6 Luglio 2025
Caramanico senza terme, la speranza in due bandi


CARAMANICO. Un’altra estate senza le terme di Caramanico, chiuse dal 2020. Dal 1576 l’acqua sulfurea alle falde della Maiella, in questo paese di 1.700 abitanti stretto tra i fiumi Orta e Orfento, è un orgoglio che ha innescato un indotto, dal commercio, agli alberghi fino alle case vacanza. Adesso, quella catena dell’economia è costretta a sopportare il peso di una crisi che sembra ancora senza fine: duecento posti di lavoro persi, chiusi anche cinque alberghi, scomparsi 25 negozi e centinaia di residenti hanno lasciato il paese per andare a cercare un lavoro altrove. Adesso, con le terme che al di là di un cancello sbarrato cadono a pezzi giorno dopo giorno, Caramanico si aggrappa alla speranza di due bandi: ieri, l’Areacom, l’Agenzia dei grandi appalti della Regione Abruzzo, ha pubblicato il bando per l’assegnazione «in concessione pluriennale di sfruttamento» delle acque minerali, termali e di sorgente di Caramanico (scadenza il 15 ottobre 2025); un bando che si aggiunge a quello che scadrà il prossimo 22 luglio e che riguarda i due lotti del complesso termale – il primo con le terme e l’albergo Maiella a 4.172.712,28 euro e il secondo con il centro benessere La Reserve a 5.659.270,68 euro.

BINARI PARALLELI

Contabilità

Buste paga

 

Due procedimenti diversi e paralleli, finora con lo stesso destino: il perché complesso termale e sorgenti siano due cose diverse e viaggino su binari separati lo spiega il presidente della Regione Marco Marsilio di Fratelli d’Italia in una lettera al sindaco di Caramanico Franco Parone, civico di centrosinistra. «Da molti mesi», scrive Marsilio, «il sottoscritto è oggetto di un’intensa campagna propagandistica da parte di partiti e consiglieri espressione della minoranza in consiglio regionale, secondo i quali la Regione avrebbe dovuto garantire la messa all’asta della concessione delle acque termali unitamente allo stabilimento oggetto della procedura fallimentare. Le assicuro», dice Marsilio, «che questa soluzione è stata ampiamente istruita e verificata, potendo sembrare la via più breve e diretta per concludere positivamente la crisi. Tuttavia», dice il presidente, «non un solo avvocato né qualcun altro professionista qualificato è stato in grado di rimuovere gli ostacoli normativi che impedivano di percorrererla».

ASTE DESERTE

È una sfida impossibile, finora, quella di riaprire le terme di Caramanico, un pubblico di 30mila persone l’anno: l’asta per la vendita degli immobili è andata deserta sei volte di fila e questo è il settimo avviso di vendita firmato dai curatori fallimentari Carlo Del Torto e Michele Pomponio. Anche l’affidamento delle sorgenti è finito in un vicolo cielo: la ditta vincitrice della gara per lo sfruttamento delle acque, la Dre srl di Chieti, ha rinunciato e il progetto della seconda classificata, la Virgo Holding spa, prima ammesso, è stato poi bocciato per mancanza di interesse pubblico. «Nel piano operativo della società Virgo manca lo sviluppo dell’attività termale», questo il passaggio chiave del documento dell’Areacom in cui si dice che le sorgenti, tra le più preziose d’Italia per quantità di idrogeno solforato, non possono essere utilizzate per produrre creme di bellezza, fanghi per levigare la pelle e spray per illuminare il viso come avrebbe voluto la Virgo, fondata da Altair D’Arcangelo, il procacciatore d’affari della società svizzera Wip Finance e amico del ministro Daniela Santanché. L’offerta della Virgo è stata bocciata per la carenza di «interesse pubblico» visto che quelle acque dovrebbero servire per le cure termali: uso idropinico e inalatorio, terapia inalatoria, balneoterapia, insufflazioni endotimpatiche.

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E allora, da ieri, le sorgenti tornano in ballo con un altro bando che custodisce un bonus: «È stato previsto, tra i criteri premiali, di prevedere il possesso a qualunque titolo (proprietà, locazione o altro diritto reale di godimento) di uno stabilimento termale in regione Abruzzo in una zona tecnicamente compatibile con il punto di prelievo». Qualcuno potrebbe farsi avanti.

chiuso da cinque anni

Le terme di Caramanico, dopo una crisi di dieci anni, sono chiuse dal 2020 dell’emergenza Covid. Poi, il 14 ottobre 2021, il tribunale di Pescara ne ha dichiarato il fallimento a fronte di circa 25 milioni di debiti: un crollo innescato da una fattura non pagata di appena 25mila euro per latte, formaggi e panna. Dalla richiesta di fallimento avanzata dalla Cooperlat di Ancona, cioè il marchio Trevalli della panna Hoplà, è esploso il caso: 15 milioni di scoperto con le banche, oltre 7,3 milioni di debiti per le tasse mai versate e poi quasi un milione non dato agli enti di previdenza, quasi tre milioni mai pagati al Comune, un esercito di dipendenti beffati.

bancarotta fraudolenta

Adesso ai procedimenti di vendita degli immobili e dell’affidamento delle sorgenti si intreccia anche un’inchiesta per bancarotta fraudolenta della Procura di Pescara. L’impianto era gestito dalla Società delle terme srl di Pescara, della famiglia Masci. E gli ex vertici delle terme, adesso, rischiano un processo per bancarotta: la procura ha chiesto il giudizio per l’ex amministratore delegato Franco Masci, ritenuto il principale responsabile del dissesto delle terme, e per Raffaella e Annamaria Masci, Alessandro Bocchetti ed Enzo Vaccarella, quali componenti del cda della società. I cinque sono accusati di aver provocato «con dolo o comunque per effetto di operazioni dolose il fallimento della società, anche incrementandone progressivamente nel tempo, almeno fino al 2015 e in maniera notevole, l’esposizione debitoria».

aspettando un’altra estate A Caramanico è un’altra estate aspettando una svolta che non sarà imminente: il sindaco avrebbe voluto una cordata per rilevare le terme mettendo insieme una serie di enti pubbllici, a partire dalla Regione. Ma nella stessa lettera, Marsilio dice che la Regione non può acquistare le terme di Caramanico: una richiesta, spiega il presidente, «che confligge non solo con la natura stessa dell’istituzione regionale, chiamata legiferare, normare, regolamentare e, più che a gestire servizi e attività. Ma anche con evidenti ragioni di contabilità: se avessi aderito a tale richiesta sin dagli esordi di questa pretestuosa polemica», continua Marsilio, «mi chiedo se avrei dovuto far pagare alla regione di oltre 20 milioni di richieste due anni fa alla prima asta, atteso che ora non si riesce a trovare un acquirente sul mercato per meno della metà di quel valore».

©RIPRODUZIONE RISERVATA



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