
Acciaio e alluminio diventano il nuovo terreno di scontro tra Bruxelles e Washington. A partire dal 7 agosto, salvo un accordo lampo con gli Stati Uniti entro il primo del mese, l’Unione Europea attiverà controdazi sulle importazioni americane come risposta alle misure protezionistiche varate dagli Stati Uniti nei mesi scorsi. La decisione, annunciata ieri sera dalla Commissione in un documento tecnico di 257 pagine, segna l’inizio di una nuova fase di tensioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico, con effetti che rischiano di propagarsi ben oltre i settori direttamente coinvolti.
La prima tranche di tariffe – con un’aliquota del 25% – colpirà principalmente le importazioni statunitensi di acciaio e alluminio, due materiali chiave per numerose filiere industriali europee: dall’automotive all’edilizia, dall’aerospazio all’imballaggio. Bruxelles ha pianificato l’entrata in vigore in tre fasi, per consentire alle autorità doganali e alle imprese di prepararsi: 7 agosto, 7 settembre e 7 febbraio 2026, a seconda del tipo di prodotto e della sensibilità del settore coinvolto. Per prodotti agricoli come soia e mandorle, le tariffe scatteranno il 1° dicembre.
Secondo le stime più accreditate, le misure interesseranno beni per un valore complessivo di circa 93 miliardi di euro. Una cifra imponente che rende evidente la portata dell’intervento. Eppure, dietro alla fermezza istituzionale si nascondono dubbi e timori. Il rischio principale? Che a pagare il conto siano ancora una volta le imprese europee, già alle prese con i rincari dell’energia, la debolezza della domanda interna e la riorganizzazione delle catene di fornitura globali.
Se da un lato Bruxelles cerca di presentare la mossa come una legittima reazione a “misure unilaterali e discriminatorie” adottate dagli Stati Uniti, dall’altro la scelta appare come l’ultima spiaggia diplomatica prima di uno scontro più ampio. Il dialogo resta aperto: se entro il 1° agosto verrà raggiunto un compromesso – ad esempio, un’intesa temporanea con dazi reciproci al 15% – la Commissione europea sospenderà l’entrata in vigore delle misure, lasciando però i meccanismi pronti a essere riattivati in tempi rapidi.
Per ora, però, l’accordo sembra lontano. Le pressioni politiche interne agli Stati Uniti, in pieno clima pre-elettorale, e le spinte protezionistiche che attraversano anche l’Europa rendono difficile una de-escalation a breve termine.
Il rischio, sempre più concreto, è che la guerra dei dazi si trasformi in una guerra dei nervi, dove a rimetterci non saranno solo le relazioni transatlantiche, ma anche la competitività dei sistemi produttivi su entrambi i fronti.
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