6 Luglio 2025
Tagli alle tasse, cartelle da rottamare, sgravi? Maurizio Leo, il forzato dell'”ora vediamo”


La rottamazione chiesta dalla Lega? “Sì, ma vediamo chi ne ha bisogno veramente”. Il taglio dell’Irpef invocato da Forza Italia? “Sì, ma servono i soldi”. Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, è la voce più ascoltata in fatto di fisco. È l’altro volto di Giancarlo Giorgetti: lui, ministro leghista dell’Economia, Leo di Fratelli d’Italia alle Finanze. Una lettura quasi maliziosa, sicuramente ufficiosa. Alla sua porta in via XX settembre bussano tutti i partiti. Chiedono soldi, tagli alle tasse, sconticini da rivendicare davanti agli elettori. Leo va spedito, spunta di mezzo metro tra i vitigni di Bruno Vespa. 

Il viceministro è sul palco. I tecnicismi che sfodera fanno girare la testa al cronista. Ma il dossier, quello della riforma fiscale, è tremendamente serio. Va seguito. “Il concordato riguarda soggetti che hanno un fatturato inferiore ai 5 milioni, è il tassello di tutta la riforma, per un nuovo approccio con i contribuenti”: Questo governo “tende la mano all’impresa corretta, senza abbassare la guardia verso chi fa evasione fiscale”. Non ci addentriamo troppo, ma insomma il concordato “sarà la chiave di volta del futuro per imprese meno strutturate”. Un modo per mettersi “a posto con il fisco”.

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Vespa lo interroga sui dazi, una “tematica che va messa in coordinamento con la global minimum tax e la web tax, già introdotta”, secondo Leo. Attendiamo la “data fatidica del 9 luglio”. Fare stime? “Troppo presto”. Leo non s’avventura, non dà i numeri se questi non sono fissi, stabili, certi. Parla anche di rottamazione, lui dice di non essere “contro”. Solo che “vediamo in che misura si può venire incontro alle esigenze di chi ha difficoltà”, senza facilitare la vita a “chi usa in modo pretestuoso rottamazione”.

Lo intercettiamo a panel concluso, mentre sfreccia verso la macchina. Da trent’anni forma le leve della Guardia di Finanza. Il suo manuale è ancora sui banchi degli ufficiali. Prorettore della Scuola superiore di economia, professore di questioni tributarie, ma anche ex direttore centrale per gli affari giuridici al Mef, prima di ottenere il rango di viceministro. Ha frequentato gli ambienti del Movimento sociale italiano, è stato eletto con l’Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, quattro legislature alla Camera, ha sposato la causa di Giorgia Meloni. Ma un tecnico era, un tecnico vuole rimanere. Se la buttiamo in politica, si ritrae. Antonio Tajani, vicepremier e segretario di Forza Italia, vuole il taglio dell’Irpef “dopo l’estate”: dal 35% al 33%, con tanto di allargamento della base fino a 60.000 euro. “Sì, l’ha detto pure Meloni”, ci mette in riga. E allora si fa? “Sì, è in linea con l’idea della maggioranza sul fisco”. Bene. “Però servono i soldi”.

Di soldi ce ne sono pochi. Potrebbero essere trovati, potrebbero spuntare. Certo, il viceministro sa che Matteo Salvini vuole la rottamazione. Quelli sì che sono tante risorse da rimediare. “Pure quello si può fare, in modo intelligente”. Come? “Si fa selezionando i soggetti che ne possono beneficiare”. Insomma, evitare una rottamazione tout court. Sarebbe una forma ridotta? “Esatto, va trovata una quadra ma questa maggioranza ci riuscirà”. L’idea, aveva già anticipato dal palco, è quella per cui “bisogna andare a vedere pure chi effettivamente si trova in una situazione difficoltà”, senza ripetere l’errore della quinta rottamazione. Altrimenti, “ci troveremo nella situazione precedente che il 50% paga, il 50% non paga…”. 

Leo, l’altro volto di Giorgetti, non si getta in slogan. Deve frenare gli appetiti dei compagni di governo, senza scontentare i leader di partito. Esulta sulla lotta all’evasione (“abbiamo recuperato 34 miliardi quest’anno”), temporeggia sul fiscal drag (“troveremo una soluzione, ci stiamo lavorando”), dà spago alla Lega e a Tajani (“vediamo, lo facciamo, cerchiamo le risorse”). Poi, se ne va. L’avventura pugliese finisce qui, tocca tornare al Mef, a scartabellare e cercare i soldi.

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