
Dopo l’introduzione dei tappi solidali alle bottiglie, che non possono più essere separati dal contenitore, un’altra misura della direttiva europea sulla plastica monouso sta per entrare in vigore: nuove regole su riciclo ed etichettatura.
Questa misura rientra nella strategia comunitaria volta a ridurre progressivamente la produzione di rifiuti in plastica e a favorire un’economia più circolare, in cui materiali già utilizzati rientrino nel ciclo produttivo invece di finire in discarica o, peggio, dispersi nell’ambiente.
Plastica monouso: le nuove regole su riciclo ed etichettatura per il 2025
Dal 1° gennaio 2025, infatti, tutte le bottiglie di plastica fino a tre litri dovranno essere realizzate con almeno il 25% di plastica riciclata. Una quota destinata ad aumentare entro il 2030, quando la percentuale salirà al 30%.
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha chiarito, lo scorso dicembre, le modalità di calcolo. La percentuale di materiale riciclato deve essere determinata considerando l’intero peso della bottiglia, inclusi corpo, tappo ed etichetta. Non si tratta, dunque, di una valutazione limitata alla parte principale del contenitore, ma di un conteggio che coinvolge ogni elemento plastico. Inoltre, per rispettare le norme comunitarie, i produttori dovranno dichiarare in maniera trasparente la quota di riciclato presente in ciascun componente, conformemente al regolamento europeo 2022/1616 che disciplina i materiali a contatto con gli alimenti.
Questa precisazione è fondamentale perché rende più rigoroso il rispetto degli obblighi: non basterà inserire una percentuale generica di plastica riciclata nel corpo della bottiglia, ma occorrerà garantire che tutto il prodotto, compresi i dettagli apparentemente marginali, sia in linea con le prescrizioni.
Prodotti banditi dall’Unione Europea
Le misure della direttiva europea sulla plastica monouso, già recepita dall’Italia nel 2022, non si limitano a fissare obiettivi sul riciclo ma introducono veri e propri divieti. Dal luglio 2021 sono stati messi al bando alcuni articoli considerati facilmente sostituibili con alternative più sostenibili e poco costose.
Tra i prodotti vietati figurano:
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bastoncini cotonati (fatta eccezione per quelli a uso medico);
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posate, piatti e bacchette di plastica;
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cannucce monouso (con deroga per l’ambito sanitario);
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agitatori per bevande;
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aste per palloncini;
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contenitori e bicchieri in polistirene espanso;
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articoli realizzati in plastica oxo-degradabile, che si frammenta in microplastiche ma non si biodegrada davvero.
L’eliminazione dal mercato di questi oggetti ha rappresentato un primo passo concreto per ridurre la quantità di plastica usa e getta in circolazione, spingendo i produttori e i consumatori a orientarsi verso alternative riutilizzabili o biodegradabili.
Etichette obbligatorie: informare per responsabilizzare
Un altro aspetto innovativo della direttiva riguarda l’etichettatura. Alcuni prodotti devono riportare marcature standardizzate che segnalino chiaramente al consumatore tre elementi fondamentali: come smaltire correttamente il rifiuto, la presenza di plastica nel prodotto e le conseguenze negative in caso di dispersione nell’ambiente.
Questa obbligatorietà riguarda articoli di largo consumo come assorbenti, tamponi igienici e relativi applicatori, salviette umidificate, prodotti del tabacco con filtri e bicchieri monouso. Le etichette devono seguire le specifiche tecniche stabilite a livello europeo, rispettando colori, dimensioni e posizionamento ben precisi. L’obiettivo è garantire uniformità dei messaggi in tutti i Paesi membri, rendendo più immediata la comprensione da parte dei cittadini.
La responsabilità estesa del produttore
Uno dei pilastri della direttiva è la cosiddetta responsabilità estesa del produttore. In pratica, le imprese che immettono sul mercato prodotti di plastica monouso non possono più limitarsi a produrli e venderli: devono occuparsi anche della gestione dei rifiuti e dei costi legati al loro recupero e smaltimento.
Ciò significa che le aziende devono finanziare la raccolta differenziata, sostenere i processi di riciclaggio e contribuire a campagne di sensibilizzazione mirate a ridurre l’inquinamento da plastica. Gli obblighi si applicano a una vasta gamma di articoli, dai contenitori per alimenti ai pacchetti e involucri, dai bicchieri ai sacchetti leggeri, fino alle salviette, ai palloncini e ai filtri delle sigarette.
Per adempiere a queste prescrizioni, i produttori possono aderire a specifici sistemi nazionali di responsabilità estesa, che definiscono regole e costi in base alla realtà di ciascun Paese. Si tratta di un cambiamento importante perché trasferisce sulle aziende parte degli oneri finora sostenuti dalla collettività attraverso i sistemi pubblici di gestione dei rifiuti.
Una sfida per imprese e cittadini
Le nuove regole impongono dunque una trasformazione significativa sia al settore industriale sia alle abitudini dei consumatori. Per le imprese, significa investire in innovazione tecnologica, ricerca di materiali alternativi e revisione dei processi produttivi, con un impatto diretto sui costi. Alcune aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, potrebbero trovarsi in difficoltà nell’adattarsi in tempi brevi a standard così stringenti.
Per i consumatori, le conseguenze saranno più sottili ma non meno rilevanti: dall’abituarsi a nuovi tipi di imballaggi al riconoscere i simboli sulle etichette, fino ad accettare un possibile aumento dei prezzi, legato ai maggiori costi di produzione e riciclo.
Riflessione critica: tra sostenibilità e ricadute socio-economiche
La direttiva europea sulla plastica monouso rappresenta un passo avanti fondamentale per affrontare l’emergenza ambientale, ma porta con sé anche sfide e contraddizioni. Da un lato, promuove un’economia circolare e responsabilizza le imprese, chiamandole a farsi carico dell’impatto dei propri prodotti. Dall’altro, rischia di pesare in modo sproporzionato sulle piccole realtà industriali, che potrebbero non avere le risorse necessarie per sostenere i costi di adeguamento.
Sul piano sociale, le misure possono contribuire a cambiare i comportamenti dei cittadini, sensibilizzandoli verso scelte di consumo più consapevoli. Tuttavia, resta aperto il tema dell’accessibilità economica: se i prodotti alternativi o riciclati risultassero più costosi, si rischierebbe di generare una disparità tra chi può permetterseli e chi no.
In definitiva, la sfida sarà trovare un equilibrio tra obiettivi ambientali, sostenibilità economica e inclusione sociale. Le regole europee tracciano una direzione chiara, ma il loro successo dipenderà dalla capacità di governi e imprese di accompagnare cittadini e settori produttivi in questa transizione, garantendo che il peso del cambiamento non ricada soltanto sui più fragili.
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