
I programmi Transizione 4.0 e transizione 5.0 hanno dimostrato ancora una volta che nel nostro Paese si bada più alle risorse, alla mancanza di denaro ma pochissimo a come si mette a disposizione questo denaro
Si deve arrivare ad aprile scorso per avere la prima variazione positiva da marzo 2023 nei prestiti a famiglie e imprese da parte delle banche. Un aumento dello 0,3%. La spiegazione da parte del sistema del credito ruotava attorno al fatto che fossero le imprese a non richiedere finanziamenti. E questo grazie alla liquidità accumulata negli anni o per una generale situazione di incertezza. Possibile, ma forse si tratta di una spiegazione parziale. Peraltro usata anche dal governo relativamente ai finanziamenti legati a Transizione 5.0 ancora poco utilizzati. Ma ci sono almeno un paio di elementi che spingono a pensare che potrebbero esserci altre motivazioni. La ripresa degli impieghi è stata parallela alla discesa dei tassi. A febbraio 2025 erano al 3,98% dal 4,1%% di gennaio. Un calo continuato fino a maggio scorso quando il tasso medio sulle operazioni di finanziamento è sceso al 3,64%. Sono bastate inoltre poco più di 24 ore al programma Transizione 4.0 per esaurire l’intera offerta pari a 2,2 miliardi di vantaggi fiscali alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali finalizzati alla digitalizzazione, oltre che in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design. È evidente che le imprese erano e sono pronte a investire.
La riprova la dà proprio l’altro piano di Transizione 5.0. Lo scorso 19 giugno erano state prenotate risorse per progetti non ancora completati per un miliardo e 87 milioni. Mentre le risorse utilizzate per progetti completati erano di 75 milioni. E questo su complessivi 6,237 miliardi. Ancora una volta si dimostra che nel nostro Paese si bada sempre troppo alle risorse, alla mancanza di denaro. Ma pochissimo a come si mette a disposizione questo denaro, come conferma l’utilizzo dei due strumenti Transizione 4.0 e 5.0. Ci si concentra sulla creazione di nuovi mezzi, nuove piattaforme senza trarre insegnamenti da quello che si è fatto prima. Il tutto espressione di una cultura del governo che non è basata su stanziamento risorse, utilizzo e verifica. Ma sempre e solo sul concetto di spesa. A prescindere della sua efficacia.
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