13 Luglio 2025
«Con Trump si deve trattare. Riportiamo in Italia le nostre fabbriche nel mondo»


«Con Trump si deve trattare fino in fondo, spero che questa dei dazi al 30% sia la sua ennesima forzatura per arrivare a un’intesa. Ma bisogna anche curare e vincere la malattia: riportare a casa le fabbriche che abbiamo aperto in giro per il mondo e tagliare le tasse per i lavoratori per aumentare i nostri consumi». Bruno Vianello, 64 anni, fondatore e proprietario di quel gioiello dell’elettronica e della diagnostica per veicoli che produce anche sofisticati sistemi e centraline per i motori elettrici che è la trevigiana Texa, cerca di affrontare la minaccia lanciata ieri dal presidente Usa con lucidità e la concretezza dell’imprenditore del Nordest: «Per noi il mercato americano vale il 10% del nostro fatturato, circa 20 milioni. E nei primi sei mesi di quest’anno sono cresciuto di un buon 20%, ero molto ottimista – spiega l’imprenditore trevigiano con presenze commerciali in Europa e Giappone per oltre mille addetti, 700 nel quartier generale di Monastier (Treviso) dive invece c’è tutta la produzione («Non ho mai voluto delocalizzare, non volevo aiutare il mio peggior nemico, se sposti una fabbrica sposti il know how», spiega) – con dazi al 30% e la svalutazione del dollaro che c’è stata gli effetti saranno pesantissimi, per la mia azienda come per il Nordest. Se verranno confermati dovrà sicuramente aumentare i prezzi nella mia filiale americana e venderò meno. Il mio cliente finale sono le officine meccaniche, sicuramente rinvieranno gli investimenti in elettronica. Bisogna che l’Europa reagisca ma senza alzare altri dazi: sarebbe come chiudere le stelle dopo che i buoi sono già scappati. Deve cambiare la politica Ue, non possiamo pensare di pagare di più i servizi di Google o Amazon».

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Cosa dovrebbero fare la Ue e l’Italia?
«Fare come Trump, cercare di riportare la produzione e le fabbriche in Europa, ridando interesse a investire in Italia. Da noi l’energia costa più che nel resto dell’Europa, non parliamo della Cina. Abbiamo uno Stato e una Ue che continuano a creare burocrazia. Dobbiamo tagliare costi per le aziende e semplificare le regole. E nel frattempo dare la possibilità alla gente di comprare di più tagliando le tasse, proprio come ha fatto Trump con la sua legge di bilancio. Da tempo hanno messo la classe operaia contro gli imprenditori, invece siamo tutti dalla stessa parte: senza fabbriche il Nordest e l’Europa muoiono».

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Certe politiche però hanno bisogno di tempo per concretizzarsi. Nel frattempo i dazi al 30% rischiano secondo la Cgia di Mestre di essere una stangata sull’export da 4 miliardi per il Veneto e un miliardo per il Friuli Venezia Giulia, 35 miliardi per l’Italia tutta. Che fare subito?
«Vero, servono anni per realizzare queste strategie e lo sa anche Trump. Nel frattempo aiuterei gli imprenditori europei a cercare nuovi sbocchi commerciali in altri Paesi. Io vendo il 75% della mia produzione in tutto il mondo e da buon imprenditore mi inventerò qualcosa anche se subirò sicuramente un calo delle vendite. Potrei anche pensare di aprire una fabbrica d’assemblaggio dei miei prodotti in Usa, come ha fatto per esempio Brembo con i suoi freni. I miei brevetti sono blindati, la ricerca e sviluppo le faccio a Monastier, ma se un’azienda mi chiedesse di assembleare negli Stati Uniti lo farei subito. Oggi nel mondo ho solo filiali commerciali e d’assistenza».

E chi produce Prosecco?
«Per loro è un bel problema, lo so. Non è che puoi spostare le nostre belle colline in Usa. Ma credo che il nostro Prosecco sia talmente buono che gli americani non ne potranno fare a meno, magari continueranno a consumarlo grazie ai tagli delle tasse di Trump. Però temo che andranno a comprare anche prodotti taroccati. Di certo alzare nuovi dazi in Europa aumenterebbe la confusione e non risolverebbe i problemi. E la Storia insegna che potrebbero diventare anche più gravi, per questo sono preoccupato».

Crede che le tensioni con gli Usa non si placheranno presto?
«Penso che ci saranno sempre più guerre commerciali nel mondo, bisogna imparare a conviverci. I nostri imprenditori del Nordest sono straordinari, saranno bravi a venirne fuori come sono stati bravi a creare un’azienda. È l’unica speranza che abbiamo perché la politica temo può fare poco. Comunque Trump le spara grosse, ma non è pazzo: fa i suoi interessi. Ma non è facile anche per loro sopravvivere senza i cinesi e l’Europa. E senza l’Italia».

Intanto però si rischia di perdere 35 miliardi di export.
«Non facciamo come Trump, non ingigantiamo i problemi. Spero che questa sia l’ennesima sparata per arrivare a un accordo. Ma rimane il problema di fondo: le fabbriche devono tornare e stare a casa nostra, se no siamo morti». 





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