
«C’è una grande rete di professionisti, ricchi di competenze acquisite, che potrebbero rientrare a Napoli perché parlano due lingue: quella dell’imprenditoria napoletana e quella della finanza internazionale. E questo è il momento giusto». Ne è convinto Umberto Lobina, origini partenopee, giovane manager a New York con McKinsey, una delle più prestigiose società di consulenza al mondo, nonché fondatore di “081 Stand for Naples”, l’associazione di under 35 napoletani neolaureati, residenti in Italia o all’estero, impegnati a promuovere lo sviluppo sociale ed economico della città e già protagonisti di una serie di iniziative.
Gli obiettivi
L’idea di Lobina è di fare breccia nel muro di indifferenza che in Campania e in tutto il Sud continua a circondare il Private Equity, «con il rischio che le aziende perdano progressivamente competitività e compromettano così il loro futuro». L’obiettivo, spiega, è di «portare la Campania al 10% degli investimenti di PE nazionale, che equivale a circa 1,3 miliardi all’anno investiti e può attivare tra i 17 mila e i 41 mila occupati addizionali ogni anno», con un ricasco significativo anche in termini di indotto.
Numeri troppo ottimistici? Nient’affatto, spiega Lobina che coglie tutta l’importanza di questa nuova fase di crescita e di attrattività di Napoli, ma al tempo stesso insiste sull’esigenza di un ulteriore salto di qualità della classe imprenditoriale. «Le politiche per massimizzare l’impatto del Private Equity – spiega – sono di concentrare gli investimenti su settori ad alto moltiplicatore (manifattura export, salute, energia, ecc.), di favorire catene di fornitura locali, rafforzare servizi avanzati (consulenza, legale, M&A) e infrastrutture; così si “trattiene” più spesa e occupazione in Campania».
Il workshop
Le condizioni oggi sembrano nettamente favorevoli. Non a caso il 27 settembre presso l’Ipe di Napoli, la Business School che forma le competenze del futuro con l’adesione di oltre 350 aziende, è in programma un workshop riservato a imprenditori con fatturato tra i 5 e i 100 milioni, nel quale verranno presentate le positive esperienze di aziende che attraverso i fondi di investimento hanno consolidato e implementato la loro attività. «Incontreremo i CEO di Caffè Borbone e di Rosso pomodoro che hanno aperto ai fondi e hanno potuto crescere ulteriormente anche sul piano internazionale.
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Ascolteremo chi, come Amedeo Giurazza, continua con Vertis a promuovere il PE con un’attenzione specifica all’area meridionale. E spiegheremo perché questa strada è fondamentale anche per affrontare i passaggi generazionali al vertice delle proprietà delle aziende, un tema troppo spesso sottovalutato dall’imprenditore ma in realtà decisivo per le sorti future della sua azienda», spiega Lobina.
Sfatare tabù
La buona notizia, come detto, è che i professionisti meridionali e campani in particolare che possono contribuire ad aprire questa nuova e sempre più imprescindibile dimensione per il sistema delle imprese, ci sono. E che i tempi sembrano molto più maturi per sfatare tabù e incertezze: Lobina ricorda non a caso che nel 2020 «si è osservato un temporaneo aumento delle operazioni nel Mezzogiorno (fino al 23% del totale) grazie al boom di investimenti early-stage e venture capital di quell’anno. Questo fenomeno – dovuto anche all’operatività di nuovi fondi pubblico-istituzionali focalizzati sulle startup – ha portato la Campania a distinguersi come seconda regione d’Italia per numero di operazioni nel 2020 (dietro solo alla Lombardia)». Un lampo, ma anche la conferma che riprovarci, soprattutto adesso, è possibile.
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