12 Luglio 2025
Dazi Usa al 30% per l’Ue, quali effetti sull’Italia? Dal vino ai mobili, dai gioielli ai farmaci: i settori più esposti


Con un post su Truth, Donald Trump ha pubblicato la lettera indirizzata alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, annunciando l’introduzione di nuovi dazi doganali del 30% a partire dal 1° agosto per i Paesi Ue.

Il presidente ha giustificato la decisione con «l’ampio squilibrio» commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, dovuto – secondo la sua analisi – a barriere tariffarie e non tariffarie imposte da Bruxelles. Ma cosa significa? E Quali le conseguenze per l’Italia?

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Dazi, lettera di Trump all’Ue: «Al 30% dal primo agosto. Se reagite, ogni contromisura si somma alla cifra»

Una minaccia all’export italiano

L’Italia è uno dei Paesi europei più esposti al mercato statunitense. L’export italiano verso gli USA ha superato i 64 miliardi di euro nel 2024, con un incremento del 42% rispetto al 2019. Tuttavia, l’Italia rischia ora un duro contraccolpo, soprattutto nei settori agroalimentare, farmaceutico e della meccanica, comparti chiave per il made in Italy.

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Secondo l’Istat, sono circa 3.300 le imprese italiane direttamente vulnerabili alle nuove tariffe. Tra i prodotti a rischio: vino, olio, mobili, gioielli, farmaci, macchinari ad alta tecnologia come turboreattori e componentistica meccanica di precisione.

L’impatto sui settori strategici

Il Centro Studi Confindustria evidenzia che alcuni comparti sono fortemente dipendenti dal mercato americano: il 39% delle esportazioni extra-UE di bevande è diretto verso gli USA, così come il 30,7% degli autoveicoli e dei prodotti farmaceutici. Un’analisi Svimez avverte che, anche con dazi del 20%, le esportazioni nei settori agroalimentare, chimico e farmaceutico potrebbero calare fino al 16,4%. I comparti della moda e dell’arredamento, pur essendo coinvolti, mostrerebbero invece una maggiore capacità di resistenza, con una contrazione stimata intorno al 2,6%.

Particolarmente colpito potrebbe essere il settore vinicolo: secondo Coldiretti, le nuove tariffe comporterebbero costi aggiuntivi fino a 6 milioni di euro al giorno per le cantine italiane.

Effetti regionali: Mezzogiorno più vulnerabile

L’impatto dei dazi non sarà uniforme sul territorio. Liguria, Campania, Molise e Basilicata considerano gli Stati Uniti il principale mercato di sbocco per i loro prodotti. Tuttavia, in termini assoluti, sono Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana a registrare i maggiori volumi di export oltreoceano.

Secondo la Cgia di Mestre, le regioni del Sud – in particolare Sardegna, Molise e Sicilia – potrebbero subire gli effetti più pesanti, a causa della scarsa diversificazione delle esportazioni e di una maggiore dipendenza da pochi settori trainanti.

L’export delle pmi

L’annuncio del presidente degli Stati Uniti Trump di dazi al 30% sui prodotti europei «rischia di assestare un duro colpo all’export italiano negli Usa, in particolare alle micro e piccole imprese»: è l’allarme di Confartigianato che mette in evidenza «il valore delle nostre vendite negli Usa: nei dodici mesi a fine aprile 2025 ammonta a 66,6 miliardi di euro. Di questi, ben 17,87 miliardi di euro provengono dalle piccole imprese». E avverte: «L’annuncio dei nuovi dazi arriva in un contesto già fragile: nel primo quadrimestre 2025, a fronte di una crescita complessiva dell’export verso gli Usa dell’8,2%, il comparto manifatturiero (escluso il farmaceutico) registra una contrazione del 2,6%. Le piccole imprese hanno retto grazie al buon andamento dell’alimentare (+9,3%) e della moda (+3,6%), ma risultano in flessione le esportazioni di occhialeria e gioielleria (-9,7%), prodotti in metallo (-6,8%) e mobili (-2%)”.

Le Regioni italiane «più esposte all’effetto dazi per la forte quota di export delle piccole imprese verso gli Stati Uniti», calcola Confartigianato, sono: «Lombardia: 4.419 milioni, con la moda al 45,5%. Veneto: 3.094 milioni di euro, con gioielleria e occhialeria al 56%. Toscana: 2.943 milioni, con moda (51,6%) e alimentare (21,8%). Emilia-Romagna: 1.636 milioni dominati da alimentare (52,9%) e moda (21,5%)”. A livello provinciale «l’export delle piccole imprese negli Usa è maggiore a: Firenze: 1.546 milioni, con la moda all’83,7%. Vicenza: 933 milioni di cui gioielleria (46,9%) e moda (31,6%). Belluno: 805 milioni di euro, quasi interamente legati all’occhialeria. Arezzo: 557 milioni (4,8% del Pil), gioielleria all’89,6%”.

L’analisi Cgia

I dazi al 30% superano le attese. L’introduzione da parte dell’amministrazione Trump di una tariffa doganale del 30%, si stima, in via molto prudenziale, che avrà un impatto economico sulle esportazioni italiane attorno ai 35 miliardi euro all’anno. Lo sottolinea l’Ufficio studi della Cgia che ha aggiornato le sue previsioni alla luce della lettera di Donald Trump. L’Italia ha una forte vocazione all’export verso gli Usa (nel 2024 l’importo è stato di 64,7 miliardi di euro). Gli interrogativi? I consumatori e le imprese Usa sostituiranno i beni finali e intermedi italiani con quelli autoctoni o di altri Paesi, oppure continueranno ad acquistare prodotti Made in Italy? Con i nuovi dazi, le imprese italiane riusciranno a non aumentare i prezzi di vendita, contenendo i margini di profitto? Sono domande, osserva la Cgia, di non facile dare una risposta.

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Tuttavia, la Banca d’Italia ricorda che il 43% del nostro export verso gli Usa è fatto da prodotti di qualità alta e un altro 49% di qualità media. Pertanto, sono prodotti che, verosimilmente, sono diretti ad acquirenti ad alto reddito che potrebbero rimanere indifferenti ad un eventuale aumento del prezzo. In merito al secondo interrogativo Banca d’Italia rileva che il potenziale calo della domanda Usa legato all’aumento dei prezzi dei prodotti finali potrebbe essere assorbito dalle nostre imprese attraverso una contrazione dei propri margini di profitto. Le aziende italiane che esportano negli Usa hanno una incidenza delle vendite in questo mercato «solo» del 5,5% del fatturato totale, mentre il margine operativo lordo è mediamente del 10% dei ricavi. In altre parole, sono poco esposte verso il mercato Usa ed una eventuale sua «chiusura» inciderebbe relativamente poco.

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