4 Luglio 2025
Dopo i soldi del Pnrr, che fine farà l’innovazione in Italia? Le sfide per l’industria.


Contabilità

Buste paga

 

Come faranno i partenariati estesi a sopravvivere alla fine del Pnrr? Com’è noto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il programma con cui l’Italia utilizza i fondi europei del Next Generation EU per rilanciare l’economia dopo la pandemia. Finanzia riforme e investimenti in digitale, transizione ecologica, istruzione, ricerca e inclusione sociale. Nel rapporto tra industria e ricerca, dal Pnrr e con un investimento complessivo di 1,6 miliardi di euro sono nati i 14 partenariati estesi, reti strategiche che uniscono atenei, centri di ricerca e aziende per affrontare insieme le grandi sfide dell’Italia: transizione ecologica, digitale, manifatturiera. Coordinati dal Mur (ministero dell’Università e della Ricerca), non si limitano alla teoria, ma puntano a creare soluzioni applicabili, competenze nuove e sviluppo territoriale. Ad esempio, Nest (Network for Energy Sustainable Transition) lavora sull’energia sostenibile, con tecnologie rinnovabili, formazione per migliaia di studenti e strumenti concreti per imprese e territori. Mics (Made in Italy Circolare e Sostenibile) reinventa il made in Italy, rendendolo più digitale e circolare nei settori chiave della moda, del design e della manifattura. Restart (RESearch and innovation on future Telecommunications systems and networks, to make Italy more smart) guida l’innovazione nelle telecomunicazioni, dal 6G ai deepfake, con progetti avanzati e un forte investimento sui giovani.

Ecco: con i partenariati estesi il Pnrr ha innescato un cambio di paradigma: non solo progetti, ma un nuovo modo di lavorare. Ha rotto la logica dei compartimenti stagni, imponendo obiettivi comuni tra partecipanti, metodo condiviso, risultati misurabili. La ricerca non è più isolata, l’innovazione non è più solo privata. Si è costruito un ecosistema aperto, interdipendente, connesso. Ora, però, siamo quindi nell’ultimo semestre operativo per i partenariati estesi e gli altri progetti finanziati dal Mur. Come indicato da Fabrizio Cobis, dirigente dell’ufficio Incentivazione e Sostegno alla Competitività del sistema produttivo privato e della cooperazione pubblico-privato in ambito nazionale del Mur, è stato raggiunto circa il 70% del livello di spesa e dei risultati previsti. Ora il punto è: come può tutto questo continuare a vivere, crescere e produrre impatto anche quando i fondi del Pnrr saranno finiti? È possibile trasformare progetti straordinari in strutture permanenti, capaci di camminare con le proprie gambe? Per Cobis «sarebbe un errore gravissimo lasciar disperdere tutta questa energia solo perché termina un ciclo di finanziamento». Ma nella pratica cosa si può fare?

Serve un ulteriore passaggio strategico: trasformare i progetti in infrastrutture stabili, capaci di attrarre nuove risorse e generare valore autonomamente. Per questo, la continuità non può dipendere soltanto da nuovi fondi pubblici: occorre una strategia più ampia e strutturata. I partenariati devono attivare bandi europei, attrarre capitali privati, stringere alleanze industriali, trasformandosi in soggetti capaci di sostenersi nel tempo. È necessario costruire modelli operativi flessibili, ma solidi, che rendano l’innovazione economicamente e socialmente vantaggiosa. Al tempo stesso, non si può disperdere il valore già creato. I giovani formati, i brevetti ottenuti, le tecnologie prototipate rappresentano un potenziale enorme. Perché tutto questo generi impatto reale, la ricerca deve uscire dai laboratori, contaminarsi con il mercato, diventare impresa. Le idee devono trasformarsi in soluzioni concrete. Solo così la conoscenza può tradursi in sviluppo, e l’eredità del Pnrr diventare futuro.

Questo articolo trae spunto dalla tavola rotonda “Pnrr: una spinta all’innovazione del settore pubblico e dell’iniziativa privata”, tenuta giorni fa a Cernobbio nel contesto del “Made in Italy Innovation Forum”, l’evento promosso dal Mics che ha riunito una grande comunità di ricerca e innovazione del manifatturiero italiano, tra cui imprenditori, manager, esperti, ricercatori e istituzioni, per confrontarsi sulle ultime novità nella sostenibilità e nella digitalizzazione per le aziende del Made in Italy. A parte il citato Cobis, hanno partecipato alla tavola rotonda Roberto Merlo, Direttore Generale e Program Research Manager di Mics; Adele Del Bello, Program Research Manager di Restart e Gabriella Scapicchio, Direttrice Generale di Nest.

Aste immobiliari

l’occasione giusta per il tuo investimento.

 

Marco Taisch racconta il partenariato MICS: 115 milioni di investimento, 1.000 persone, 12 università e 13 imprese impegnate in progetti di ricerca su abbigliamento, arredamento e automazione

Progetti come i materiali edibili per il packaging; portare le fabbriche nello Spazio; i sensori sugli indumenti per monitorare la salute di chi li indossa. Direttamente dal Made in Italy Innovation Forum di Cernobbio, una panoramica sul più grande progetto per portare innovazione in tre settori che rappresentano più del 52% dell’economia italiana. All’insegna della cross fertilization e della collaborazione strettissima fra aziende e università

Il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Pnrr: risorse, risultati e un nuovo modo di fare sistema

Fabrizio Cobis, dirigente dell’ufficio Incentivazione e Sostegno alla Competitività del sistema produttivo privato e della cooperazione pubblico-privato in ambito nazionale del Mur.

Per Fabrizio Cobis, «il vero successo del Pnrr non si misura soltanto nella mole di fondi distribuiti, ma soprattutto nella qualità del lavoro svolto in modo congiunto tra attori pubblici e privati. Ciò che rende davvero straordinaria questa esperienza, spiega, è stato il ritmo accelerato e l’intensità della collaborazione, elementi mai sperimentati prima nel sistema della ricerca e dell’innovazione italiana. È stato un esercizio collettivo senza precedenti, che ha imposto a tutti – università, imprese, enti pubblici – di lavorare fianco a fianco, con obiettivi comuni, tempi certi e risultati misurabili. Ed è proprio questa modalità operativa, più ancora dei numeri, a rappresentare il vero valore aggiunto lasciato dal Pnrr». Si è già citata la cifra senza precedenti destinata alla nascita e allo sviluppo dei partenariati estesi distribuiti su tutto il territorio nazionale; una parte davvero consistente rispetto alla dotazione di 5 miliardi messi a disposizione del Mur dal Pnrr. Queste risorse hanno dato impulso a grandi progettualità, ciascuna pensata per affrontare sfide strategiche in ambiti diversi: dall’energia alla manifattura, dalle telecomunicazioni al digitale. «Abbiamo avviato programmi di ampia portata – spiega Fabrizio Cobis – con l’ambizione precisa di ottenere risultati tangibili in appena tre anni. Un tempo estremamente ristretto per i ritmi abituali del nostro sistema di ricerca, che spesso è abituato a cicli più lunghi e meno vincolati».

Il Mur ha anche fortemente investito sul capitale umano. «Grazie a questi programmi, abbiamo assunto oltre 9mila giovani ricercatori in tutta Italia. Non possiamo permettere che il loro percorso si fermi alla fine del Pnrr: per questo stiamo già lavorando a nuove prospettive di continuità». Il lavoro non è ancora concluso, ma la direzione è chiara. «Il nostro obiettivo è lasciare un’eredità strutturale. Il Pnrr non è solo un finanziamento: è uno strumento per cambiare le condizioni di contesto della ricerca italiana, rendendola più integrata, più efficace, più competitiva a livello internazionale». Un cambiamento che il Ministero intende rendere irreversibile.

Mics è un Partenariato Esteso tra Università, Centri di Ricerca e Imprese finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca grazie ai fondi messi a disposizione dall’Unione Europea nell’ambito del programma NextGenerationEU. Ogni Spoke è dedicato a uno specifico tema manifatturiero

Mics e il Pnrr: la nuova via italiana all’innovazione del Made in Italy, tra sostenibilità, ricerca e alleanze strategiche

Roberto Merlo, Direttore Generale e Program Research Manager di Mics.

Per Roberto Merlo, il citato Mics rappresenta «un’alleanza inedita tra ricerca pubblica e industria per trasformare il made in Italy in un laboratorio vivente del futuro». Il partenariato, sostenuto dal Pnrr con 126 milioni di euro, ha unito 12 università, 13 grandi aziende italiane (tra queste Bonfiglioli, Enel X, Fincantieri, Luxottica, Pirelli, Leonardo), numerosi centri di ricerca e una fitta rete di partner pubblici e privati. L’obiettivo è chiaro: innovare tre settori cardine della nostra economia – moda, arredamento e manifattura avanzata – rendendoli più sostenibili, digitali e competitivi. «Il nostro scopo – spiega Merlo – è intervenire in modo deciso su questi comparti, introducendo materiali e processi a basso impatto ambientale, tecnologie intelligenti come l’intelligenza artificiale e la robotica, e valorizzando la ricerca trasformandola in applicazioni industriali. Vogliamo che i risultati non restino confinati nei laboratori, ma diventino soluzioni adottabili dalle imprese, capaci di migliorare la competitività e la sostenibilità delle filiere produttive. È fondamentale superare la logica della ricerca fine a sé stessa, e costruire invece un ponte stabile tra l’innovazione scientifica e il mondo della produzione. Solo così possiamo generare un impatto reale sul sistema economico del Paese, rendendo il made in Italy non solo bello e ben fatto, ma anche tecnologicamente avanzato e responsabile». Il progetto ha già prodotto 147 iniziative di ricerca, coinvolgendo oltre mille persone tra ricercatori e tecnici, e ha portato al deposito di una decina di brevetti.

L’elenco dei progetti nati all’interno di Mics è ampio e variegato, a dimostrazione della sua capacità di affrontare sfide diverse con soluzioni concrete. Si va dal riciclo avanzato dei materiali con Cycloplastic Economy, che rigenera polimeri complessi in nuovi materiali performanti, alla mobilità sostenibile grazie a Green Brake System, un innovativo sistema frenante in grado di ridurre fino al 65% le emissioni di particolato. Sul fronte della moda, Pbr Fashion combatte la contraffazione tramite etichette intelligenti e tecnologie 4D abbinate alla blockchain. In ottica di economia circolare, Amelie recupera metalli preziosi dalle batterie esauste con processi a basso impatto ambientale, mentre Aurora sviluppa indumenti intelligenti dotati di sensori per il monitoraggio ambientale e della salute. Il progetto Linfa – Vaia Play valorizza alberi danneggiati dalla Xylella o da eventi climatici estremi, trasformandoli in materiali per l’arredo e il tessile. E non mancano le aperture internazionali, come il progetto pilota condotto in Ghana in collaborazione con UNIDO per ridurre l’impatto dei rifiuti tessili nei Paesi in via di sviluppo. A questi si affiancano progettualità fortemente orientate al futuro della manifattura, come la realizzazione di una stampante additiva intelligente, capace di riconoscere e correggere autonomamente errori di stampa grazie a sensori, telecamere e algoritmi di intelligenza artificiale. Questa macchina, adattabile anche a materiali biologici e riciclabili, rappresenta una vera rivoluzione nei processi produttivi di nuova generazione. In parallelo, il progetto Mics esplora scenari estremi come la fabbrica nello spazio, che utilizza polveri lunari (regolite) per stampare in orbita oggetti funzionali, in un’ottica di economia circolare totale. L’obiettivo è sviluppare tecnologie riutilizzabili e sostenibili in ambienti dove le risorse sono limitate, e ogni scarto rappresenta un’opportunità. L’intelligenza artificiale generativa viene inoltre impiegata per supportare il design avanzato e la creazione di forme complesse, ottimizzate per funzionalità, prestazioni e impatto ambientale. Si sperimentano anche packaging biodegradabili e commestibili per il settore alimentare e farmaceutico, e soluzioni per la stampa 4D che permettono ai materiali di adattarsi a stimoli ambientali come temperatura o umidità. Mics non si limita a sommare progetti: li orchestra in un sistema coerente, in cui ogni innovazione contribuisce a definire un nuovo modello produttivo.

«Quando abbiamo avviato questo percorso – aggiunge Merlo – non era scontato che mondi diversi potessero davvero dialogare e produrre innovazione condivisa. Oggi possiamo dire che ce l’abbiamo fatta: università, imprese, enti locali e centri di ricerca hanno imparato a lavorare insieme. Questo è forse il vero lascito di Mics: un metodo, una cultura collaborativa che non si esaurisce con il Pnrr». Merlo insiste anche sull’approccio sistemico e trasversale: «La manifattura italiana non può evolvere se resta isolata. Ha bisogno di energia sostenibile, di infrastrutture digitali avanzate, di connessioni efficienti. È per questo che Mics lavora in sinergia con altri partenariati: la sfida è costruire un ecosistema innovativo nazionale, dove ogni competenza rafforza l’altra». La sostenibilità è al centro della visione Mics. «Le imprese che hanno investito nell’innovazione sostenibile – afferma Merlo – sono quelle che hanno registrato un aumento della produttività tra il 5% e l’8%. Questo dimostra che fare ricerca non è solo un dovere culturale, ma un vantaggio competitivo concreto». Un ruolo fondamentale è attribuito alla formazione: «Senza giovani, il made in Italy diventa made in yesterday – ribadisce Merlo –. Per questo investiamo nella formazione, dalle academy ai dottorati industriali. L’obiettivo è costruire nuove competenze che sappiano affrontare la transizione ecologica e digitale, ma anche dotare le imprese di risorse umane in grado di trasformare la ricerca in valore economico». Il futuro, secondo Merlo, si fonda su una visione strutturata: «Il nostro manifesto per i prossimi anni si basa su dieci punti fondamentali: dalla formazione all’eco-design, dalla digitalizzazione all’integrazione tra imprese e centri di ricerca. Non vogliamo considerare la fine del programma come un punto d’arrivo, ma come una tappa verso un rafforzamento continuo di questo ecosistema anche oltre il Pnrr». E conclude: «L’innovazione non può essere episodica. Serve continuità, visione e volontà politica. Se vogliamo davvero costruire un nuovo modo di fare sistema in Italia, dobbiamo partire da qui: dai risultati ottenuti, ma soprattutto dalla rete di relazioni, di fiducia e di competenze che abbiamo messo in campo. Questo non può andare disperso».

Bianca Colosimo: le ultime frontiere di MICS (la più grande piattaforma tech sulla manifattura italiana) e della stampa 3D

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Parla la Presidente del Comitato Tecnico Scientifico del partenariato MICS, mega esperimento di ricerca integrata su temi industriali: 115 milioni, 12 università e 13 imprese (fra cui Brembo, StMicroelectronics, Leonardo, Camozzi). Colosimo è fra i massimi esperti di stampa 3D: ci parla di produzione additiva nello spazio e degli impatti del connubio con l’IA. Stampanti come “macchine a guida autonoma, ma per la produzione”

Nest e il Pnrr: energia sostenibile, giovani e imprese per guidare la transizione del paese

Gabriella Scapicchio, Direttrice Generale di Nest.

Come si accennava, Nest nasce per affrontare una delle priorità assolute per l’Italia e l’Europa: la transizione energetica. Il programma si fonda su una rete che coinvolge le principali università italiane, enti di ricerca e imprese, con l’obiettivo di generare innovazione scientifica e soluzioni industriali concrete. «La transizione energetica non è qualcosa che può essere affrontata solo dal mondo produttivo o confinata all’ambito accademico. Non basta che siano le aziende o le università a occuparsene: serve un coinvolgimento ampio, diffuso, sistemico. È un progetto che riguarda l’intero Paese, una trasformazione che richiede la partecipazione attiva e coordinata di tutti gli attori – pubblici e privati, istituzionali e imprenditoriali, scientifici e sociali – perché solo attraverso un’azione collettiva e integrata possiamo davvero accelerare il cambiamento verso un modello energetico sostenibile ed equo» – afferma Gabriella Scapicchio.  Grazie al Pnrr, Nest ha potuto contare su un investimento di 118 milioni di euro, di cui una quota significativa – il 41% – destinata al Sud Italia, per favorire la riduzione dei divari territoriali. Le risorse hanno permesso di costruire una comunità scientifica di oltre 700 persone, con 350 ricercatori assunti appositamente per il progetto. A questi si affiancano nuove professionalità, tecnici, giovani, e una presenza femminile rilevante, segno di un impegno concreto anche in chiave di equità di genere. «I risultati raggiunti finora dimostrano con forza la validità del nostro approccio – spiega Gabriella Scapicchio –. Con Nest abbiamo attivato e consolidato nove filiere di ricerca, che coprono l’intero spettro dell’energia sostenibile. Ci occupiamo di fonti rinnovabili come il solare, l’idrogeno, le bioenergie e l’eolico offshore, ma anche dello sviluppo di nuovi materiali avanzati, fondamentali per rendere più efficienti ed economici i processi. Allo stesso tempo, lavoriamo su sistemi di accumulo energetico di nuova generazione e sulla digitalizzazione completa dei processi, per renderli più intelligenti, integrati e controllabili. Uno degli obiettivi centrali è affrontare un problema strutturale del nostro Paese: il costo elevato dell’energia, che in Italia arriva a pesare fino al 40% in più rispetto ad altri Paesi europei. Per questo stiamo studiando e sperimentando soluzioni tecnologiche praticabili, scalabili e adatte al contesto industriale italiano, che possano contribuire concretamente a ridurre questo divario e a costruire un modello energetico più equo, sostenibile e competitivo».

Ma Nest non si limita a generare sapere tecnico. Lavora per trasferirlo. Il programma ha avviato una fase intensa di prototipazione e messa a terra dei risultati, con l’obiettivo di trasformare la ricerca in tecnologie fruibili dalle imprese. Spin-off, brevetti, startup innovative: è qui che l’energia della ricerca diventa motore di sviluppo. In parallelo, Nest ha avviato una scuola di alta imprenditorialità per formare ricercatori capaci di guidare il cambiamento anche fuori dal perimetro accademico. Fondamentale anche il ruolo della formazione verso le nuove generazioni: con la Nest Academy, il programma sta coinvolgendo oltre 30mila studenti delle scuole medie e superiori in attività didattiche e laboratori pratici. I ragazzi imparano costruendo pannelli solari, esplorando le potenzialità delle energie rinnovabili, familiarizzando con le sfide della transizione. È un investimento che guarda lontano, seminando interesse e competenze tra i professionisti di domani. Guardando al futuro, Nest punta a rafforzare il proprio ecosistema. Le collaborazioni con le aziende sono in crescita, e molte realtà produttive stanno chiedendo di entrare nel partenariato. Il prossimo passo è aprire stabilmente queste porte, consolidare le sinergie e allargare la rete. Nest non è solo un progetto: è un’infrastruttura di competenze, visione e collaborazione, pensata per accompagnare l’Italia nel cuore della rivoluzione energetica.

Fra gli atenei coinvolti Politecnico di Bari, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Sapienza di Roma, Università degli Studi di Bergamo, Università degli Studi di Brescia, Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna, Università degli Studi di Napoli Federico II, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Padova, Università degli Studi di Palermo.

Restart e il Pnrr: così le telecomunicazioni italiane preparano il futuro con ricerca, giovani e innovazione

Adele Del Bello, Program Research Manager di Restart.

Si accennava a Restart, il polo italiano per la ricerca e l’innovazione nel settore delle telecomunicazioni del futuro. Per Adele Del Bello, «il nostro programma nasce con l’intento di rendere l’Italia più smart, affrontando le grandi sfide tecnologiche del domani, dal passaggio al 6G all’ottimizzazione energetica delle reti». Finanziato con 116 milioni di euro, Restart fa parte del più ampio disegno del Pnrr per rafforzare la competitività tecnologica e scientifica del Paese. «Siamo parte di un’alleanza pubblico-privata che riunisce università, centri di ricerca e aziende. La sfida è duplice: produrre risultati scientifici di rilievo e costruire le basi per una trasformazione strutturale e duratura», afferma Del Bello. Tra i progetti più innovativi sviluppati da Restart emergono alcune linee di ricerca al centro di veri e propri programmi sperimentali. Uno di questi riguarda lo sviluppo di dispositivi per l’“Internet delle emozioni”, una nuova frontiera delle telecomunicazioni che punta a creare tecnologie wearable in grado di rilevare, codificare e trasmettere a distanza gli stati emotivi delle persone, basandosi sull’analisi delle onde elettromagnetiche emesse dal corpo umano. Altre iniziative guardano alle smart cities, con soluzioni altamente tecnologiche per migliorare la connettività urbana e la gestione dei dati. In particolare, si stanno sperimentando superfici riflettenti intelligenti, capaci di facilitare la propagazione dei segnali radio e ottimizzare l’efficienza delle reti nelle aree urbane complesse.

A ciò si aggiungono strumenti sempre più sofisticati per affrontare una delle sfide più attuali della società digitale: il riconoscimento e la neutralizzazione dei deepfake, ossia immagini e video manipolati grazie all’intelligenza artificiale, che pongono problemi enormi in termini di sicurezza, comunicazione e democrazia. Adele Del Bello chiarisce che queste non sono suggestioni avveniristiche, ma ambiti concreti di lavoro già in fase avanzata: «Non si tratta di fantascienza – afferma –. Queste tecnologie esistono, e il nostro programma le sta sviluppando in modo strutturato e scientificamente validato. Abbiamo attivato laboratori in tutta Italia, coinvolto team multidisciplinari, costruito prototipi e avviato test sul campo. Siamo in piena attività, con l’obiettivo di portare queste soluzioni fuori dai centri di ricerca e metterle al servizio della società, dell’economia e della sostenibilità. La nostra visione non è creare innovazione per pochi, ma generare impatto concreto, utile e accessibile».

A questi risultati si aggiungono 13 nuovi laboratori nati da zero, 25 innovazioni brevettabili, 26 corsi di formazione in collaborazione con le imprese e una trentina di video-tutorial per la divulgazione. Ma il risultato forse più importante, secondo Del Bello, è «la generazione di capitale umano». Il programma ha coinvolto 360 giovani ricercatori e ricercatrici, di cui il 34% donne, più altri 350 già attivi negli enti partner. «Ci sentiamo responsabili del loro futuro. Per questo stiamo creando occasioni concrete di lavoro e crescita professionale». Fondamentale anche l’approccio multidisciplinare. «Le telecomunicazioni non riguardano più solo gli operatori classici. Pensiamo all’agricoltura, alla salute, ai trasporti, alla finanza: oggi servono ingegneri capaci di dialogare con tutti questi mondi», afferma. Con questo spirito, Restart lavora anche con le scuole: «Abbiamo coinvolto 300 studenti delle superiori in un contest nazionale per avvicinarli concretamente alla tecnologia. È da lì che si comincia a cambiare le cose». Oltre alla formazione, Restart contribuisce anche al policy making, con un White Paper che analizza scenari futuri per il settore telecomunicazioni in Europa. «Vogliamo che la ricerca guidi anche le decisioni politiche», conclude Del Bello. In un panorama che cambia rapidamente, Restart si presenta così come una piattaforma per immaginare, sperimentare e costruire il futuro digitale del Paese.

Ecco le principali sfide industriali indicate da Mics

Pnrr, oltre la scadenza: sfide e prospettive per un’eredità che duri nel tempo

Da sx Del Bello, Merlo, Scapicchio, durante la tavola rotonda “Pnrr: una spinta all’innovazione del settore pubblico e dell’iniziativa privata”, tenuta giorni fa a Cernobbio nel contesto del “Made in Italy Innovation Forum”, l’evento promosso dal Mics che ha riunito una grande comunità di ricerca e innovazione del manifatturiero italiano, tra cui imprenditori, manager, esperti, ricercatori e istituzioni, per confrontarsi sulle ultime novità nella sostenibilità e nella digitalizzazione per le aziende del Made in Italy.

A pochi mesi dalla conclusione ufficiale del Pnrr, i protagonisti del sistema della ricerca e dell’innovazione guardano già oltre la semplice chiusura dei progetti. Per Fabrizio Cobis il traguardo non è solo rispettare le scadenze: «La vera sfida non è arrivare alla fine per poi archiviare tutto, ma far sì che ciò che abbiamo costruito in questi anni diventi strutturale. Dobbiamo arrivare vivi alla fine del percorso, certo, ma soprattutto dobbiamo arrivarci pronti. Pronti a far evolvere questa esperienza, a darle continuità, a costruire sulle basi gettate un sistema più efficiente, più integrato, più capace di rispondere alle sfide future». Per Cobis, i partenariati estesi attivati grazie al Pnrr non possono essere visti come iniziative temporanee o episodiche. «Parliamo di comunità scientifiche e industriali che si sono attivate, che hanno creato reti, legami, competenze. Sarebbe un errore gravissimo lasciar disperdere questa energia solo perché termina un ciclo di finanziamento. Il nostro compito è fare in modo che questa infrastruttura umana, scientifica e tecnologica continui a generare valore. Questo significa trasformare i risultati ottenuti in prodotti, i brevetti in tecnologie operative, le idee in imprese solide e competitive. E significa farlo in un’ottica che non sia dipendente esclusivamente da fondi pubblici». Anche Adele Del Bello ribadisce l’importanza di guardare al lungo periodo. «Parlare oggi di impatto può essere fuorviante, perché per definizione l’impatto reale si misura nel tempo, dopo che i progetti hanno generato ricadute nella società, nel mercato, nel territorio. Ma noi non siamo fermi. Stiamo lavorando sin da ora per evitare che il lavoro svolto si dissolva. Stiamo creando strumenti destinati a restare: dalla formazione di profili professionali innovativi, capaci di muoversi in ambienti multidisciplinari, alla produzione di documenti strategici come il white paper sulle telecomunicazioni, pensato per supportare chi dovrà prendere decisioni sul futuro del settore. Il nostro obiettivo è che tutto ciò non resti nei cassetti, ma venga utilizzato, sviluppato, diffuso».

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Gabriella Scapicchio pone l’accento sulla concretizzazione della ricerca. «Se le idee e le soluzioni innovative restano chiuse nei laboratori, il loro potenziale resta inespresso. Il nostro obiettivo, molto pratico, è portare i risultati a un livello di maturità tecnologica tale da essere adottabili. Significa lavorare sull’aumento del TRL – Technology Readiness Level – per fare in modo che le tecnologie che stiamo sviluppando siano effettivamente pronte per l’industria. Vogliamo che i nostri ricercatori, oltre a produrre conoscenza, siano in grado di costruire startup, generare spin-off, sviluppare prodotti e servizi. Solo così la ricerca diventa reale, impattante, utile per il Paese». Roberto Merlo sposta l’attenzione sulla necessità di consolidare le reti che si sono create. «Con Mics abbiamo costruito qualcosa che va oltre il progetto: abbiamo dato vita a una rete stabile tra università, centri di ricerca e imprese. Ora dobbiamo fare un passo in più. Dobbiamo rendere questa rete permanente, strutturarla in modo solido, aprirla a nuovi attori e a nuove filiere. L’innovazione non è una parentesi che si apre e si chiude con un bando. È un processo continuo che ha bisogno di infrastrutture collaborative, di strategie condivise, di strumenti che garantiscano la continuità nel tempo». Tutti i protagonisti concordano su un punto chiave: il Pnrr ha rappresentato una scintilla, ma la sfida ora è alimentare la fiamma. Fabrizio Cobis lo sintetizza così: «Abbiamo dimostrato che lavorare insieme, tra pubblico e privato, tra università e impresa, è possibile. Ma non basta. Il nostro compito, oggi, è quello di dare continuità a questo metodo. Solo così il Pnrr non sarà ricordato come un grande sforzo isolato, ma come l’inizio di un nuovo sistema nazionale per l’innovazione».



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Carta di credito con fido

Procedura celere