29 Giugno 2025
La sostenibilità non è un dogma, è il futuro


La sfida della sostenibilità dopo la Direttiva UE 2024/1760: un convegno internazionale all’Università del Molise lancia un messaggio chiaro a imprese, politica e cittadini. Dalla costa del Molise si è levata una voce forte e chiara: la sostenibilità non è più un’opzione, ma una necessità inderogabile, un dovere verso le generazioni future e una concreta occasione di rinnovamento per l’impresa e le istituzioni. Questo il messaggio emerso dal convegno internazionale “Impresa e sostenibilità ESG dopo la Direttiva UE 2024/1760”, svoltosi venerdì scorso 27 giugno e ieri nell’Aula Adriatico del polo universitario di Termoli, affacciata sul mare e immersa in un contesto che, per due giorni, è diventato un crocevia di saperi e prospettive. Organizzato dal Dipartimento Giuridico dell’Università degli Studi del Molise in collaborazione con l’Associazione “Gian Franco Campobasso” e con il centro di ricerca “Governance e Public Policies”, l’evento ha rappresentato un’importante occasione di confronto multidisciplinare sul significato e le implicazioni concrete della recente direttiva europea sulla due diligence aziendale (Direttiva UE 2024/1760), che introduce nuovi obblighi di responsabilità per le imprese in materia ambientale, sociale e di governance (ESG). Giuristi, economisti, magistrati, manager d’impresa, parlamentari italiani ed europei, accademici provenienti da Francia, Germania e Spagna: un parterre di relatori di altissimo livello ha animato le quattro sessioni plenarie e la tavola rotonda conclusiva, dimostrando come il Molise sia oggi in grado di ospitare momenti di riflessione scientifica e politica tra i più avanzati in Europa. Il convegno è stato inaugurato dai saluti del rettore Giuseppe Peter Vanoli, del direttore del Dipartimento Giuridico Ruggiero Dipace e del professor Gianmaria Palmieri, che ha promosso l’iniziativa in qualità di direttore del centro “Governance e Public Policies”. «La sostenibilità – ha affermato Palmieri nel suo intervento introduttivo – non può essere solo uno slogan. Deve diventare la struttura portante della governance aziendale, con obblighi giuridici chiari e strumenti di controllo efficaci. L’Università del Molise intende porsi come pensatoio attivo in questa nuova rivoluzione normativa e culturale». I lavori della prima giornata si sono articolati in tre sessioni tematiche: comparazione, enforcement, Costituzione La prima, dedicata alla comparazione internazionale, ha visto il confronto tra studiosi europei sull’attuazione della nuova direttiva ESG nei rispettivi ordinamenti. È emerso come Francia e Germania abbiano già intrapreso percorsi di adeguamento normativo concreti, mentre in Italia si stiano muovendo i primi passi tra resistenze culturali e incertezze applicative. La seconda sessione ha posto l’attenzione sull’enforcement e sulla responsabilità giuridica d’impresa: come garantire che i principi della sostenibilità non restino solo dichiarazioni d’intenti ma si traducano in obblighi effettivi, anche lungo le catene globali del valore? Il tema della responsabilità penale, delle sanzioni amministrative e della vigilanza sugli appalti è stato al centro di un dibattito serrato. Nella terza sessione, la riflessione si è spostata sul piano costituzionale: quali sono i limiti e le opportunità di conciliare libertà d’impresa e diritto alla salute, protezione ambientale e competitività? I relatori hanno sottolineato come la Costituzione italiana – dopo la recente modifica degli articoli 9 e 41 – imponga oggi una lettura integrata tra ambiente, impresa e diritti fondamentali. La seconda giornata ha visto la partecipazione di figure di primo piano delle istituzioni e del mondo imprenditoriale.
Tra i protagonisti, il giudice costituzionale Antonella Sciarrone Alibrandi, l’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin, i senatori Francesco Boccia (PD) e Guido Quintino Liris (FdI), l’imprenditore Vito Grassi (vicepresidente di Confindustria), Giovanni Lombardi (presidente di Nefrocenter), insieme a docenti universitari e ricercatori. Durante il dibattito, moderato da Mariagiovanna Antinolfi e Emanuela Fusco, sono emerse posizioni complementari ma convergenti sulla necessità di rendere la sostenibilità un elemento strutturale della strategia industriale nazionale ed europea. «Parlare di sostenibilità – ha dichiarato Beatrice Lorenzin – significa parlare del nostro presente e del nostro futuro. È un concetto che non può più essere relegato a dichiarazioni di principio o a eventi simbolici: riguarda la qualità della vita quotidiana, la tenuta del nostro sistema sanitario, la sicurezza delle nostre città, la coesione sociale. Eppure, oggi vediamo diffondersi un’idea distorta, secondo cui la sostenibilità sarebbe un freno allo sviluppo. È una narrazione pericolosa che dobbiamo combattere: l’unica crescita possibile, oggi, è una crescita sostenibile». Lorenzin ha richiamato i recenti eventi estremi – alluvioni, siccità, incendi – per evidenziare come i cambiamenti climatici siano già realtà e abbiano impatti diretti sui costi della sanità pubblica e sulla tenuta dei servizi essenziali. «Ogni volta che un ospedale si trova a fronteggiare un’ondata di calore o un’emergenza climatica – ha detto – paghiamo in termini economici, organizzativi e soprattutto umani. La transizione verde non è solo un tema ecologico: è una priorità sanitaria». L’ex ministra ha poi affrontato il tema dell’attuazione concreta delle normative ambientali: «Non possiamo costruire una cultura della sostenibilità se le norme restano astratte o troppo burocratiche. Dobbiamo renderle accessibili, applicabili e comprensibili. E aiutare cittadini e imprese a integrarle nella vita quotidiana, anche attraverso piccoli gesti. Serve una pedagogia pubblica della sostenibilità». Infine, ha lanciato un appello: «Territori come il Molise possono diventare laboratori naturali di sostenibilità. Hanno tutto: paesaggi, qualità della vita, dimensione umana. Ma occorre investire in connessioni materiali e digitali, in infrastrutture, in formazione. È in queste realtà che può germogliare un nuovo modello di sviluppo». Il senatore Francesco Boccia ha offerto un intervento netto e appassionato: «La sostenibilità non è una bandiera ideologica: è un diritto. Non solo nostro, ma delle generazioni future. Quando ignoriamo i limiti ambientali del nostro modello di sviluppo, stiamo rubando qualcosa ai nostri figli. È una responsabilità morale e politica che non possiamo più eludere». Nel suo discorso, Boccia ha denunciato con forza l’attuale atteggiamento dilatorio di parte del governo nazionale: «Rinviare, rinviare, rinviare. È questa la risposta della destra a ogni passaggio critico della transizione ecologica. Ma rinviare non significa governare. Significa abdicare. Se davvero crediamo che il Green Deal sia una sfida europea e globale, dobbiamo costruire le condizioni per affrontarla. Non nasconderci dietro la scusa dei costi». Boccia ha anche citato il caso emblematico della Gigafactory prevista in Molise: «Un progetto fondamentale per la transizione dell’automotive. Ma lasciato appeso, senza risorse e senza certezze. Non possiamo permetterci una crisi occupazionale devastante nel nome della transizione. Servono piani industriali nuovi, che siano coerenti con le trasformazioni in atto e capaci di attrarre investimenti e innovazione». Ha poi concluso con un invito all’azione collettiva: «Università, imprese, istituzioni: tutti dobbiamo fare la nostra parte. Ma il primo compito è della politica: fornire le risorse, creare le condizioni, battere i pugni in Europa. La transizione ecologica va finanziata, non solo normata. Perché un futuro sostenibile non si costruisce con gli slogan, ma con i fatti e con il coraggio delle scelte». L’ex Rettore Palmieri, vero artefice del convegno, ha ribadito il ruolo strategico dell’Università del Molise: «L’Unimol è già oggi un pensatoio nazionale e internazionale su questi temi. Ospitare qui colleghi da tutta Europa e vederli colpiti dalla bellezza e dal potenziale di Termoli è un segnale importante. Fare accademia oggi significa anche promuovere il territorio, e il nostro statuto lo afferma chiaramente». Ha poi concluso: «Abbiamo bisogno di visione, di connessioni tra diritto, impresa, ambiente e società. Questa due giorni ci ha dato una direzione. Ora spetta a tutti – accademia, politica, imprese – remare nella stessa direzione». La tavola rotonda conclusiva ha tirato le fila di un confronto ampio e articolato, lasciando però un segno concreto: la Direttiva UE 2024/1760 non può restare lettera morta. Occorre un patto di corresponsabilità tra istituzioni, imprese, cittadini, affinché la sostenibilità diventi davvero il cardine di un nuovo modello di sviluppo. Termoli, in questo senso, ha offerto molto più di un semplice palcoscenico. È diventata, per due giorni, una piccola capitale del pensiero europeo sulla transizione giusta, dimostrando come anche i territori più periferici possano giocare un ruolo centrale nella grande trasformazione del nostro tempo. Come ha ricordato uno dei relatori: «La sostenibilità non è un lusso per pochi, ma una necessità per tutti. E riguarda non solo ciò che facciamo, ma il mondo che vogliamo lasciare».



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