, “gli unicorni più potenti (così si definiscono le aziende nascenti dal valore di mercato che schizza alle stelle, Ndr) sono stati spesso fondati da ultraquarantenni”.

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L’idea di agricoltura urbana e welfare aziendale di Citiculture

È proprio l’esperienza di Villa della Regina, con la conseguente fondazione della rete internazionale Urban Vineyards Association (ce ne siamo occupati qui), a dare il la a un’idea parallela. “Nel 2022 siamo stati sufficientemente folli da credere all’impatto e alle implicazioni sociali non solo della tutela di vigneti cittadini già esistenti, ma anche della fondazione di nuovi”, spiega Balbiano circa l’identificazione di strumenti utili anche ai fini delle direttive CSRD.

Dafn-e, ovvero la prima pianta con l'installazione dei sensori di monitoraggio di Citiculture

Acronimo per Corporate Sustainability Reporting Directive, parliamo di normative dell’Unione Europea sulla rendicontazione di sostenibilità (o reporting ESG) finalizzata a migliorare la trasparenza delle informazioni, appunto, ambientali, sociali e di governance delle aziende. “Impone la redazione di un bilancio di sostenibilità in cui un’azione come l’impianto di una vigna può avere ricadute positive nella qualità della vita dei dipendenti e delle persone che la frequentano”, certificate poi da studi che traducono i fattori in chiave numerica e qualitativa.

Come ‘mettono radici’ i vigneti urbani di Citiculture 

I nostri progetti atterrano tutti ‘chiavi’ in mano”, chiosano da Citiculture, che si occupa di ogni aspetto non lasciando alcuna incombenza ai destinatari finali. I quali, ovviamente, non è detto vogliano trasformarsi in vignaioli di professione. Ci sono advisor agronomici come il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino che compiono studi pedologici e individuano le varietà migliori, ricorrendo spesso ai PIWI, i vitigni resistenti che si rivelano strategici per la vitivinicoltura del futuro (e sono incentivati inoltre dalla PAC, Politica Agricola Comune: ecco di cosa si tratta e perché è importante in Italia).

L'area all'interno del Politecnico di Torino dove è partito il progetto Campus Grapes

Dal Vivaio Rauscedo, uno dei più importanti d’Europa, arrivano le barbatelle che poi sono messe a dimora e seguite, con ricorso a strumenti tecnologici raffinati, fino al frutto. E il vino? “Il primo vitigno sarà produttivo a breve, e anche della vinificazione si occuperà Citiculture”.

I progetti presenti e futuri dell’azienda che pianta vigne in città

Come detto, l’impianto di vigne a disposizione di comunità aziendali o pubbliche dà numerosi benefici in termini di socialità, ma non trascura le pratiche agroecologiche: “Tutte le vigne sono condotte in permacultura”, un sistema basato sull’imitazione dei processi naturali che prevede, ad esempio, l’inserimento sul campo di insetti antagonisti dei patogeni della vite. È stato così nella prima operazione a Moncalieri, dove un’associazione ha ricevuto in dono un terreno nei pressi del castello cittadino. Lì la vigna è oggi a disposizione di persone nello spettro autistico seguite dall’associazione stessa, “ed ha validato la portata sociale del progetto, che seguiamo tutti insieme”.


È recentissimo invece l’avvio del vigneto sperimentale nel cuore del Politecnico di Torino (ne abbiamo dato conto), con gli studenti del corso in Agritech Engineering che potranno condurre test sul campo in una vigna sperimentale aperta altresì a iniziative per la cittadinanza. Citiculture, ora, ha in mente di non fermarsi alla dimensione privata, “ma di attirare l’attenzione anche del settore pubblico. Ci sono così tanti terreni urbani abbandonati a se stessi, dove potrebbero invece nascere tante, utilissime vigne”.

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