1 Luglio 2025
Piani sociali per il clima, i Paesi UE procedono in ordine sparso


La Germania non avrebbe consegnato il proprio. Le esigenze dei nuclei abitativi a basso reddito nella regione dell’Unione ammontano a 140 miliardi di euro, mentre il Fondo Sociale per il Clima copre solo 86,5 miliardi di euro. Questo però non dovrebbe scoraggiare gli Stati ad elaborare dei piani efficaci.

Piani sociali per il clima, è finito il tempo

Il 30 giugno è scaduto il termine per la presentazione dei piani sociali per il clima, una scadenza molto importante in vista del lancio del nuovo sistema di tariffazione del carbonio per i settori dell’edilizia e del trasporto su strada dell’UE (ETS2) previsto per il 2027.

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I piani sociali servono a sbloccare i finanziamenti europei del Fondo Sociale per il Clima, pensato proprio per proteggere le categorie di cittadini più vulnerabili dall’aumento previsto dei costi di riscaldamento e carburante. Ciascuno Stato, dopo aver presentato il piano, avrà accesso alla propria quota: 65 miliardi di euro per il periodo 2026-2032.

Non è semplicemente una scadenza burocratica ma vero un punto di svolta nel quadro dell’impegno dell’Unione Europea a garantire una transizione equa e giusta. I piani sociali per il clima devono essere plasmati insieme alle persone che si intende supportare, altrimenti rischiano di fallire completamente l’obiettivo“, ha dichiarato Brigitta Bozso di CAN Europe, nota associazione ambientalista europea.

Il Fondo Sociale per il Clima (SCF) è stato creato parallelamente all’ETS2, il nuovo sistema di scambio di quote di emissione voluto dall’Unione Europea per il mercato del carbonio dei settori dell’edilizia, del trasporto stradale e delle piccole imprese. L’obiettivo principale del Fondo è provare a mitigare l’impatto sociale dall’ETS2, tentando di assicurare un’equa transizione verso la neutralità climatica.

A tal fine, il Fondo provvederà a fornire agli Stati Membri dell’Unione dei finanziamenti specifici, utili ad aiutare direttamente i gruppi vulnerabili più colpiti. In particolare, il Fondo guarda alle persone in situazione di povertà energetica o di trasporto (vale a dire chi non può permettersi servizi energetici essenziali o chi abita in zone dove le reti di trasporto non sono abbastanza sviluppate). Lo scopo è quindi assicurarsi che nessuno venga lasciato indietro nella transizione verso un’economia più pulita.

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Cosa sono i piani sociali per il clima?

Gli Stati Mebri dell’UE potranno utilizzare i finanziamenti per realizzare la decarbonizzazione attraverso misure strutturali, investimenti a favore dell’efficienza energetica e della ristrutturazione degli edifici. Potranno quindi finanziare metodi di riscaldamento e raffreddamento puliti, favorire l’integrazione delle energie rinnovabili e provvedere a soluzioni di mobilità a zero o a basse emissioni. Gli Stati membri potranno anche destinare parte dei finanziamenti al sostegno diretto temporaneo al reddito.

I finanziamenti messi a disposizione dal fondo non sono certo sufficienti a supportare tutte le fasce vulnerabili della popolazione ma sono comunque qualcosa per limitare i problemi. Gli Stati sono quindi chiamati a spiegare nei dettagli all’Unione come intendono proteggere e supportare i cittadini. Nonostante l’indubbia rilevanza dei piani, alcuni Stati potrebbero aver mancato la scadenza del 30 giugno.

La Germania non avrebbe consegnato il proprio piano sociale, riporta il quotidiano Handelsblatt. Il Ministero dell’Ambiente tedesco ha detto al giornale di essere in trattativa con la Commissione Europea affinché il ritardo, causato delle elezioni anticipate, non comporti la perdita dei fondi. In un comunicato, il Ministro ha spiegato che il governo tedesco avrà bisogno di più tempo per coordinarsi meglio con le associazioni ambientaliste e dei consumatori, ma ha negato che i fondi siano a rischio. Berlino intende comunque presentare il piano sociale entro la fin di quest’anno.

Avanzamenti non omogenei

In realtà ad oggi, nessun piano sociale per clima è stato pubblicato sul sito della Commissione Europea, dunque appare difficile monitorarne lo stato di avanzamento. Come sottolinea CAN Europe, i progressi tra gli Stati Membri appaiono abbastanza disomogenei.

Alcuni Paesi sembrano procedere più rapidamente. Ad esempio, Polonia, Romania, Grecia, Portogallo, Paesi Bassi, Bulgaria e Lettonia hanno organizzato delle consultazioni pubbliche riguardo i piani ( anche se la Lettonia ha indicato 3 giorni lavorativi per commentare la bozza). In generale, sembra ci sia stata poca trasparenza durante la fase di stesura dei piani e le opportunità di coinvolgimento della società civile sembra siano state limitate. Secondo CAN Europe, bisognerebbe permettere una maggiore partecipazione pubblica alla definizione delle politiche climatiche nazionali.

Ancora secondo CAN Europe, le esigenze dei nuclei abitativi a basso reddito nella regione dell’Unione ammontano a 140 miliardi di euro, mentre il Fondo Sociale per il Clima copre solo 86,5 miliardi di euro. Ma questo non deve scoraggiare i governi dall’elaborare piani ambiziosi.

Social Climate Fund Tracker di REScoop.eu

REScoop.eu, la federazione europea delle cooperative energetiche cittadine, attraverso il Social Climate Fund Tracker, ha analizzato i piani sociali per il clima degli Stati Membri dell’UE sulla base di 21 criteri. I criteri riguardano: la qualità della partecipazione pubblica, la definizione dei beneficiari delle misure da adottare, la qualità degli investimenti, la sinergia con altri finanziamenti (ad esempio, le entrate derivanti dall’ETS2) e la coerenza con le altre politiche nazionali.

Dai dati a disposizione è emerso che Bulgaria, Estonia e Italia raggiungono un punteggio medio. In questi Paesi il livello di trasparenza e partecipazione pubblica nella stesura dei Piani è stato giudicato medio. L’individuazione dei beneficiari finali risulta solo parzialmente efficace, alcuni gruppi ne sarebbero addirittura esclusi. Le misure e gli investimenti proposti affrontano solo parzialmente i problemi dei trasporti e della povertà energetica. La coerenza con altre politiche e fonti di finanziamento c’è ma non è stata reputata sufficiente.

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Vanno meglio Polonia e Lettonia. I due Paesi hanno evidenziato alti livelli di trasparenza e partecipazione pubblica nella redazione dei piani. I beneficiari finali sono stati identificati correttamente e le misure e gli investimenti proposti affrontano bene il problema della povertà energetica e dei trasporti alla luce del contesto nazionale. La coerenza con le altre politiche nazionali e flussi di finanziamento appare invece solida.



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