
Strade deserte, 42 gradi all’ombra, cantieri fermi all’ora di punta, centralini del 118 in tilt per i troppi malori. Fino a qualche anno fa avremmo considerato queste immagini come scene di un (brutto) film postapocalittico. Oggi sono la nuova normalità delle estati italiane in città. Ad attestarlo è il nuovo rapporto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Le due agenzie lanciano un avvertimento: il caldo estremo non è solo una minaccia per la salute, ma ha gravi ripercussioni sull’economia e sulla qualità del lavoro.
Secondo il report, aggiornato ai dati del 2023, le ondate di calore sono ormai la più grave emergenza climatica per la salute umana. A livello mondiale aumentano i casi di stress termico, disidratazione, colpi di calore e complicazioni cardiovascolari. Malattie trasmesse da vettori come zanzare e zecche si stanno spostando verso latitudini più temperate, raggiungendo aree prima considerate sicure.
L’impatto non si ferma tuttavia alle cartelle cliniche: ogni evento climatico estremo genera un costo che i sistemi sanitari e le economie nazionali devono assorbire. Ed è emergenza lavoratori, esposti a temperature disumane.
L’Italia tra i Paesi che si scaldano di più
L’Europa è il continente che si riscalda più velocemente e l’Italia è tra i Paesi più colpiti da massimi termici straordinari. Negli ultimi 20 anni si è registrato un aumento costante della frequenza e dell’intensità delle ondate di calore. Nel 2022 e nel 2023 si sono registrati picchi record con conseguenze gravi, soprattutto nelle grandi città.
Gli effetti sono tangibili:
- incremento della mortalità correlata al caldo;
- pressione sui pronto soccorso;
- peggioramento delle condizioni di vita, soprattutto per anziani e lavoratori più esposti.
L’epidemia di stress da caldo sul lavoro
Il rapporto di Oms e Omm mette in evidenza un dato chiave: troppo caldo a lavoro equivale a produttività ridotta. Nei settori outdoor, come agricoltura, edilizia e logistica, si può perdere, durante le giornate più critiche, fino al 15% delle ore effettive di lavoro.
In agricoltura, giornate di raccolta accorciate e coltivazioni compromesse significano minori rese e più costi. Nei cantieri, i lavori vengono rallentati o sospesi, con inevitabili ritardi e spese aggiuntive. Nel turismo, intere città d’arte diventano invivibili per i visitatori, mentre cresce la domanda di località montane o balneari più fresche.
E non si tratta solo dei lavori all’aperto. Anche negli uffici e nei negozi, senza una climatizzazione adeguata, lo stress da caldo incide su concentrazione e rendimento, aumentando gli errori (anche contabili) e il rischio di malori.
Il conto economico del caldo
Dietro i numeri sanitari si nasconde un conto economico pesante:
- più malattie legate al caldo significano più spese per il Servizio Sanitario Nazionale;
- le assenze per malesseri o infortuni aumentano, con un impatto diretto sulle imprese;
- la produttività cala, mentre crescono i costi indiretti legati al rallentamento di settori chiave come agricoltura e costruzioni.
In prospettiva, il rischio è che la crisi climatica non solo aggravi le disuguaglianze sociali, ma riduca la competitività del Paese.
Prevenire conviene: lo dice l’Oms
Il messaggio dell’Oms e dell’Omm è chiaro: adattarsi non è un’opzione, ma una necessità economica e sociale. Investire oggi in misure di prevenzione significa risparmiare in futuro.
Nel rapporto sullo stress da caldo, intitolato Climate change and workplace heat stress – Teechnical report and guidance:, le due agenzie propongono diverse soluzioni per limitare i danni:
- rafforzare i sistemi di allerta precoce e i piani sanitari per le ondate di calore;
- ripensare i turni di lavoro, spostando le attività più pesanti alle ore meno calde;
- aumentare il verde urbano e le infrastrutture di raffrescamento naturale per evitare le isole di calore;
- proteggere i lavoratori più esposti con dispositivi e pause adeguate.
Sono interventi che richiedono risorse, certo, ma che possono evitare costi ben maggiori legati a crisi sanitarie e perdita di produttività.
In Italia, tra i Paesi più colpiti dalla crisi climatica, sono state già messe in atto alcune misure, come la cassa integrazione per il caldo eccessivo erogata dall’Inps. Ma la risposta deve essere sistemica e coinvolgere i decisori internazionali. Al contrario, ogni nuova ondata di calore continuerà a essere percepita come un’emergenza da affrontare con strumenti speciali, spese straordinarie con fondi non allocati e, in definitiva, ancora sprechi.
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