
Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, tra il 2025 e il 2029, circa 3 milioni di lavoratori italiani, pari al 12,5% della forza lavoro totale, si ritireranno dal mondo del lavoro per andare in pensione. Questa “fuga” da uffici e fabbriche rappresenta un esodo senza precedenti per l’Italia, con implicazioni dirette sulle risorse economiche e occupazionali.
La stima prevede che le regioni con la popolazione lavorativa più numerosa e un’età media più elevata saranno quelle che dovranno sostituire il maggior numero di lavoratori. Lombardia, Lazio e Veneto saranno le più coinvolte: la Lombardia, ad esempio, dovrà rimpiazzare ben 567.700 lavoratori, seguita dal Lazio con 305.000 e dal Veneto con 291.200. Al contrario, le regioni con un tasso di pensionamento più basso sono l’Umbria, la Basilicata e il Molise.
L’Invecchiamento della forza lavoro
L’Italia si trova di fronte a un significativo invecchiamento della sua forza lavoro. L’indice di anzianità dei dipendenti, che misura la proporzione di lavoratori over 55 rispetto ai dipendenti sotto i 35 anni, è di 65,2. Ciò significa che per ogni 100 dipendenti sotto i 35 anni, ce ne sono 65 sopra i 55 anni. Le regioni più colpite da questo fenomeno sono la Basilicata, la Sardegna e il Molise, mentre le regioni più giovani sono Emilia-Romagna, Campania, Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige.
Settori e professioni più colpiti
Tra i 3 milioni di lavoratori in uscita, la maggior parte (circa 2,2 milioni) è occupata nei servizi, con una forte incidenza nelle professioni legate al commercio (379.600 unità), sanità (360.800) e Pubblica Amministrazione (331.700). Anche l’industria subirà un impatto significativo, in particolare nel settore delle costruzioni, con 179.300 rimpiazzi previsti. In agricoltura, invece, si stima che circa 111.200 lavoratori andranno in pensione.
Le conseguenze economiche e sociali
Il fenomeno prefigura un cambiamento strutturale nel mercato del lavoro italiano, con possibili ripercussioni negative su economia e welfare. La Cgia sottolinea che la rapida uscita di milioni di lavoratori potrebbe mettere a rischio la stabilità del sistema previdenziale e le dinamiche occupazionali, se non si troveranno soluzioni adeguate per il ricambio generazionale.
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