
di Giuseppe Gagliano –
L’Argentina entra ufficialmente nella fase operativa per l’ingresso nel Visa Waiver Program (VWP) degli Stati Uniti, il regime che consente viaggi turistici e d’affari senza visto per un massimo di 90 giorni. Il 28 luglio a Buenos Aires è stata firmata una dichiarazione d’intenti tra il presidente Javier Milei e il Segretario per la Sicurezza Interna USA, Kristi Noem. Un passaggio che, al di là della semplificazione burocratica, sancisce una svolta nelle relazioni bilaterali e un nuovo orientamento strategico dell’Argentina nella scacchiera americana.
Per accedere al VWP, Buenos Aires dovrà dimostrare di saper garantire controlli di frontiera avanzati, gestire i dati biometrici in modo conforme agli standard internazionali e condividere informazioni sensibili con le autorità statunitensi. In cambio, milioni di argentini potrebbero beneficiare della possibilità di viaggiare negli USA senza visto, con procedure semplificate e maggiore libertà di movimento. Ma la posta in gioco è ben più ampia: si tratta di un vero avvicinamento politico e istituzionale tra le due sponde dell’emisfero occidentale, con implicazioni economiche, tecnologiche e di sicurezza.
L’accordo rientra nella strategia di Javier Milei di posizionare l’Argentina come partner affidabile di Washington in America Latina. Un’alleanza che appare asimmetrica, ma che si basa su interessi convergenti. Per gli Stati Uniti, l’apertura ai cittadini argentini rappresenta un incentivo politico per consolidare un’area di influenza stabile nel Cono Sud, in un momento in cui l’instabilità in Venezuela, le derive autoritarie in America Centrale e la crescente penetrazione cinese e russa nel continente minano l’equilibrio regionale. Per l’Argentina, invece, è un’occasione per rafforzare legittimità internazionale, attrarre investimenti e consolidare la svolta atlantista dell’esecutivo.
La firma dell’accordo comporta anche un salto di qualità nei meccanismi di sicurezza. Washington chiede la piena collaborazione nella lotta al terrorismo, nella tracciabilità dei viaggiatori e nella protezione dei confini. Non è una fiducia automatica: l’inclusione nel VWP è subordinata a rigorosi standard e procedure di verifica multilivello. La Casa Bianca apprezza in particolare il basso tasso di permanenze irregolari degli argentini negli USA e l’impegno di Milei per un sistema di cooperazione avanzata in materia di controllo dei flussi e interoperabilità dei sistemi informatici.
L’accesso semplificato agli Stati Uniti è destinato ad avere effetti significativi sul turismo, sul commercio e sulla cooperazione universitaria. Nei primi quattro mesi del 2025, si è registrato un aumento del 25% dei viaggi di argentini verso gli USA rispetto all’anno precedente. Con la progressiva apertura del VWP, questa tendenza potrebbe consolidarsi, favorendo anche gli scambi nel settore delle startup, dell’agribusiness e della tecnologia. Ma soprattutto, il programma diventa uno strumento geopolitico di mobilità selettiva: chi entra nel VWP dimostra di essere “degno di fiducia” agli occhi degli Stati Uniti.
L’Argentina era stata esclusa dal programma nel 2002, in seguito alla crisi economica e al timore di migrazioni irregolari. Oggi, con un governo ideologicamente allineato a Washington, il ritorno nell’alveo delle “nazioni amiche” segna anche un riposizionamento identitario: integrazione con l’Occidente, distacco da visioni multipolari e progressiva marginalizzazione delle relazioni con potenze rivali degli USA. Il modello è il Cile, attualmente unico Paese sudamericano nel VWP, ma l’obiettivo è diventare interlocutore privilegiato per tutto il continente.
Il VWP, in apparenza un meccanismo tecnico, è in realtà uno strumento di selezione geopolitica. La dichiarazione d’intenti firmata da Milei e Noem rafforza un’alleanza che va oltre il turismo o i viaggi d’affari. È un’intesa che ridisegna i confini della cooperazione continentale, con l’Argentina che si propone come bastione della visione statunitense dell’ordine internazionale. Una mossa che potrà portare benefici tangibili ma che, inevitabilmente, esigerà anche maggiore allineamento strategico su tutte le grandi partite del XXI secolo.
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