La Cina investe mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro australiani — Il Globo

SYDNEY – Secondo il rapporto, Pechino ha ormai destinato più risorse al sostegno dell’industria che alla Difesa, con particolare attenzione al settore dei metalli raffinati. L’obiettivo è impedire la delocalizzazione delle imprese e sostenere la produzione nazionale.

Questa strategia ha ricadute dirette anche sull’Australia. L’aumento della competitività cinese esercita una forte pressione sui costi delle industrie locali, mettendo a rischio fino a 73mila posti di lavoro in settori come la raffinazione e la fusione dei metalli.

Un esempio emblematico è Port Pirie, nel South Australia, dove il futuro dello storico impianto di piombo è incerto. Il direttore dell’Istituto McKell, Ed Cavanough, avverte che la chiusura della fonderia potrebbe trasformare la cittadina in un “paese fantasma”, con una perdita del 11% della popolazione nel primo anno. “Il South Australia non può permettersi di perdere pilastri industriali come questo, che da generazioni sostengono intere comunità regionali”, ha dichiarato Cavanough.

Il rapporto sollecita un intervento deciso del governo federale. Tra le misure suggerite: l’acquisizione di quote societarie da parte dello Stato nelle imprese sostenute economicamente e l’obbligo di utilizzare materiali prodotti in Australia per i grandi progetti infrastrutturali.

Secondo Cavanough, “altri Paesi hanno già reagito a queste dinamiche globali. L’Australia deve rafforzare le sue capacità di raffinazione per proteggersi da future crisi economiche globali”. Il direttore ha inoltre criticato l’approccio attuale, definendolo un “gioco industriale del whack-a-mole“, dove si interviene caso per caso senza una strategia duratura.