25 Agosto 2025
il racconto di un popolo tra guerra e desiderio di vita


Una giovane nazione segnata da conflitti sistematici, crisi umanitarie e una fragilità politica persistente, ma profondamente animata da un irriducibile vitalità. È il ritratto a due facce del Sud Sudan emerso durante l’incontro “Sud Sudan: tra conflitti cronici e desiderio di vita”, promosso al Meeting di Rimini da Associazione Volontari per il Servizio Internazionale (Avsi), Servizio Promozione sostegno economico (Spse) – Conferenza episcopale italiana (Cei) e Cooperazione italiana. L’incontro ha messo in luce come il destino del Paese più giovane del mondo sia, in fondo, legato a quello di tutti. “Il desiderio è lo stesso, quello che dice bene lo slogan di questo padiglione ‘nessuna crisi è lontana’, ovvero i destini delle persone che vivono in questi paesi che ci sembrano lontani sono strettamente connessi al nostro destino personale”, ha affermato in apertura Maria Laura Conte, direttrice Comunicazione e Advocacy di Avsi. La situazione sul campo è drammatica: secondo i dati dell’Onu, su 12 milioni di abitanti, 9,3 necessitano di assistenza umanitaria, 7,7 vivono in grave insicurezza alimentare e la guerra nel vicino Sudan ha aggravato la crisi, spingendo 1,2 milioni di rifugiati nel Paese. In questo contesto, la voce della Chiesa risuona con forza attraverso le parole di S.E. Mons. Christian Carlassare, vescovo di Bentiu, da vent’anni missionario in Sud Sudan: «Ho visto un popolo che, nonostante la sofferenza, la povertà e il trauma della violenza, ha sempre saputo credere nella possibilità di vita», ha raccontato. Per il vescovo, la chiave della sopravvivenza è una sola: “In situazioni di grande povertà non si può vivere a meno che ci sia solidarietà ed è questo che tiene in piedi il popolo del Sud Sudan”.

Ferito gravemente in un agguato anni fa, monsignor Carlassare ha scelto di rimanere, spinto dal coraggio della sua gente. Oggi, la sua diocesi punta su tre pilastri fondamentali: evangelizzazione, giustizia e, soprattutto, educazione. “L’istruzione apre la capacità dei giovani di comprendere il Vangelo, di giudicare quanto sta accadendo e di cambiare le sorti del Paese”, ha spiegato, evidenziando i progetti di scuole tecniche e formazione professionale avviati con Avsi e il sostegno della Cei. La crisi alimentare resta una delle ferite più profonde. Valerie Guarnieri, Assistant Executive Director del Programma alimentare mondiale, ha lanciato un allarme severo: “Il Sud Sudan sta attraversando un periodo difficilissimo. C’è un serio rischio di carestia in due aree particolarmente vulnerabili”. L’agenzia delle Nazioni Unite assiste 4,3 milioni di persone, ma le sfide logistiche sono immense, con strade impraticabili che spesso obbligano a costosi ponti aerei per la consegna degli aiuti. Gino Barsella, già rappresentante di Avsi in Sud Sudan, ha sottolineato l’urgenza di un cambio di paradigma nell’approccio umanitario. “Dopo sessant’anni di aiuti umanitari, la popolazione era abituata a ricevere tutto. Invece, oggi è fondamentale educare all’autosufficienza”, ha affermato, citando l’importanza della scuola perché “senza educazione non si costruisce la pace”. L’impegno si traduce in progetti concreti, come la mediazione tra pastori e contadini, che trasforma i conflitti in opportunità di dialogo e sviluppo.

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Anche il mondo delle imprese italiane porta il suo contributo. Piero Petrucco, amministratore delegato di Icop Spa, ha raccontato la nascita di una scuola tecnica a Rumbek, sorta a fianco della costruzione di un ponte. “Il nostro sogno è fare della scuola un incubatore sociale, dove formazione e impresa possano camminare insieme”, ha dichiarato, mostrando come competenza tecnica e visione imprenditoriale possano generare sviluppo umano integrale. Di fronte allo scetticismo sulla reale efficacia della cooperazione, la risposta dei relatori è stata unanime. “Ogni goccia conta. Da tante gocce nasce un fiume”, ha concluso monsignor Carlassare. La cooperazione non è solo invio di risorse, ma un impegno a formare persone capaci di costruire il proprio futuro. Un cammino lungo e complesso, che richiede umiltà e realismo, ma che trova la sua forza nella resilienza di un popolo che, nonostante tutto, non smette di cercare la vita.

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