
Un’analisi economica svela il costo esorbitante di leggi contorte e ambigue. L’incertezza normativa è una tassa occulta che paralizza l’Italia.
L’ordinamento giuridico italiano si fonda su un pilastro apparentemente inscalfibile, scolpito nell’articolo 5 del codice penale: l’ignoranza della legge non è una scusante. Eppure, questo principio si scontra ogni giorno con una realtà ben diversa, quella di leggi scritte male, testi normativi così contorti e nebulosi da risultare incomprensibili non solo per i comuni cittadini e le imprese, ma spesso anche per gli stessi giuristi. Questa non è una semplice questione di stile, ma un difetto sistemico che impone un costo economico enorme al Paese, una sorta di tassa non dichiarata che frena lo sviluppo e alimenta l’incertezza.
Il paradosso della legge italiana
Il principio secondo cui la legge non ammette ignoranza, “ignorantia iuris non excusat”, suona quasi come una beffa per chiunque tenti di navigare le acque agitate della legislazione italiana. Lo Stato pretende che ogni cittadino conosca le regole, ma allo stesso tempo le redige in un linguaggio oscuro, attraverso frasi interminabili, piene di incisi e rimandi normativi che trasformano la lettura in un’impresa. La reazione più comune di fronte a un testo di legge non è la comprensione, ma lo smarrimento: un “non ho capito che c’è scritto” che è la diretta conseguenza di una pessima tecnica legislativa. Questa difficoltà non riguarda solo i non addetti ai lavori; anche gli esperti di diritto si trovano spesso a dover decifrare un groviglio di norme la cui interpretazione è tutt’altro che univoca.
Chi paga il prezzo dell’incertezza normativa?
Il prezzo di questa confusione normativa è altissimo e viene pagato da tutti, ma in particolare dal tessuto produttivo del Paese. Un recente studio condotto da un gruppo di economisti ha cercato di quantificare questo danno, arrivando a una stima di svariati miliardi di euro. L’incertezza normativa agisce come un freno a mano tirato per le imprese. Come può un imprenditore pianificare investimenti a lungo termine se il quadro legale di riferimento è ambiguo e soggetto a interpretazioni mutevoli? Le leggi scritte male generano costi diretti, legati a consulenze legali sempre più necessarie, e costi indiretti, derivanti da contenziosi, ritardi e, soprattutto, dalla rinuncia a nuove iniziative imprenditoriali per paura di incorrere in sanzioni o problemi legali imprevisti. Si tratta di una vera e propria tassa occulta sulla competitività.
Perché i testi di legge sono così complessi?
La pessima qualità della scrittura delle leggi italiane è un problema strutturale che ha radici profonde. I testi sono spesso inutilmente lunghi, arzigogolati e appesantiti da un numero esorbitante di rimandi ad altre norme, creando un labirinto in cui è facile perdersi. Questa complessità non è solo un vezzo stilistico, ma il risultato di processi legislativi frettolosi e stratificati nel tempo. La conseguenza diretta è una profonda ambiguità che si ripercuote sull’intero sistema. Per i cittadini e le imprese, l’incapacità di comprendere chiaramente i propri diritti e doveri crea una sensazione di impotenza e sfiducia verso le istituzioni. Per i giudici, chiamati a interpretare e applicare queste norme, il lavoro diventa un esercizio di esegesi su testi oscuri, con il rischio concreto di decisioni difformi e di una giustizia imprevedibile.
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