25 Giugno 2025
L’Iva al 5% sulle opere d’arte è solo l’inizio. Ora anagrafe digitale, notifica, libera circolazione. Parla Federico Mollicone


La certezza è arrivata nel tardo pomeriggio di venerdì scorso: dopo mesi di frustrante tira e molla, l’Iva per il mercato dell’arte è stata ridotta. Finalmente l’Italia entra in Europa e fa addirittura meglio di Francia (5,5%) e Germania (7%). A darne notizia il 20 giugno era stato proprio il ministro della Cultura in persona, Alessandro Giuli. nella sede del Ministero al Collegio Romano. Provvedimento che Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, aveva già anticipato, nel mese di marzo, a «Il Giornale dell’Arte». A distanza di tre mesi, dopo aver portato a casa il risultato, non potevamo che incontrare di nuovo l’onorevole. Tirando le somme del presente e guardando al futuro. Imminente, perché già a luglio è in programma “Italia in scena”, un programma organico di riforme che vuole candidare il nostro Paese a entrare nell’Olimpo del mercato dell’arte internazionale.

Presidente Mollicone, l’abbassamento dell’Iva dal 22 al 5% è un evento storico. E’ stato un iter molto lungo. Dove avete trovato le risorse? Quando si è sbloccata la situazione?

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Questo indirizzo è una nostra battaglia storica. Fin dalla scorsa legislatura, quando ero all’opposizione – insieme al lavoro della piattaforma del Gruppo Apollo che ringrazio – furono approvati numerosi ordini del giorno a mia prima firma sul tema. Nelle elezioni del 2022 lo avevamo inserito nel programma elettorale di Fratelli d’Italia. All’interno della legge delega al governo del 19 aprile 2023, poi, avevamo introdotto – alla Camera con un emendamento a mia prima firma e del collega Amorese – un riferimento specifico per la rimodulazione dell’Iva per il mercato dell’arte. Eravamo stati i primi in Europa a proporre una politica in questo senso – anche prima della Francia e della Germania, intervenute in reazione a questa nostra iniziativa. Lo abbiamo riproposto poi nel DL Cultura e, insieme al Governo, siamo riusciti ad approvarlo nuovamente come un atto di indirizzo. Ora nel dl economico emanato ieri dal consiglio dei ministri per la prima volta si è data attuazione a un cambiamento di paradigma assoluto e rivoluzionario. Una promessa mantenuta che aiuterà a restringere il divario tra il mercato dell’arte italiano e quelli di molti altri Paesi. Ringrazio il Ministro Giuli, il Ministro Giorgetti e tutte le associazioni di categoria che si sono impegnate per questo traguardo.

E’ vero che in una prima fase Giancarlo Giorgetti era contrario. Come l’avete convinto?

Non abbiamo dovuto convincere nessuno. L’attesa era dettata solamente dagli approfondimenti tecnici che il Mef deve fare su politiche di impatto economico per l’erario come questa. Dopo i gravi buchi causati dagli incentivi come il Superbonus degli scorsi anni la cautela è massima.

L’abbassamento dell’Iva ha un valore sociale oltreché commerciale. L’arte infatti non viene più considerata alla stregua di un bene di lusso, ma assume anche per lo Stato un preciso valore culturale.

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Sarà un provvedimento che aiuterà tutto il settore. Secondo una stima di Nomisma, grazie a questa riforma, il fatturato complessivo generato da gallerie, antiquari e case d’asta crescerebbe sino a raggiungere circa 1,5 miliardi di euro, con un effetto complessivo sull’economia italiana di 4,2 miliardi di euro.

Lei pensa che con l’Iva più bassa d’Europa l’Italia possa competere con gli altri Paesi europei come la Francia che da tempo punta sull’arte contemporanea considerandola parte della propria identità?

Nonostante questa proposta arrivi solo ora, l’Italia ha sempre fatto attenzione all’importanza dell’arte contemporanea. Una politica di questo genere rafforza la competitività del mercato italiano. Garantisce maggiore attrattività per gli investitori che ancora non lavorano qui e una prospettiva migliore per chi già colleziona, compra e vende opere d’arte in Italia e garantisce una base più solida, sicura e soprattutto equa per chi si avvicina a questo settore.

Questa norma va letta come un provvedimento isolato o fa parte di una strategia più ampia per sburocratizzare il sistema valorizzandolo? Quale e quando sarà il prossimo passo?

Il nostro sostegno al settore non si esaurisce con questa misura. A luglio arriverà in Aula una Proposta di legge a mia prima firma “Italia in scena” che interviene per questo comparto su tre assi: innovazione, valorizzazione e semplificazione. Il primo asse introduce l’anagrafe digitale degli istituti, dei luoghi della cultura e dei beni culturali di appartenenza pubblica con la finalità di mappare tutti i beni culturali pubblici, monitorare le modalità di gestione da parte dei gestori e misurare la qualità della stessa. Inoltre, instaura un elenco digitale della sussidiarietà orizzontale per costituire un elenco di operatori privati interessati e qualificati per la gestione indiretta dei beni culturali pubblici. L’obiettivo è garantire massima accessibilità, concorrenzialità, trasparenza e qualità della gestione, rendendo il sistema più efficace, efficiente e sostenibile economicamente. Per quanto riguarda l’asse della valorizzazione, l’obiettivo è mettere a sistema gli esempi di connubio tra spettacolo dal vivo e beni culturali/musei. Collegheremo il fondo per lo spettacolo dal vivo alla gestione dei beni culturali e ai musei. Così, sempre di più, incentiveremo nuovi pubblici al consumo culturale. Il terzo asse interviene con importanti politiche di semplificazione per il mercato dell’arte.

I problemi da risolvere sono ancora tanti. Uno di questi è la notifica legata ancora a una legge fascista del 1939. Il divieto di esportazione per le opere d’arte di particolare significato storico con oltre cinquant’anni è ancora in vigore appena mitigato dalla possibilità di allungare i tempi fino a settant’anni. Ma la situazione appare estremamente farraginosa senza alcuna certezza per i collezionisti. La riforma della notifica è in programma?

Sì, è uno dei punti fondamentali di questa nuova proposta. Siamo arrivati a questo testo con importanti collaborazioni con il Ministero della Cultura e le associazioni di categoria. Sulla disciplina della notifica reputiamo sia indispensabile una semplificazione.

Anche la relazione tra il mercato e le sovrintendenze non è certo idilliaco e i tempi per avere i permessi di libera circolazione possono essere anche di alcuni mesi e questo scoraggia i collezionisti stranieri che vogliono acquistare in un’asta italiana.

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La proposta di legge ‘Italia in Scena” interviene anche su questo aspetto. Reputiamo che sia necessario un allineamento della normativa nazionale alla disciplina europea di cui al regolamento n.116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativa all’esportazione di beni culturali. Nel nostro Paese la soglia di valore per le esportazioni per cui non è richiesta la licenza per la circolazione del bene al di fuori del territorio dell’Unione Europea è troppo bassa e costringe gli operatori del comparto a chiedere un’autorizzazione alle soprintendenze anche quando intendono vendere a clienti stranieri opere di un valore non alto, aumentando le tempistiche dell’affare e rendendo meno appetibili gli investimenti sul nostro mercato.

Un altro aspetto importante per rilanciare il mercato dell’arte è incentivare il collezionismo d’impresa consentendo detrazioni a chi acquista opere d’arte mettendole a disposizione della collettività, magari attraverso la formula del museo d’impresa. Sono ipotizzabili detrazioni in questa direzione?

Su questo raccoglieremo le istanze delle categorie. I musei d’impresa rappresentano un’eccellenza della nostra Nazione e troveremo la modalità per sostenerli. Intanto godiamoci questa riforma storica frutto del dialogo tra categorie, Parlamento e Governo.

 



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