
La creazione di un ventottesimo Stato solo virtuale, con un regime fiscale unico, permetterebbe alle imprese che porteranno la loro sede in questo nuovo Stato di evitare il contrasto tra le legislazioni dei 27 Paesi membri
Mancano poche settimane alla chiusura della consultazione sul mercato unico dell’Unione europea a cui hanno partecipato le maggiori istituzioni finanziarie europee. La necessità di superare l’attuale frammentazione è emersa in maniera drammatica dalla lettera inviata dal più grande fondo sovrano al mondo, quello norvegese. La rivelazione è del Financial Times. E i numeri contenuti nella lettera forniscono una lucida analisi di quanto terreno abbiamo perso e rischiamo di perdere. In dieci anni la quota di azioni europee sul totale delle attività del fondo è scesa dal 26% al 15% e i titoli posseduti sono diminuiti di un quarto a 1.546. Mentre il peso degli Stati Uniti è raddoppiato dal 20 al 39,7%. Senza andare tanto lontano, negli ultimi anni la Svezia ha avuto più quotazioni di Spagna, Germania, Francia e Paesi Bassi messi assieme. Ma, tra i mille miliardi di investimenti previsti dalla Germania in difesa e infrastrutture, e il programma tra digitale e attrazione di capitali stranieri da parte della Francia, qualcosa si sta muovendo. Le priorità del nostro Paese sembrano, invece, essere diverse. Attrarre investimenti dall’estero, permettere a un mercato dei capitali di svilupparsi in modo che sia di sostegno alle aziende, non sembrano questioni urgenti. Il sistema bancario che si è risanato ed è in pieno movimento con le Ops, sembra interessare solo in termini di potere tra esercizio della golden power del governo e norme finanziarie che si allontanano dalle migliori pratiche internazionali. Due ex premier italiani, Enrico Letta e Mario Draghi, con due rapporti chiesti dall’Europa hanno indicato alcune soluzioni. Come la creazione di un 28mo stato virtuale, cioè un regime giuridico unico per le imprese per avviare una semplificazione. Ponendo la propria sede in questo nuovo Stato, che avrebbe proprie norme non aggiuntive a quelle nazionali, si eviterebbe il contrasto tra le legislazioni dei 27 Paesi membri. L’Italia potrebbe farsene paladina e spingere per il suo varo. Una volta tanto giocando d’attacco invece che di rimessa su quello che decide l’Europa o propongono altri Stati. Saremo capaci di farlo?
@daniele_manca
16 giugno 2025
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