2 Agosto 2025
dal porto, alle costruzioni fino all’ingegneria navale»


Marco Mandelli, Chief Corporate e Investment banking officer di Bper: la trattativa commerciale tra Stati Uniti ed Europa ha portato a una intesa di massima che prevede, al momento, dazi generalizzati del 15%, invece del 30% minacciato in precedenza dagli Usa. Come reagiranno le imprese marchigiane?

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«Abbiamo assistito a tanti avanti e indietro da parte del presidente Trump, che tratta con la pistola sul tavolo per fare pressione. Ora dobbiamo attendere la chiusura del deal. Ma le Marche hanno tutte le possibilità per affrontare questo periodo difficile. Dalla loro parte hanno un asso nella manica».

Cioè?

«Il basso indice di sostituibilità di quanto viene prodotto. Mi spiego meglio: i beni marchigiani che finiscono nel mercato Usa sono innanzitutto fatti bene. E poi, vengono fatti solo qui».

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Quindi sono forti perché insostituibili?

«Esattamente. L’alta qualità dei prodotti, garantita dal modello produttivo della regione, permette di non avere alternative competitive sul mercato, soprattutto in settori come l’agrifood o l’engineering».

Eppure l’export marchigiano non sta andando a gonfie vele.

«Le Marche hanno sofferto in questi ultimi due anni, perché sono ancora particolarmente esposte nei confronti di mercati come quello francese o tedesco. Sarebbe utile aprirsi ai bacini commerciali in espansione. A partire dal Medio Oriente, passando per i Paesi del Mercosur e arrivando fino al Sud-est asiatico».

Qual è la strategia migliore per inserirsi in questi mercati?

«La ricetta giusta non esiste. Per esempio, sono abbastanza scettico sul modello della rete di imprese, che non si è dimostrato particolarmente efficace».

Su cosa puntare allora?

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«Certamente aiuterebbe avere più aziende di dimensioni medio-grandi, come ce ne sono già di rinomate nelle Marche, con cui le micro e piccole imprese potrebbero mettersi in filiera».

In tutto questo che ruolo può giocare una banca come Bper?

«Qui abbiamo il 15% delle nostre quote di mercato. Il nostro compito è, prima di tutto, ascoltare direttamente le voci degli imprenditori sul territorio e accompagnarli nel day by day. Ma, soprattutto, dobbiamo servire da stimolo, portando proposte di soluzione ai problemi che vivono».

Che consiglio darebbe a chi vuole fare impresa nel marchigiano?

«Ad Ancona è fondamentale puntare sull’economia del mare, dall’inizio alla fine: dal porto, alle costruzioni e all’ingegneria navale, fino al retroporto. Anche perché nelle Marche non manca certo l’attenzione all’innovazione».

Da cosa lo capisce?

«La regione Marche si posiziona al quinto posto in Italia per numero di start-up innovative. In più, ho avuto modo di riscontrare una forte e proficua interconnesione con il mondo della ricerca e con quello universitario».

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