22 Giugno 2025
L’editoriale/ La corsa delle Pmi e il sostegno che meritano


Non c’è niente da fare. Nell’immaginario collettivo italiano è dura a morire la leggenda del Nord visto come locomotiva dello sviluppo economico, che traina tutto il resto d’Italia: qualche vagone di prima classe e qualche vecchia tradotta.
La realtà non è più così. Nella multipolarità della realtà mondiale, la molteplicità e la diversità dei beni e servizi offerti sono l’essenza del successo perché permettono di far fronte ad una domanda in continua evoluzione. Differenziazione e personalizzazione del prodotto sono ogni giorno di più lo strumento vincente per la conquista dei mercati.
Però, proprio il modello italiano, all’apparenza inefficiente perché troppo frammentato, ci aveva consentito, dagli albori del Rinascimento e fino a tutto il ‘500, di essere la terra più ricca d’Europa: tessuti, armi, commercio marittimo ed anche la finanza erano prodotti made in Italy. Semplicemente perché noi eravamo in grado di produrre ciò che voleva il mercato e di farlo con la velocità e con l’abilità che permetteva di eccellere sui prodotti altrui.
Un modello superato dall’avvento della grande industria. Ma l’Italia, dopo un lungo periodo di declino, tornò a brillare nel secondo dopoguerra ed oggi siamo di fronte ad una nuova svolta.
Ha suscitato quasi un tifo da stadio il fatto che, nell’ultimo anno, la crescita del Pil in Italia abbia superato quella della Germania.

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L’annuncio dei dazi americani ha generato invece preoccupazione, e forse anche paura. I timori sono ragionevoli, tuttavia, sarebbe sbagliato considerare il nostro paese come una realtà unitaria. I dati aggregati, utili per costruire la tendenza, non sono sufficientemente rappresentativi di quello che accade realmente nelle singole aree del Paese.

Le regioni dell’Italia centrale, ad esempio, dispongono di un tessuto imprenditoriale e produttivo che ha dimostrato una capacità di resilienza superiore di fronte ai nuovi scenari del post pandemia, attitudine che induce a ben sperare anche per gli eventuali rischi derivanti dalla nuova politica dei dazi americani. L’innovazione di metodi produttivi e prodotti sarà più facilmente realizzabile avendo a disposizione un tessuto produttivo flessibile e reattivo. Se si guarda allo scorso anno, infatti, nel centro Italia la crescita economica è stata superiore alla media nazionale ed è cresciuta anche l’occupazione.

Il che non vuole significare altro che il tessuto imprenditoriale, composto da un nugolo di piccole e medie industrie, è la risposta più immediata ed efficiente alle crescenti richieste dei consumatori affluenti, sempre più interessati alla qualità più che al prezzo.

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Si tratta di un’occasione di sviluppo che può essere anche aiutata, nell’Italia centrale, dalla presenza di un sistema scolastico efficiente e di centri di eccellenza e incubatori industriali. Molte barriere d’accesso, inoltre, stanno crollando grazie alla fruibilità di nuovi sistemi produttivi e all’abbattimento dei costi prodotto dalle possibilità offerte dall’intelligenza artificiale.

Tuttavia, una simile strutturazione imprenditoriale, se è la più adatta per affrontare la concorrenza internazionale, soffre del limite cruciale di un difficile accesso al credito. I dati più recenti evidenziano una diminuzione, seppur modesta, delle richieste di nuovi prestiti.

Il fenomeno dipende per molta parte dai meccanismi normativi che rendono difficile finanziare attività intraprese da soggetti di modeste dimensioni, che non sono in grado di dimostrare, sulla base di valutazioni meramente burocratiche, le loro possibilità e capacità di sviluppo.

Certamente, un migliore coordinamento tra settore pubblico e privato potrebbe dimostrarsi la carta vincente. Le modalità di questo tipo di intervento permangono tuttora di difficile definizione: stanno però nascendo i primi fondi di fondi. Si tratta di strutture di grandi dimensioni che ne uniscono fondi di investimento già esistenti e dispongono di una massa d’urto adeguata a finanziare anche imprese che normalmente non vengono considerate dagli investitori. Le difficoltà non mancano, ma l’obiettivo potrebbe essere agevolato dalla presenza di un’ingente quantità di risparmio, cresciuto in queste regioni grazie anche alle riserve accumulate nel periodo della pandemia. Un risparmio che ben potrebbe essere convogliato verso il sostegno alle iniziative produttive locali. Le imprese ne trarrebbero un immediato vantaggio e gli abitanti di quei luoghi potrebbero toccare con mano il frutto dei loro sacrifici.

Un sistema più efficiente di finanziamento delle piccole e medie imprese, che potrebbe aprire le porte del palazzo del principe alla nostra Cenerentola, finora privata della possibilità di mostrarsi al mondo.

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