
Giancarlo Giorgetti usa la metafora della casa. Del resto, in qualche modo, è il tema del Meeting di Rimini (“In luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”). E lo fa per dire che nei tre anni di governo, il ministero dell’Economia «lavorando in silenzio» ha costruito, metaforicamente parlando, un equilibrio dei conti pubblici su «fondamenta solide». E i risultati si cominciano a vedere. Si vedono per esempio, nel differenziale di rendimento dei titoli di Stato italiano rispetto a quello degli altri grandi Paesi europei. Roma ha praticamente riagganciato Parigi, con lo spread decennale dei Btp rispetto agli Oat francesi, si è ridotto ormai a meno di 10 punti, come non accadeva dal 2005. Così come si è ristretto a soli 80 punti il differenziale con i sicurissimi bund tedeschi. La solidità del Paese è «percepita», ha detto il ministro, «dai mercati». Anche se ancora rimane una distanza tra questa solidità percepita e quella ufficiale espressa dai «rating» delle agenzie internazionali. Certo, Standardù6Poor’s avrà pure indossato «gli occhiali rosa», come ha scritto in un report, ma di fatto l’Italia ha ancora un rating tripla B+, mentre la Francia è nella serie “A”. Ma tant’è. Tutto questo, ha aggiunto Giorgetti, ha portato «risultati positivi per le imprese, per le istituzioni finanziarie e di riflesso anche alle banche stesse». Adesso, ha aggiunto, «tutto deve tradursi in benefici per le famiglie». Un nuovo “pizzicotto” al sistema creditizio a cui il governo chiede di fare di più nell’erogazione di credito all’economia reale. Non si sono però soltanto le banche a dover fare i compiti a casa. Un secondo “pizzicotto” Giorgetti lo riserva ai fondi pensione italiani, quelli che raccolgono i contributi dei lavoratori che hanno intenzione di costruirsi una pensione integrativa.
IL PASSAGGIO
«Sarebbe importante», ha sottolineato il ministro, «che anche questi fondi di previdenza complementare finanziati con i contributi dei lavoratori guardassero più al sistema Italia che all’estero, in quelli che sono investimenti infrastrutturali di lungo periodo che danno un rendimento sicuro, non speculativo». Giorgetti fa l’esempio del fondo pensione canadese Cppb, che ha comprato una quota del 17,5 per cento della rete di Tim, nella quale partecipa lo stesso ministero dell’Economia. Se possono farlo i canadesi perché non gli italiani? Una richiesta ai fondi pensione di “fare sistema”, investire nei grandi progetti infrastrutturali avendo un rendimento sicuro sul capitale. Ed è questa una delle ragioni per le quali la previdenza complementare sarà probabilmente uno dei capitoli centrali della prossima legge di Bilancio. Il governo aiuterà i fondi, inserirà misure per aumentare la partecipazione dei lavoratori alla previdenza complementare, oggi più bassa della media europea. Ma al ministero si comincia a ragionare anche di una riforma dei regolamenti dei fondi stessi, per provare a convogliare una quota maggiore di questo risparmio previdenziale sull’economia nazionale. Il sistema della previdenza complementare in Italia è arrivato a contare 9,950 milioni di iscritti e 243 miliardi di euro di patrimonio, non è poco. Non c’è solo questo. Sul tavolo c’è anche un altro progetto per far conferire il Tfr dei dipendenti pubblici in un nuovo grande fondo pensione sempre pubblico. Il rebus da sciogliere in questo caso, è come farlo senza oneri a carico dello Stato. Si vedrà.
LA POSIZIONE
Al panel del Meeting ha partecipato, insieme a Giorgetti, anche il presidente dell’Inps Gabriele Fava, che ha ricordato come allargare la base dei lavoratori è la vera risposta all’allungamento della vita. «Più anni di vita», ha detto il presidente dell’Inps, «significano una domanda crescente di cure e una nuova sfida per l’equilibrio di chi lavora e di chi è sostenuto dal lavoro degli altri». Dunque, ha aggiunto Fava, «per garantire sostenibilità e solidarietà in un sistema in cui la forza lavoro si riduce e la domanda di protezione sociale cresce la risposta non può essere quella di ridurre le tutele o abbassare gli standard: la sfida», ha proseguito, «è quella di allargare la base di partecipazione al lavoro e al welfare».
Fava ha quindi lodato la «scelta strategica e coraggiosa (di Giorgetti, ndr) contenuta nella legge di bilancio 2025 e cioè il prolungamento dell’attività lavorativa». I dati di Eurostat, ha spiegato ancora Fava, mostrano che nei paesi europei dove la partecipazione degli over60 è più alta l’occupazione giovanile cresce, quindi non c’è un conflitto tra generazioni, ma una possibilità concreta costruire un nuovo patto tra generazioni». Le sfide poste dalla denatalità sono comunque enormi. Lo scorso anno l’Italia ha toccato il minimo storico delle nascite: solo 370 mila culle, 1,18 bambini per ogni donna. E quest’anno è iniziato ancora peggio. Nei primi sei mesi dell’anno ci sarebbero già più di una decina di migliaia di nati in meno. Alla fine si potrebbe scendere addirittura a 340-350 mila culle quest’anno. Più di un inverno demografico, una vera e propria glaciazione.Anche su questo fronte il governo promette nuovi interventi nella prossima manovra, soprattutto a favore delle mamme, sull scia di quanto già fatto con gli sgravi contributivi. Avere conti pubblici con fondamenta solide sarà d’aiuto.
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