3 Luglio 2025
Chi guadagna sul genocidio palestinese


Produttori di armi, aziende tecnologiche, assicurazioni, imprese estrattive e università sostengono il colonialismo israeliano e il massacro dei palestinesi. La relatrice speciale Francesca Albanese, in un nuovo report alle Nazioni unite, elenca le multinazionali che si stanno arricchendo con il genocidio

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Redazione
lavialibera

2 luglio 2025

Sono produttori di armi, aziende tecnologiche, imprese edili e di costruzione, industrie estrattive e di servizi, banche, fondi pensione, assicurazioni, università e associazioni di beneficenza. Danno il loro sostegno al colonialismo israeliano per continuare a fare affari e permettono al governo e all’esercito di Benjamin Netanyahu di violare i diritti umani e compiere il genocidio del popolo palestinese.
È questo ciò che emerge dall’ultimo rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio” pubblicato dalla relatrice speciale delle Nazioni unite sui territori palestinesi occupati Francesca Albanese, in cui illustra i metodi con cui migliaia di aziende e colossi internazionali hanno aiutato Israele, in particolar modo dopo il 1967, allo spostamento forzato dei palestinesi. Nel dossier si fanno i nomi di 48 corporation, mentre sono in corso indagini su altre organizzazioni.

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“Il settore corporativo – si legge nel documento – ha contribuito materialmente a questo sforzo fornendo a Israele le armi e i macchinari necessari per distruggere case, scuole, ospedali, luoghi di svago e luoghi di culto, mezzi di sussistenza e beni produttivi, come uliveti e frutteti, per segregare e controllare le comunità e per limitare l’accesso alle risorse naturali”. In questo modo, le multinazionali avrebbero aiutato a militarizzare i territori e sostenere l’espansione israeliana. Da ottobre 2023, queste aziende, invece che disimpegnarsi, hanno moltiplicato gli sforzi per quella che Albanese definisce “economia del genocidio”.

Genocidio a Gaza, il dovere di dire basta 

Esportatori di morte

Le tecnologie che fino all’autunno del 2023 erano state usate dall’esercito israeliano per spingere verso l’espulsione dei palestinesi, ora sono diventati strumenti di uccisione a Gaza e in Cisgiordania: i metodi di sorveglianza e incarcerazione sono stati utilizzati per il targeting dei gazawi, mentre i macchinari usati per le demolizioni e l’interdizione di infrastrutture ora vengono impiegati anche come deterrenti all’interno delle città, in modo da impedire alle comunità di ristabilire degli insediamenti in zone occupate. 

In Palestina si provano armi che poi vengono commercializzate come “provate in battaglia”.

La repressione e la distruzione delle infrastrutture sono possibili anche grazie a tecnologie all’avanguardia messe a punto a livello nazionale e internazionale: piattaforme di difesa aerea, droni, “strumenti di targeting alimentati dall’intelligenza artificiale e persino il programma F-35 guidato dagli Stati Uniti”. Non finisce qui: in Palestina si provano armi che poi vengono commercializzate come “provate in battaglia”. 

E a proposito di business delle armi, tra il 2020 e il 2024, Israele è stato l’ottavo maggiore esportatore di armamenti a livello mondiale, grazie a due delle sue aziende di punta: Elbit systems e Israel Aerospace industries. Fornendo materiale bellico all’esercito nazionale, sono diventate cruciali per la difesa e gli attacchi del governo di Netanyahu. E l’aumento della spesa militare pari al 65 per cento tra il 2023 e il 2024, pari a 46,5 miliardi di dollari, ha supportato la crescita di queste aziende. 

Ma è sul fronte internazionale che le relazioni israeliane sono più forti. Come si legge nel documento lo Stato “beneficia del più grande programma di approvvigionamento della difesa mai realizzato – per il jet da combattimento F-35, guidato dalla Lockheed Martin con sede negli Stati Uniti, insieme ad almeno 1.650 altre aziende, incluso il produttore italiano Leonardo S.p.a, e otto Stati”. Da ottobre 2023, questi equipaggiamenti hanno  dato un “potere aereo senza precedenti”, permettendo di sganciare una stima di 85mila tonnellate di bombe che hanno causato la morte o il ferimento di oltre 179.411 palestinesi. 

Collaborazioni tra Israele e istituzioni come il  Massachusetts Institute of Technology permettono di sviluppare droni con sistemi d’arma automatizzata. 

Competenze al servizio della guerra

Non sono solo i componenti degli armamenti, come quelli forniti dalla giapponese Fanuc corporation o dalla danese A.P. Moller – Maersk A/S. A far sì che l’intento genocidario di Israele abbia compimento servono intermediari, come aziende legali, di auditing e di consulenza, soprattutto per la sorveglianza. 

A far sì che l’intento genocidario di Israele abbia compimento servono intermediari, come aziende legali, di auditing e di consulenza, soprattutto per la sorveglianza

Israeliana è NSO Group, che attraverso il suo spyware Pegasus ha sorvegliato attivisti palestinesi. Pegasus  era stato utilizzato anche in Unione europea per prendere di mira politici d’opposizione e giornalisti europei. Ma ci sono anche colossi come IBM, Microsoft,Alphabet Inc di Google e Amazon, che forniscono infrastrutture fondamentali. “In collaborazione con aziende come IAI,  Elbit Systems e RADA Electronic Industries di proprietà di Leonardo, Israele ha trasformato il bulldozer D9 della Caterpillar in un armamento centrale automatizzato e comandato a distanza dell’esercito israeliano, schierato in quasi tutte le attività militari dal 2000, ripulendo le linee di incursione, “neutralizzando” il territorio e uccidendo i palestinesi”. HD Hyundai e Volvo esportano in Israele macchinari pesanti, sempre per distruggere ed espropriare. Ci sono poi aziende, come la tedesca Heidelberg Materials Ag, attraverso la sua sussidiaria Hanson Israel, che preleva roccia dalla cava di Nahal Rba su terreni confiscati ai villaggi palestinesi in Cisgiordania.

Espropriazioni ed estrattivismo 

E sono proprio le risorse naturali un altro terreno di scontro. L’industria israeliana Mekorot ha il monopolio dell’acqua sui territori occupati, mentre Drummond Company Inc. e Swiss Glencore plc sono i principali fornitori di carbone per l’elettricità a Israele, proveniente principalmente dalla Colombia. Glencore, invece, è stata anche coinvolta nelle spedizioni di materie prime dal Sud Africa. La collaborazione tra l’americana Chevron Corporation e l’israeliana NewMedEnergy estrae gas dai giacimenti di Leviathan e Tamar, mentre BP e Chevron sono anche i maggiori contributori alle importazioni israeliane di petrolio greggio. 

Anche il settore alimentare ha approfittato del genocidio. Tnuva, azienda leader del settore, posseduta dalla cinese Bright Dairy & Food Co. Ltd ha beneficiato dell’espropriazione di terre, come Netafim, prima azienda al mondo per quanto riguarda l’irrigazione a goccia, che ha sfruttato in modo intensivo le risorse idriche della Cisgiordania. E i prodotti finiscono nei mercati globali. “Anche nell’UE, dove è richiesta l’etichettatura, questi beni sono ancora ammessi sul mercato, la responsabilità ricade sui consumatori non informati. Data l’illegalità delle colonie secondo il diritto internazionale, questi prodotti non dovrebbero essere commercializzati affatto”. C’è poi chi guadagna direttamente dal turismo su territori occupati, come le piattaforme Booking e AirBnb.

Sostegno globale al governo israeliano

La legittimazione al genocidio passa, secondo i dati raccolti dalla relatrice speciale, attraverso le collaborazioni universitarie

Sono stati di titoli del tesoro a sostenere il bilancio israeliano. A comprarli alcuni dei più grandi istituti finanziari al mondo, come Bnp Paribas, Barclays, Blackrock, Vanguard, Allianz Pimco. Tra le compagnie assicurative figurano Allianz e Axa. Anche i fondi sovrani, i fondi pensione e le organizzazioni benefiche basate sulla fede non sono esenti da questo elenco. Compaiono il Norwegian government pension fund e la cassa depositi e prestiti del Quebec, mentre tra gli enti di beneficenza il Fondo nazionale ebraico, i Christian Friends of Israeli Communities, la Dutch Christians for Israel e le organizzazioni affiliate che hanno sostenuto progetti nelle colonie. 

La legittimazione al genocidio passa, secondo i dati raccolti dalla relatrice speciale, attraverso le collaborazioni universitarie, dal Mit al programma Horizon Europe della commissione europea, dall’Università tecnica di Monaco all’università di Edimburgo. Albanese riconosce però anche “l’importante lavoro svolto da studenti e personale nel chiedere conto alle università -. Non solo – Essa getta una nuova luce sulle repressioni globali contro i manifestanti universitari: proteggere Israele e gli interessi finanziari istituzionali sembra una motivazione più probabile rispetto alla lotta al presunto antisemitismo”. 

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Le raccomandazioni per fermare il genocidio

Francesca Albanese esorta gli Stati a imporre sanzioni e un embargo totale sulle armi a Israele, sospendendo tutti gli accordi commerciali in modo da far notare le responsabilità. Alle aziende è chiesto di sospendere le attività e pagare le riparazioni al popolo palestinese, mentre spinge la “Corte penale internazionale e le magistrature nazionali a indagare e perseguire dirigenti aziendali e/o entità aziendali per il loro ruolo nella commissione di crimini internazionali”. 

Conclude Albanese che ciò che sta accadendo in Palestina richiede “urgentemente responsabilità e giustizia, il che richiede azioni diplomatiche, economiche e legali contro coloro che hanno mantenuto e tratto profitto da un’economia di occupazione trasformatasi in genocidio”. 

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