Al tavolo di agosto spunta anche la GST: Chalmers non la esclude dal dibattito sulle riforme fiscali a sostegno della produttività.
Il ministro ombra del Tesoro Ted O’Brian ci sarà ed è già qualcosa di nuovo rispetto al vertice sul lavoro, convocato nell’immediato post elezioni da Albanese tre anni fa. E sono già partiti gli inviti per i direttori del Business Council of Australia, Bran Black, della Camera di Commercio ed Industria Australiana, Andrew McKellar, dell’Australian Industry Group, Innes Willox, del Council of Small Business Organisations of Australia, Matthew Addison.
Sulla lista degli invitati quattro dirigenti della Confederazione nazionale dei sindacati: la segretaria nazionale Sally McManus; la presidente Michele O’Neil; i due vicesegretari Liam O’Brien e Joseph Mitchell. Anche se è stato precisato che solo due rappresentanti dell’ACTU potranno sedersi, di volta in volta nel corso dei lavori, al ‘tavolo per la produttività’ del prossimo agosto, a cui il ministro del Tesoro Jim Chalmers ha cambiato nome, annunciandolo come il ‘tavolo per la riforma economica’.
Tra i primi invitati, di una lista che al contrario della conferenza di tre anni fa sul lavoro e le specializzazioni non sarà molto lunga (circa 25 partecipanti), anche le presidenti della Commissione Produttività, Danielle Wood e dell’Australian Council of Social Service, Cassandra Goldie.
Vertice che si avvicina velocemente a poco più di 40 anni (l’anniversario preciso ricorre questa settimana) della storica conferenza fiscale organizzata dal governo Hawke che è ricordata, nonostante il suo successo finale, per la bocciatura dell’idea che era al centro del progetto di riforma dell’allora ministro del Tesoro, Paul Keating, dell’introduzione di un’imposta sui consumi.
La famosa GST sarebbe arrivata solo diversi anni dopo, grazie a John Howard e Peter Costello, ma soprattutto all’appoggio (senza preavviso elettorale) dei democratici guidati da Meg Lees che, di fatto, ha determinato l’inizio della fine dell’allora terzo partito australiano, sciolto nel 2016 per mancanza di iscritti (scesi sotto la soglia minima dei 500 richiesti per la registrazione).
Prima di arrivare alla conferenza fiscale del 1985 fu pubblicata un’agenda di propositi da sottoporre all’attenzione dei partecipanti (imprenditori, sindacati, premier e leader di organizzazioni comunitarie e sociali), ma nei quattro giorni di dibattiti la forte opposizione, soprattutto dei sindacati, alla nuova imposta la fece abbandonare da qualsiasi altro progetto di riforma fiscale laburista.
Lo spauracchio continuò anche con Howard che all’inizio del suo lungo mandato giurò che non l’avrebbe mai introdotta. Lo fece, invece, come sappiamo, nel 2000 e, venticinque anni dopo, la sofferta imposta su beni e servizi ritorna a far parlare di sé.
Alla tavola rotonda del governo, dal 19 al 21 agosto, nell’ambito di una presunta nuova grande riforma fiscale annunciata da Jim Chalmers (profondo conoscitore e ammiratore di Paul Keating tanto di aver scritto il dottorato su di lui), potrebbe rientrare anche la possibilità di portare qualche modifica alla tassa sul valore aggiunto rimasta inalterata (in percentuale e copertura, con l’esenzione-chiave dei generi alimentari) dalla sua introduzione.
Una possibilità che era già stata ventilata all’inizio del governo Abbott dal suo responsabile del Tesoro, Joe Hockey, ma la reazione popolare e, soprattutto quella dell’opposizione laburista, aveva dato solo qualche mese di vita alla possibilità di revisione.
La tavola rotonda affidata a Chalmers da Anthony Albanese, immediatamente dopo la sua convincente riconferma (con numero record di seggi), inizialmente era focalizzata esclusivamente sulla ‘produttività’, ma il ministro del Tesoro ha voluto ampliarla nei propositi, parlando a più riprese di un vertice per una riforma economica che rientra nel mandato ottenuto dagli elettori. Un allargamento che non è, comunque, uno spostamento di obiettivi e priorità, in quanto un sistema fiscale adeguato è sicuramente uno dei punti-chiave per migliorare la produttività.
Per Chalmers l’occasione, quindi, di iniziare quel processo di riforma che aveva in mente già tre anni fa, ma senza farsi troppe illusioni sul raggiungimento di linee guida ben precise nella tre giorni di agosto. Il ministro ha, infatti, cercato di abbassare da subito le aspettative per ciò che riguarda i traguardi fiscali da fissare nella tavola rotonda, ma se su alcune questioni riguardanti la produttività potrebbero sicuramente emergere proposte praticabili, sulla fiscalità è più probabile che si cerchi semplicemente di trovare un ampio sostegno per indirizzare il piano di riforma.
Per esempio, esiste un interesse generale per ristrutturare il sistema fiscale verso imposte più basse su redditi personali e aziendali, compensate da tasse più alte su alcuni investimenti e risparmi. E con la maggior parte degli esperti economici che ormai da tempo sostengono che il sistema di raccolta tributaria nel Paese è troppo sbilanciato verso la tassazione del reddito invece che sulle spese, ecco che inevitabilmente entra in gioco la GST.
Non certo la soluzione preferita da Chalmers, che però non si è opposto all’idea di portarla al tavolo del dibattito sul da farsi. Un’apertura non di poco conto, dopo che Kevin Rudd, nel 2008, aveva commissionato all’allora segretario del Tesoro Ken Henry una revisione fiscale partendo proprio dall’esclusione di qualsiasi ritocco alla tassa sul valore aggiunto.
E non più tardi di qualche giorno fa l’economista in questione ha suggerito al governo Albanese di trovare il coraggio di non continuare a ‘girarci attorno’: “Se si vuole davvero parlare di una riforma fiscale, e ridurre le imposte sul reddito e le imprese – ha detto -, si deve partire da una tassa sulle esportazioni di combustibili fossili e da un ampliamento della rete di raccolta della GST con, forse, anche un aumento dell’aliquota”.
Come immediata contropartita per convincere imprese, sindacati e cittadini, potrebbe esserci l’eliminazione delle tasse di transazione statali (che non sono state cancellate, come promesso, nel 2000), come quella pesantissima sulle compravendite immobiliari.
In particolare, Henry sostiene che sarebbe opportuno ricavare maggiori entrate tassando le risorse naturali, nonché l’inquinamento da varie fonti. “Dovremo tassare maggiormente queste cose se vogliamo alleviare il carico fiscale sui giovani lavoratori, riducendo l’imposta sul reddito personale e introducendo l’indicizzazione fiscale”.
Tra le possibilità ventilate, in vista della tavola rotonda di agosto, anche il ritorno del tormentone laburista del ‘negative gearing’: una tentazione che non ha mai abbandonato i responsabili del Tesoro, anche se ‘ogni volta’ l’idea fa così tanto rumore popolare che arrivano puntuali i passi indietro.
Difficile quindi, come sempre, parlarne, tanto più che Albanese durante la campagna di qualche mese fa ha escluso cambiamenti almeno in questo mandato, ma potrebbe essere motivo di discussione per una seconda fase della riforma. Al momento, però, Chalmers ha già abbastanza da lavorare, in fatto di provvedimenti poco popolari, con le sue proposte di modifica fiscale per chi ha risparmi superiori ai tre milioni di dollari nei fondi pensione.
Nessuna soluzione immediata quindi in agosto, ma sicuramente un vertice che potrà gettare le basi per rilanciare la produttività e indicare davvero la strada delle riforme fiscali da imboccare: come ben sappiamo, le opportunità vere di cambiamento non durano a lungo. I primi 12 mesi di un nuovo mandato sono cruciali per fare qualcosa senza particolari rischi di erodere il successo ottenuto alle urne. Il secondo anno diventa quello della messa in pratica dei provvedimenti annunciato e al terzo è già campagna.
Il vantaggio accumulato permette qualche spazio d’azione in più: sempre rischioso, però, strafare perché le cose ormai cambiano in fretta, ma forse opportuno approfittare almeno un po’ di un consenso senza precedenti per qualche scelta un po’ più coraggiosa di quelle limitate dalle rituali esigenze del prossimo mandato (quasi già garantito).
Tutto da vedere comunque fino a che punto sarà disposto a spingersi Albanese. Da ricordare che la fiducia diretta nei suoi confronti, espressa dagli elettori, è molto meno consistente del numeri di seggi usciti, via preferenze, dalle urne. Mandato dunque forte, ma con vincoli che il primo ministro ha sempre detto di voler rispettare.
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