
La trasformazione del lavoro artigiano sotto l’effetto dell’intelligenza artificiale, che da tecnologia d’élite sta diventando sempre più quotidiana. A dirlo sono i numeri: secondo uno studio dell’Ufficio Studi di Confartigianato, il 22,7% delle imprese piemontesi con addetti utilizza già sistemi di IA.
In provincia di Torino, le imprese che hanno avviato un percorso di innovazione basato sull’intelligenza artificiale sono 6.301, di cui ben 1.274 artigiane. Un dato che non sorprende più, ma racconta un territorio che, dopo la manifattura, punta oggi sulla trasformazione digitale per restare competitivo. Le applicazioni più diffuse? La gestione economico-finanziaria (46%) e il marketing digitale.
Ma c’è un dato che frena l’entusiasmo: il 69,5% delle imprese non sa da dove cominciare. La distanza tra il desiderio di innovare e la capacità concreta di farlo si misura in competenze mancanti, soprattutto digitali. In Piemonte, le imprese cercano 48mila nuovi lavoratori con alte competenze tecnologiche, ma oltre 27mila di questi profili sono difficili da reperire.
Il problema, tuttavia, è nazionale. In Italia, le imprese che hanno adottato l’IA sono già 181.652, con le regioni guida rappresentate da Lombardia, Lazio e Campania. Due terzi degli imprenditori italiani si dichiarano favorevoli all’adozione dell’intelligenza artificiale, ma ciò che ancora manca è la governance culturale della trasformazione: saper scegliere, capire, adattare gli strumenti digitali al proprio modello produttivo.
Non basta introdurre una tecnologia: serve un cambio di mentalità. Per questo Confartigianato sottolinea il ruolo strategico della formazione, in collaborazione con scuole e istituzioni. È proprio di questi giorni, ad esempio, il protocollo firmato tra Ministero dell’Istruzione e CNA per creare un Osservatorio permanente sulle imprese, in grado di leggere i bisogni reali del tessuto produttivo e tradurli in percorsi formativi mirati.
La sfida, insomma, non è solo tecnica. È culturale. L’intelligenza artificiale non sostituisce l’artigiano, ma ne potenzia le capacità. Rende il gesto più preciso, il tempo più produttivo, la relazione col cliente più efficace. Ma non toglie nulla a ciò che rende il lavoro umano: creatività, manualità, identità locale.
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