22 Agosto 2025
Voucher da 300 euro per la banda larga: un flop annunciato


Infratel ha recentemente avviato una consultazione pubblica per introdurre nuovi voucher destinati alle famiglie, con l’obiettivo di incentivare l’adozione di abbonamenti a banda ultralarga. L’iniziativa si inserisce nel più ampio disegno nazionale di riduzione del digital divide, ma presenta criticità importanti tali da rischiare di essere non solo inefficace, ma addirittura controproducente rispetto agli obiettivi dichiarati.

Nuovi voucher banda larga alle famiglie

La proposta prevede quale condizione necessaria per ottenere il voucher l’assenza di un contratto di connettività ad almeno 30 Mbit/s in download, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata (ad. esempio FTTH, FTTC, FWA, etc…).

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300 euro

Su questo presupposto, sarà erogato – mediante uno sconto in bolletta da parte dell’operatore spalmato in due anni – un contributo di 300 euro col quale si stima di coprire per il 50% delle spese sostenute per l’attivazione di abbonamenti a servizi di connettività ad almeno 30 Mbit/s in download, compresi il canone mensile, i costi standard di installazione e l’apparecchiatura terminale di cui l’utente finale necessita per l’accesso ai servizi a banda ultra-larga.

Anche Fwa e satelliti

Va evidenziato, ed è questa una prima criticità, che sarebbero sostenibili anche le spese per connessioni FWA e satellitari (ad esempio tramite Starlink).

Inoltre, in caso di particolari casi di impedimento tecnico (KO tecnico), è previsto un ulteriore sostegno pari al 50% delle spese per gli interventi infrastrutturali interni alla proprietà dell’utente o per la realizzazione di nuove infrastrutture orizzontali o verticali (nel caso di edifici condominiali) necessari ai fini della prestazione del servizio di connettività.

L’ammontare totale

La dotazione iniziale ammonta a cinquanta milioni di euro, con possibilità di rifinanziamento fino a centoquaranta milioni previa notifica alla Commissione europea. Numeri importanti che però rischiano di essere sprecati per un’impostazione strategica profondamente sbagliata. Inoltre, la misura, con la sua dotazione minima, coprirebbe le spese di connessione per poco più di 165.000 utenti, ciò senza considerare gli importi necessari a coprire eventuali KO tecnici.

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Voucher banda larga da 300 euro? Un approccio miope

La prima perplessità riguarda l’impostazione stessa dei nuovi voucher, che ricalcano il modello già sperimentato con il contributo destinato alle famiglie con ISEE fino a 20.000 euro. Quell’esperienza, però, non ha prodotto risultati particolarmente significativi: dei 200 milioni stanziati, solo la metà è stata effettivamente utilizzata, segno che la misura non è riuscita a intercettare pienamente i bisogni dei destinatari.

Il nodo, però, è ben più profondo. La misura non interviene sulle reali barriere infrastrutturali che ancora oggi impediscono a molti utenti di accedere a una connessione in fibra, ma si limita a leggere il problema come una questione di domanda frenata dai costi degli abbonamenti. In questo modo i voucher finiscono per rappresentare uno strumento miope, privo di una visione strutturale e, soprattutto, scollegato dagli obiettivi del Piano Italia a 1 Giga.

Un errore di fondo: no cablaggio

Il primo limite strutturale riguarda proprio l’impostazione di fondo e rappresenta un errore strategico. Il contributo viene riconosciuto alle famiglie solo a condizione che sia sottoscritto un nuovo abbonamento, ma non interviene autonomamente sul cablaggio degli edifici o sulla predisposizione delle infrastrutture necessarie a rendere effettivamente disponibile la connettività ultraveloce. È un approccio completamente rovesciato: è tutto da dimostrare, anche alla luce delle precedenti esperienze, che la mancanza di un abbonamento sia davvero dovuta al costo del servizio.

Il digital divide è anagrafico

Nel 2024, secondo i dati diffusi dall’Istat nel 2025, l’86,2% delle famiglie italiane dispone di un accesso a Internet, con un incremento di 2,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente. La diffusione risulta ancora più elevata tra i nuclei in cui è presente almeno un componente di età compresa tra i 16 e i 74 anni, dove la quota raggiunge il 93,4%, un valore sostanzialmente in linea con la media dell’Unione europea a 27 (94,1%). Le differenze diventano però evidenti se si osservano le famiglie composte esclusivamente da anziani, cioè persone di 65 anni e più: in questi casi soltanto sei su dieci (60,6%) hanno una connessione domestica. All’estremo opposto, l’accesso a Internet è quasi universale tra le famiglie con almeno un minore (99,1%) e si mantiene molto elevato anche tra quelle senza figli ma non esclusivamente anziane, dove raggiunge il 94,5%.

I dati raccontano di un digital divide non più tanto geografico – tra Nord e Sud o tra aree urbane e rurali – quanto anagrafico. Nelle famiglie composte esclusivamente da anziani, poco più di sei su dieci dispongono di una connessione domestica: ciò significa che una parte consistente della popolazione over 65 resta esclusa dall’accesso ai servizi digitali. È una forma di marginalità che rischia di accentuarsi, soprattutto se si considera che sanità, pubblica amministrazione, welfare e servizi bancari si stanno spostando sempre più online.

All’opposto, la presenza di giovani rappresenta un fattore determinante: nelle famiglie con minori l’accesso a Internet è praticamente universale, mentre nelle famiglie senza figli ma con componenti non esclusivamente anziani la quota resta comunque altissima, sopra il 94%. Con altre parole, dove ci sono esigenze scolastiche, lavorative o semplicemente una maggiore familiarità con le tecnologie, la connessione non è più una scelta, ma un requisito imprescindibile della vita quotidiana.

Ma quali voucher: bisognerebbe fare alfabetizzazione digitale agli anziani

Questi dati dovrebbero suggerire una diversa direzione per le politiche pubbliche, non basta incentivare un abbonamento: occorrerebbe piuttosto, anche con il supporto degli enti del terzo settore, pensare a percorsi di alfabetizzazione digitale rivolte agli anziani almeno per l’utilizzo dei servizi più essenziali stimolando così effettivamente la domanda di connettività. Al tempo stesso, per il resto delle famiglie il tema centrale non è l’accesso, ormai garantito, ma la qualità della connessione e la sicurezza nell’utilizzo delle piattaforme digitali.

Il rischio concreto – e non trascurabile – è quello di disperdere risorse pubbliche preziose in due direzioni ugualmente problematiche. Da un lato, sostenendo con un contributo famiglie che avrebbero comunque attivato un servizio di connettività ad almeno 30 Mbit/s, senza dunque generare un reale effetto aggiuntivo. Dall’altro, finanziando connessioni richieste da chi non ne ha un bisogno effettivo o non possiede le competenze per utilizzarle, magari spinto più dalla temporanea agevolazione o dalle pressioni commerciali dei fornitori che da una reale esigenza. In entrambi i casi si rischia di tradire l’obiettivo originario della misura, trasformandola in un incentivo inefficace e privo di un autentico interesse pubblico.

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Voucher per una velocità maggiore, con fibra ottica

Il vero salto di qualità dovrebbe essere radicalmente diverso: promuovere voucher destinati agli utenti non per gli abbonamenti, ma per aumentare la qualità del servizio, in particolare superando i limiti infrastrutturali interni agli edifici per la realizzazione di reti FTTH. In altre parole, non è minimamente utile ridurre temporaneamente il costo della bolletta – tra l’altro già in Italia tra i più bassi a tra i paesi europei – ma occorre intervenire in quelle aree dove – nonostante le politiche pubbliche o il gioco della concorrenza – la fibra non è ancora arrivata per motivi infrastrutturali concreti. Solo questa sarebbe una vera politica di riduzione del digital divide, non l’ennesimo bonus che rischia di tradursi in un regalo a fondo perduto.

L’esclusione paradossale di chi ne ha più bisogno

Un altro punto profondamente problematico riguarda quindi la scelta di limitare il beneficio relativo alla parte infrastrutturale esclusivamente agli utenti privi di un contratto attivo. Questa impostazione se nasce dall’idea di allargare la base degli utenti raggiunti (mediante l’utilizzo di uno strumento che si è già dimostrato solo parzialmente efficace), rischia però di lasciare indietro proprio chi avrebbe maggiore bisogno di migliorare la qualità della connessione. Appunto quelle famiglie che secondo i dati Istat utilizzando quotidianamente Internet per esigenze scolastiche e lavorative, ma non hanno ancora accesso ad una connessione in fibra.

La realtà dei fatti è che ormai praticamente tutte le famiglie italiane hanno accesso a servizi basati su tecnologie che consentono almeno i 30 Mbit/s in download, ma ovviamente con una qualità del servizio non minimamente equiparabile alle reti FTTH. Eppure, quelle famiglie che hanno un abbonamento attivo, pur trovandosi in una condizione di digital divide “di qualità”, non potranno accedere al voucher per il semplice fatto di avere formalmente un contratto attivo.

In questo modo si crea una distorsione perversa: non si sostiene chi avrebbe davvero bisogno di fare un salto tecnologico alla fibra ottica, e così la misura perde gran parte della sua efficacia sistemica. Pensare di superare questa problematica attraverso artifici come disdette e riattivazioni a nome di conviventi non solo rappresenterebbe una complicazione burocratica inutile, ma potrebbe configurarsi come vera e propria elusione dei requisiti della misura.

In questo contesto la consultazione affronta il tema cruciale degli ostacoli tecnici che emergono sistematicamente al momento dell’attivazione. Si tratta dei cosiddetti “KO tecnici”, situazioni sempre più frequenti in cui la connessione non può essere realizzata a causa di problemi legati alle canaline obsolete, alle infrastrutture interne inadeguate degli edifici o alla necessità di realizzare nuove infrastrutture. Per questi casi specifici, il voucher prevede una copertura fino al 50% delle spese necessarie per i lavori di cablaggio interno all’utenza o di rilegamento dall’esterno.

Come già detto, si tratta di un passo drammaticamente parziale e insufficiente. La misura aggiuntiva è non solo prevista esclusivamente in mancanza di abbonamento preesistente, ma rischia di non risolvere i problemi che possono emergere nei contesti condominiali complessi, dove i costi possono lievitare in modo esponenziale e dipendere dall’ubicazione specifica dell’unità immobiliare da servire.

Tanti problemi nella misura per il voucher banda larga alle famiglie: come risolvere

La misura non appare efficiente né minimamente calibrata rispetto alle concrete esigenze di realizzazione nei contesti condominiali, dove paradossalmente una sola richiesta di connessione FTTH all’ultimo piano potrebbe teoricamente gestire le connessioni in fibra di tutti i piani inferiori. Il rischio concreto è duplice: che l’intervento non venga comunque realizzato per l’insostenibilità economica residua, oppure che si scarichino sulle famiglie spese difficilmente sostenibili, che rinuncerebbero così all’intervento, vanificando di fatto l’obiettivo stesso del voucher.

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Un modello decisamente più ambizioso e razionale potrebbe prevedere un voucher destinato esclusivamente alla realizzazione dell’infrastruttura, a favore degli utenti ma mediante l’introduzione della figura dell’”operatore di immobile”. Questo soggetto, individuato in un operatore wholesale only, fungerebbe da responsabile unico della realizzazione delle infrastrutture verticali e punto di raccordo esclusivo con tutti gli operatori di servizi. Un modello che garantirebbe maggiore efficienza economica e tecnica, evitando costose duplicazioni di lavori e assicurando che l’intervento serva strategicamente tutte le unità immobiliari di uno stesso condominio, massimizzando così l’efficienza di ogni intervento infrastrutturale all’interno dell’edificio.

In particolare, la condizione dei condomini merita un approfondimento specifico, considerando che in Italia oltre il 70% degli edifici residenziali ha più di trent’anni e gran parte della popolazione vive in condominio. Questo significa che la complessità del cablaggio non è solo tecnica, ma anche decisionale, normativa e sociale. Esistono regole che assicurano una sorta di diritto alla cablatura, ma anche norme di buon vicinato e procedure assembleari che possono complicare enormemente il processo.

La consultazione, quindi pur prevedendo un contributo per questi casi (come detto subordinato a una richiesta di nuovo abbonamento), non entra nel dettaglio delle procedure operative, lasciando aperti molti interrogativi fondamentali. Chi sarà il soggetto responsabile della richiesta? Come sarà individuato il soggetto attuatore dell’intervento? Come si garantirà l’equità nella ripartizione dei costi tra i condomini? E soprattutto, come evitare che i conflitti condominiali – purtroppo frequenti in questi contesti – blocchino completamente l’intervento?

Su questo terreno la normativa europea, con il nuovo Regolamento Gigabit, introduce strumenti importanti come il diritto di accesso alle infrastrutture fisiche interne agli edifici, ma occorrerà coordinare attentamente questi strumenti con le modalità di erogazione del voucher. Anche in questo caso sarebbe molto più efficace prevedere una misura dedicata esclusivamente alla realizzazione dell’infrastruttura, sempre affidata a un “operatore dell’immobile” che possa gestire in modo unitario e professionale tutti gli aspetti tecnici e burocratici.

Il rischio di sovrapposizioni su fondi banda larga

Non va dimenticato che negli ultimi anni lo Stato ha investito ingenti risorse pubbliche nelle aree bianche e grigie per garantire la copertura a banda ultralarga attraverso il piano BUL. Le risorse dei voucher dovrebbero quindi concentrarsi sui cosiddetti “coni d’ombra” delle aree nere che non hanno accesso alla fibra per motivi infrastrutturali specifici, evitando sovrapposizioni inefficienti con investimenti già realizzati. Di fatto questi coni d’ombra rappresentano di fatto delle “aree bianche” all’interno delle “aree nere”.

Al contrario, la misura – nella parte dedicata agli interventi infrastrutturali – rischia di trasformarsi involontariamente in un sostegno indiretto a Open Fiber, che nelle aree bianche ha spesso interrotto la posa della fibra a poche decine di metri dagli edifici. Una scelta che non costituisce una violazione della convenzione siglata dopo l’assegnazione delle gare pubbliche, ma che di fatto ha lasciato molte unità immobiliari scollegate: richiedendo necessariamente la realizzazione di un ulteriore micro-scavo di alcune decine di metri per collegare l’edificio al “tombino” più vicino, con un ulteriore aggravio di costi e oneri amministrativi (permessi, etc.) a carico dell’utente.

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In concreto, la misura – che combina un voucher da 300 euro per la sottoscrizione di abbonamenti ad almeno 30 Mbit/s con un contributo accessorio pari al 50% dei costi di realizzazione infrastrutturale, in particolare per la tratta orizzontale di adduzione mancante e per l’infrastruttura fisica multiservizio passiva – sembra finire per favorire, seppure “involontariamente”, un preciso operatore wholesale. In alcune aree, infatti, proprio grazie a questo schema – che consente il completamento della parte infrastrutturale – Open Fiber potrebbe riuscire finalmente a vendere i propri servizi agli operatori retail che hanno il rapporto diretto con l’utente finale. Come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli, e in questo caso i dettagli sollevano più di un interrogativo sulla reale neutralità della misura.

Gigabit: il contesto europeo in rapida evoluzione

Tutto questo si inserisce in un quadro normativo europeo in rapida e continua evoluzione. Con l’entrata in vigore del Regolamento Gigabit, che sostituisce la precedente direttiva sulla riduzione dei costi della banda larga, l’Unione europea ha introdotto regole molto più stringenti e ambiziose per agevolare l’installazione delle reti ad altissima capacità.

Tra le novità principali vi sono l’obbligo per gli Stati membri di garantire sportelli unici digitali per le autorizzazioni, tempi certi e ridotti per il rilascio dei permessi, il rafforzamento del diritto di accesso alle infrastrutture esistenti – comprese quelle interne agli edifici – e procedure semplificate per i lavori di scavo e installazione.

In questo contesto dinamico e competitivo, un sistema di voucher che si limiti a incentivare i contratti di abbonamento rischia di apparire francamente debole e poco integrato con le strategie europee più avanzate. Al contrario, un disegno più ambizioso e coerente, che destini il sostegno economico al solo superamento delle barriere infrastrutturali concrete, potrebbe fare davvero la differenza e accelerare la transizione verso architetture integralmente FTTH.

Voucher internet veloce: una misura da ripensare

La consultazione Infratel rappresenta dunque un’occasione preziosa per riflettere non solo sul livello del contributo o sulle procedure di richiesta, ma sull’intera strategia nazionale di sostegno alla connettività. Se l’obiettivo dichiarato è accompagnare l’Italia verso una rete integralmente in fibra, non basta limitarsi a coprire parte dei costi degli abbonamenti: occorre ripensare radicalmente la misura in modo che diventi un vero strumento di trasformazione infrastrutturale del Paese. Il rischio concreto è che la misura, così come concepita, finisca per incentivare principalmente connessioni FWA superiori ai 30 Mbit/s in download o satellitari, piuttosto che favorire la diffusione capillare della fibra. Ne deriverebbe una distorsione rispetto alla narrazione di un Paese deciso a colmare anni di ritardo digitale, obiettivo che il governo – e in particolare il sottosegretario all’Innovazione, Butti – dichiarano di voler perseguire.

Servono quindi procedure semplici e trasparenti anche per contesti condominiali complessi, un maggiore e più efficace coordinamento con le norme europee, un’attenzione specifica ai casi in cui la connessione esiste ma non è tecnologicamente adeguata, e soprattutto un disegno strategico che valorizzi la figura dell’operatore di immobile come soggetto capace di garantire efficienza tecnica ed equità economica.

Solo attraverso questo cambio di paradigma i voucher potranno trasformarsi da semplice incentivo temporaneo a vera leva strategica per la competitività digitale del Paese. L’alternativa è l’ennesima occasione mancata in un settore dove l’Italia non può più permettersi ritardi o sprechi, soprattutto quando le risorse pubbliche disponibili sono limitate e la concorrenza internazionale sempre più agguerrita.

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