21 Agosto 2025
Fondi attivi, tra gli azionari meno di uno su tre batte gli Etf. Ma sui bond la musica cambia: ecco perché




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Tempi duri per i gestori attivi. Che nel lungo periodo battere i rispettivi fondi-indice passivi (quindi gli Etf) fosse complesso è ormai un’evidenza conclamata, ma quello che emerge dall’ultimo barometro di Morningstar, che mette a confronto le performance di comparti attivi e passivi disponibili per gli investitori europei nel primo semestre, è che anche nel breve periodo battere il mercato è un’impresa quanto mai ardua per i money manager.

Vince meno di un gestore attivo azionario su tre

In totale, tra giugno 2024 e giugno 2025 solo il 29% dei gestori azionari attivi ha battuto le controparti passive: un dato sostanzialmente stabile rispetto al 28,8% della rilevazione dello scorso dicembre anche se, sottolinea il report, a febbraio è stato toccato un minimo del 23,1%. Questo suggerisce, spiegano i curatori dello studio, «che la prima ondata di instabilità dei mercati successiva all’insediamento di Donald Trump possa aver colpito duramente e colto molti gestori impreparati».

I dati nel lungo periodo

Le cose peggiorano – e non di poco – se si allarga l’orizzonte temporale: su un range di dieci anni solo il 13,5% dei fondi attivi ha battuto le proprie controparti passive. Si tratta di uno dei livelli più bassi toccato nell’ultimo decennio, in discesa di quasi 3 punti rispetto alla rilevazione di giugno 2024 (quando la quota era del 16,3%).

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Ovviamente questi sono dati aggregati, che non tengono in conto delle sensibili differenze tra le diverse categorie azionarie. Solo per fare un esempio, il 96% dei gestori specializzati sulle azioni dei Paesi nordici hanno battuto i rispettivi Etf nel corso dell’ultimo anno. Su un orizzonte di dieci anni si distinguono invece i money manager specializzati nei mercati azionari di Danimarca e India, vincenti nel 50% dei casi. Al contrario, i gestori specializzati in large cap americane hanno battuto gli Etf solo nel 21% dei casi nell’ultimo anno e appena del 4,4% su un orizzonte decennale.

Tra costi ed efficienza

Come regola generale, certifica Morningstar, «i gestori attivi tendono a registrare tassi di successo maggiori quanto meno cercano di riprodurre in modo fedele la capitalizzazione del mercato, o in categorie nelle quali i fondi passivi soffrono per via di iper-concentrazioni settoriali o in un numero esiguo di titoli».

A pesare sui tassi di successo nel lungo periodo c’è anche un altro fattore: i costi dei fondi. L’analisi di Morningstar viene infatti effettuata mettendo a confronto comparti attivi e passivi (anziché indici di mercato), e la performance finale viene valutata al netto delle commissioni. Nel lungo periodo l’impatto dei costi fa sì che solo uno sparuto numero di money manager attivi sia in grado di battere i rivali passivi.

Il report fa un esempio molto eloquente: «Nell’ultimo anno il tasso di successo dei gestori attivi specializzati in large cap dell’Eurozona è stato del 23,5%, in forte crescita dal 15,6% di dicembre e dal 18,8% di giugno». Ma l’impatto delle commissioni, prosegue l’analisi, «ha giocato decisamente in favore delle opzioni passive nel lungo periodo: su un orizzonte di dieci anni il tasso di successo collassa al 4,7%».

Bond, la musica cambia

Se sul versante azionario i fondi attivi fanno molta fatica ad affermarsi, le cose vanno diversamente per quanto riguarda il reddito fisso. Su un orizzonte annuo il 50,1% dei gestori attivi è riuscito a battere i rispettivi Etf: dato in forte calo rispetto al 59,4% di un anno fa, ma comunque su livelli strutturalmente elevati. Così come si mantiene su livelli elevati, ai massimi dell’ultimo decennio, il tasso di successo a tre e cinque anni, che oscilla tra il 50% e il 55%.

«L’ambiente post-pandemico, caratterizzato da una forte attività di politica monetaria, si è rivelato un terreno fertile per i gestori attivi più abili», suggerisce Morningstar, che poi prosegue: «Tuttavia, alla lunga l’impatto delle commissioni finisce per incidere: su un orizzonte di 10 anni infatti il tasso medio di successo scende al 29%, sebbene questo rappresenti uno dei livelli più alti registrati nell’ultimo decennio».

Il fattore dollaro

Tra le categorie a reddito fisso, una delle migliori performance dell’ultimo anno l’hanno messa a segno i gestori di bond governativi globali, che hanno battuto i corrispettivi Etf nel 70% dei casi. I gestori infatti, conclude lo studio, «hanno saputo sfruttare alcune strategie cosiddette di relative value (o valore relativo, ndr) per riallineare la loro esposizione geografica lontano da un dollaro americano sempre più debole». Un’opportunità che gli Etf, legati a indici di mercato, difficilmente potrebbero sfruttare a loro vantaggio. (riproduzione riservata)

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