24 Agosto 2025
la strategia del Gruppo Caffo


(Intervista a Nuccio Caffo pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)

Limbadi, provincia di Vibo Valentia. In questo piccolo centro del sud Italia si produce il Vecchio Amaro del Capo, simbolo di identità locale e prodotto di punta del Gruppo Caffo 1915. Ma dietro il marchio iconico c’è una macchina industriale che guarda lontano: Germania, Spagna, Stati Uniti, Sud America e Asia. E oltre 100 mercati esteri grazie all’acquisizione dell’azienda Cinzano da Campari Group, per un valore di 100 milioni di euro, un’operazione avviata a giugno che sarà completata a novembre.

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«Con questo accordo – racconta Nuccio Caffo, Amministratore delegato del Gruppo – acceleriamo la nostra espansione internazionale. Cinzano ha già una posizione di leadership in diversi mercati, come l’Argentina, dove copre il 70% della quota di mercato dei vermouth, e l’Australia».

Nel 2024 il gruppo ha registrato un fatturato di circa 100 milioni di euro, con un export pari al 10%, destinato a salire fino al 50% entro il 2026 grazie all’ultima integrazione. Caffo controlla cinque stabilimenti, quattro filiali estere e decine di marchi. Il Vecchio Amaro del Capo rappresenta il prodotto di punta, con una quota del 38% in GDO nel mercato nazionale degli amari e presenza in più di 70 Paesi.

«Viviamo rincorrendo i dazi – osserva Caffo – ancora oggi non è chiaro se sarà applicata un’aliquota del 15% sul nostro settore. Quel che manca è chiarezza: ci servono prospettive ferme a tre o cinque anni».

Una situazione che complica ogni pianificazione strategica. «Un dazio stabile anche al 15% è sopportabile. Il consumatore americano può sostenere un piccolo sovrapprezzo, soprattutto per prodotti di qualità del Made in Italy». Prodotti, aggiunge, «intrinsecamente non sostituibili. Gli amari sono una prerogativa italiana, così come la grappa, legata ai nostri vitigni e alle nostre tradizioni».

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L’acquisizione di Cinzano segna in questo senso un’accelerazione importante. «Abbiamo rafforzato la rete estera con nuove filiali, come quella in Spagna, e manager in Germania e negli Stati Uniti – spiega –. Operiamo dal New Jersey per seguire tutti i mercati americani. In Sud America Cinzano è molto forte: in Argentina ha il 70% del mercato del vermouth». La manovra prevede anche una nuova società dedicata e un accordo transitorio con Campari.

Eppure, anche mentre il gruppo consolida la sua proiezione internazionale, il cuore resta in Calabria. «Il nostro stabilimento di Limbadi produce circa il 40% della produzione nazionale di amaro – spiega Caffo. Solo il 5% della produzione resta in Calabria, il 95% va altrove». Una sfida logistica che resta condizionata dalla carenza infrastrutturale del Sud, anche se la vicinanza al porto di Gioia Tauro rappresenta un vantaggio competitivo soprattutto per le spedizioni via mare.

A questa base industriale si affianca un impegno costante per la sostenibilità: «Abbiamo sempre investito in questo settore per convinzione, non per marketing. Già negli anni ’50 mio nonno usava le vinacce come biomassa per alimentare le caldaie della distilleria. Oggi le conferiamo a una centrale che le trasforma in energia elettrica. Abbiamo impianti fotovoltaici da 500 kW a Limbadi e utilizziamo bottiglie con l’80% di vetro riciclato».

Infine, la governance familiare. «Siamo alla quarta generazione. Negli anni ’70 mio padre lanciò l’idea di servire l’amaro ghiacciato da freezer, soprattutto in estate, quando tutti si bevevano a temperatura ambiente: una scelta che allora fu una vera innovazione e ci permise di distinguerci anche dai colossi stranieri. Oggi, uno di quei marchi, Petrus Boonekamp, è parte del nostro gruppo».

A supporto di quell’intuizione arrivò una comunicazione di rottura: «Lo slogan diceva: “Non è olandese, né tedesco, né ungherese, ma è solamente il Vecchio Amaro di casa nostra. Vecchio Amaro del Capo, liquore d’erbe di Calabria. Ghiacciato è formidabile!”».

Con l’integrazione di Cinzano e una rete distributiva consolidata, Caffo rafforza la sua presenza globale, senza mai perdere il forte radicamento nella sua terra d’origine, la Calabria. «Dazi o non dazi, chi vuole lavorare con noi deve venire in Calabria. È da qui che nasce tutto».







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