
Mentre l’Ue si riunisce a Washington per parlare della situazione in Ucraina, gli Stati Uniti lavoravano su un altro fronte, quello economico, che sta segnando l’amministrazione Trump. La stagione dei dazi torna a colpire con forza, e stavolta l’impatto si fa sentire direttamente sui numeri e sulle catene di fornitura.
Il presidente ha deciso di allargare il raggio delle tariffe su acciaio e alluminio, raddoppiando l’imposizione al 50% ed estendendola a oltre 400 categorie di prodotti. Non solo materie prime, dunque, ma anche manufatti, macchinari industriali, ricambi auto, mobili e beni di uso comune.
Una scelta che rende ancora più difficile il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, già segnato dal calo delle esportazioni e da un surplus commerciale che si assottiglia rapidamente. Bruxelles si trova così a dover correre su due binari: da un lato limitare i danni economici, dall’altro cercare di chiudere un’intesa politica con Washington che, per ora, resta ferma al palo.
Oltre 400 nuove categorie colpite dalle tariffe Usa
Dal 18 agosto 2025 Washington ha allargato il raggio delle tariffe, applicando dazi del 50% non solo a acciaio e alluminio grezzi ma anche a centinaia di prodotti che li contengono. In totale sono 407 nuove categorie, che vanno dai seggiolini per bambini agli utensili da cucina, dai ricambi auto ai macchinari industriali, fino a turbine, gru, bulldozer e persino materiale ferroviario. L’elenco messo a punto dal Dipartimento del Commercio è quasi interamente composto da codici tecnici a dieci cifre, ed è difficile per le aziende aziende capire subito quali articoli siano coinvolti.
La misura punta a chiudere ogni possibile scappatoia, portando il valore delle importazioni colpite a circa 320 miliardi di dollari, sulla base dei dati doganali 2024. Ma l’operazione, se da un lato rafforza l’industria americana dei metalli, dall’altro rischia di avere un effetto a catena su tutta l’economia: le imprese locali stanno già aumentando i prezzi e il timore (cosa che probabilmente accadrà) è che le nuove tariffe alimentino ulteriore inflazione e complicazioni nelle catene globali.
I settori più colpiti dai dazi
A pagare più di tutti sono i comparti già nel mirino delle tariffe americane. Macchinari e veicoli hanno visto l’avanzo scendere da 21,3 a 16,4 miliardi. L’industria chimica è scivolata da 19,1 a 14,3 miliardi, mentre la voce “altri manufatti” è passata dal segno più al segno meno, trasformando un attivo di 1,9 miliardi in un rosso da 1,4.
E basta l’incertezza per frenare le catene di fornitura: a giugno, rispetto a maggio, le esportazioni extra Ue sono calate del 2,3% e le importazioni sono aumentate del 2,9%, facendo crollare il surplus mensile da 12,7 a 1,8 miliardi.
Intesa Ue-Usa ancora ferma
Il quadro politico resta ingarbugliato. L’accordo raggiunto a fine luglio da Ursula von der Leyen e Donald Trump non è ancora stata messa nero su bianco.
Sulla carta si prevedeva di abbassare i dazi sulle auto dal 27,5% al 15%, ma senza una firma resta lettera morta. Secondo il Financial Times, il blocco nasce da divergenze sulle cosiddette “barriere non tariffarie”. Washington vuole più margini per intervenire sulle regole digitali europee, in particolare sul Digital Services Act, considerato troppo rigido dalle big tech americane. Bruxelles, però, su quel terreno non intende arretrare.
Le mosse di Lindt tra Europa e Stati Uniti
Non solo acciaio e alluminio, anche il settore dolciario cerca di adattarsi al nuovo scenario commerciale. Secondo Bloomberg, anche la Lindt starebbe pensando a una doppia mossa per aggirare i dazi: portare la produzione dei celebri coniglietti dorati dall’Europa agli Stati Uniti, così da proteggere il mercato nordamericano, e allo stesso tempo riportare alcune linee oggi negli Usa in stabilimenti europei per schivare i dazi di ritorsione canadesi.
Una strategia a specchio che riguarderebbe anche le figure stagionali come i Babbo Natale di cioccolato e che, se confermata, avrebbe un valore stimato di circa 10 milioni di dollari. Per ora non ci sono comunicazioni ufficiali da parte dell’azienda, ma le indiscrezioni continuano a rimbalzare negli ambienti industriali.
C’è poi il capitolo agroalimentare, che resta tutto da scrivere. Le tariffe su vino e distillati sono ancora sospese, un’incognita pesante per l’export dei Paesi mediterranei.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link