
CASERTA – Venti indagati e 26 milioni e mezzo di euro finiti sotto chiave: sono le cifre dell’inchiesta, condotta dalla guardia di finanza di Capua, che ha acceso i riflettori su un corposo giro di false fatturazioni. A far scattare l’attività investigativa è stato un controllo intrapreso dalle fiamme gialle nei confronti della Maioris C&C: esaminate le verifiche fiscali, condotte dalla Direzione provinciale di Caserta dell’Agenzia delle Entrate, i militari la identificarono come una potenziale società ‘cartiera’. Altro aspetto che insospettì gli investigatori fu la mole dei crediti d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno e per attività di ricerca e sviluppo di cui la ditta, negli anni precedenti, aveva beneficiato.
E così, con questi due campanelli d’allarme, prese il via l’inchiesta, tesa principalmente a verificare la liceità di quei crediti. E proprio durante tale lavoro sono emerse – secondo l’accusa – numerose condotte illegali. Risultato? Come detto, 20 indagati e il gip Rosaria Dello Stritto del Tribunale di S. Maria Capua Vetere che, accogliendo la richiesta della Procura, ha disposto il sequestro preventivo – eseguito ieri – delle proprietà riconducibili ad alcuni dei soggetti finiti sotto inchiesta fino al raggiungimento della cifra da capogiro già citata: 26 milioni e mezzo di euro.
Gli indagati. Ma chi sono i 20 che compiano nell’elenco degli inquisiti? Luca Cacciapuoti, di Cancello Arnone; Donato Amato, Francesco Barra, Gennaro Capasso, Cira Cesarano, Francesco Saverio Lanzaro, Giuseppe Cimmino, Simone Di Maio e Antonio Compagna, residenti nella provincia di Napoli; i casertani Maurizio Conte, Francesco Corvino, Adriana Gagliardi, Raffaele D’Abrosca, Matilde Maisto, Apollonia Lanna, Daniele Messino, Pasquale Rainone, Giuliano Russo; le laziali Valeria Sisti e Nadia Lunghi; l’irpino Antonio Vigliotti.
A loro – tutti da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile – la Procura, guidata da Pierpaolo Bruni, contesta a vario titolo i reati di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, indebite compensazioni di crediti d’imposta inesistenti, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e riciclaggio dei proventi illeciti. Nel collegio difensivo, tra i legali impegnati, figurano gli avvocati Cipriano Di Tella, Nello Sgambato, Gaetano Ambrosca e Mirella Baldascino.
Facciamo un passo indietro. Individuata la Maioris C&C come società ‘cartiera’, i successivi accertamenti – delegati dalla Procura alla Compagnia di Capua, in attuazione del protocollo investigativo in materia di reati tributari siglato tra l’autorità giudiziaria, il Comando provinciale della guardia di finanza (oggi diretto dal colonnello Nicola Sportelli) e la Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Caserta – hanno permesso, anche con l’ausilio di indagini tecniche e bancarie, di ricostruire un complesso meccanismo fraudolento. Questo meccanismo, sostiene l’accusa, consisteva nella generazione di crediti d’imposta fittizi attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e simulazioni negoziali, per consentire a soggetti terzi beneficiari di utilizzare in compensazione i crediti fittizi ricevuti da società ‘cartiere’ o prossime al fallimento, azzerando così qualsiasi onere tributario.
Il sistema ‘brevetti’ Nel presunto schema delittuoso, che avrebbe avuto Luca Cacciapuoti nel ruolo di dominus, attraverso professionisti e presunti prestanome compiacenti, le società ‘cartiere’ acquisivano brevetti inesistenti da altre società analoghe o prossime al fallimento.
Questi brevetti venivano poi utilizzati per presentare comunicazioni finalizzate alla fruizione di crediti d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno (Cim). Tali crediti, ha ricostruito l’accusa, venivano successivamente trasferiti a soggetti economici terzi tramite cessioni di rami d’azienda o emissione di fatture. Questi crediti potevano a loro volta essere utilizzati in compensazione d’imposta, consentendo l’eva- sione dei tributi.
I contributi. Nel corso dell’attività investigativa sono emerse ulteriori fattispecie di reato a carico di alcuni indagati. Tra queste, l’indebita percezione di erogazioni pubbliche, come contributi a fondo perduto a sostegno delle imprese previsti dal cosiddetto Decreto ‘Rilancio’, dal Decreto ‘Sostegni’ e dal Decreto ‘Sostegni bis’. È stata riscontrata anche l’indebita percezione dell’indennità di disoccupazione tramite l’instaurazione di un rapporto di lavoro fittizio.
Il procedimento, sfociato ieri nel decreto di sequestro preventivo, si trova nella fase delle indagini preliminari, e i 20 inquisiti sono da ritenersi innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna definitiva. La misura cautelare è stata adottata senza il contraddittorio, che avverrà innanzi al giudice terzo, il quale potrà anche valutare l’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli indagati.
CASERTA (gita) – Non solo false fatture. L’inchiesta della guardia di finanza ha portato alla luce un presunto sistema fraudolento che avrebbe consentito l’incasso di contributi a fondo perduto non spettanti, ottenuti anche attraverso l’uso di documentazione artefatta e crediti d’imposta fittizi. Al centro delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (nella foto) c’è Luca Cacciapuoti, considerato dagli inquirenti il principale regista delle operazioni contestate.
Secondo quanto emerso, Cacciapuoti avrebbe utilizzato diverse società per incassare fondi pubblici e costruire un complesso sistema di schermature societarie e finanziarie. Tra queste spicca la L.C. Elaboration, che nel 2020 avrebbe ricevuto circa 13.600 euro di contributi. Altre aziende coinvolte, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero la Oshiri Technology, la Ciquadro Srls – formalmente intestata a Daniele Messino – e la Service Doc Srls, attraverso cui sarebbero stati garantiti redditi da lavoro fittizi a Apollonia Lanna, suocera di Cacciapuoti. Dalle indagini è inoltre emerso un presunto episodio di riciclaggio legato a un’operazione immobiliare conclusa nel 2022, con l’acquisto di un fabbricato con terreno a Cancello ed Arnone. Il bene, oggi oggetto di sequestro preventivo per un valore di 157.497 euro, risulta formalmente intestato alla compagna di Cacciapuoti, Adriana Gagliardi, ma secondo l’accusa sarebbe stato acquistato con fondi illeciti. Il meccanismo ricostruito dagli investigatori prevedeva che le somme, ritenute provento di operazioni “oggettivamente inesistenti”, venissero trasferite da Cacciapuoti direttamente alla Gagliardi oppure veicolate attraverso società a lui riconducibili, come la già citata Ciquadro o la Service Doc. Tra i versamenti analizzati figurano importi rilevanti, come 25.000, 40.000 e 20.000 euro, destinati proprio all’acquisto dell’immobile. Le indagini si sono avvalse anche di intercettazioni telefoniche e servizi di osservazione, da cui sarebbe emerso l’attivo coinvolgimento di Cacciapuoti nella gestione dell’operazione.
‘Soldi sporchi’ investiti nell’acquisto di una casa
Non solo false fatture. L’inchiesta della guardia di finanza ha portato alla luce un presunto sistema fraudolento che avrebbe consentito l’incasso di contributi a fondo perduto non spettanti, ottenuti anche attraverso l’uso di documentazione artefatta e crediti d’imposta fittizi. Al centro delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (nella foto) c’è Luca Cacciapuoti, considerato dagli inquirenti il principale regista delle operazioni contestate.
Secondo quanto emerso, Cacciapuoti avrebbe utilizzato diverse società per incassare fondi pubblici e costruire un complesso sistema di schermature societarie e finanziarie. Tra queste spicca la L.C. Elaboration, che nel 2020 avrebbe ricevuto circa 13.600 euro di contributi. Altre aziende coinvolte, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero la Oshiri Technology, la Ciquadro Srls – formalmente intestata a Daniele Messino – e la Service Doc Srls, attraverso cui sarebbero stati garantiti redditi da lavoro fittizi a Apollonia Lanna, suocera di Cacciapuoti. Dalle indagini è inoltre emerso un presunto episodio di riciclaggio legato a un’operazione immobiliare conclusa nel 2022, con l’acquisto di un fabbricato con terreno a Cancello ed Arnone. Il bene, oggi oggetto di sequestro preventivo per un valore di 157.497 euro, risulta formalmente intestato alla compagna di Cacciapuoti, Adriana Gagliardi, ma secondo l’accusa sarebbe stato acquistato con fondi illeciti. Il meccanismo ricostruito dagli investigatori prevedeva che le somme, ritenute provento di operazioni “oggettivamente inesistenti”, venissero trasferite da Cacciapuoti direttamente alla Gagliardi oppure veicolate attraverso società a lui riconducibili, come la già citata Ciquadro o la Service Doc. Tra i versamenti analizzati figurano importi rilevanti, come 25.000, 40.000 e 20.000 euro, destinati proprio all’acquisto dell’immobile. Le indagini si sono avvalse anche di intercettazioni telefoniche e servizi di osservazione, da cui sarebbe emerso l’attivo coinvolgimento di Cacciapuoti nella gestione dell’operazione.
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