25 Agosto 2025
Smart working e flessibilit� orari pi� richiesti dai lavoratori italiani rispetto a stipendi alti e benefits per ricerca Gidp


Negli ultimi anni, il panorama lavorativo italiano ha vissuto una profonda trasformazione guidata da esigenze emergenti e rinnovate modalità di organizzazione del lavoro. L’affermazione dello smart working e la crescente domanda di orari flessibili rappresentano un cambiamento radicale nei valori e nelle aspettative dei lavoratori italiani, in particolare delle nuove generazioni. Secondo la ricerca GIDP 2025, la flessibilità è ormai percepita come una premessa irrinunciabile per il benessere personale e la produttività professionale. Il percorso evolutivo che vede la centralità del bilanciamento tra vita privata e attività lavorativa riflette una società consapevole del proprio valore e desiderosa di soluzioni adattive che riflettano il senso di appartenenza e l’identità individuale.

Le priorità dei lavoratori italiani, verso smart working e orari flessibili

La recente indagine “Giovani & Lavoro”, frutto della collaborazione tra oltre 4.500 manager delle risorse umane, ha evidenziato come gli under 35 attribuiscano alle modalità di lavoro agili una posizione predominante nelle proprie priorità. I lavoratori più giovani considerano ormai la flessibilità, inclusa la possibilità di smart working, un requisito strategico, spesso superiore anche all’aspetto retributivo e ai benefit aziendali tradizionali. Questo fenomeno riflette una ridefinizione del concetto di “buon lavoro”: per molti, la possibilità di gestire tempi e luoghi di svolgimento delle mansioni consente di valorizzare la propria autonomia e di ricercare un equilibrio sostenibile tra esigenze personali e professionali.

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  • Smart working: richiesto non solo come risposta alla pandemia ma come elemento strutturale della relazione lavorativa;
  • Orari flessibili: consentono una migliore gestione delle responsabilità extraprofessionali e contribuiscono ad aumentare motivazione e performance;
  • Equilibrio vita-lavoro: viene preferito rispetto a benefit economici di breve termine, rispecchiando una sensibilità crescente rispetto al benessere psicofisico.

La ricerca GIDP 2025 lavoro rivela inoltre che nei colloqui di selezione, smart working e orari agili superano stipendio e benefit tra le richieste. Il cambiamento non si limita a fattori materiali, ma si estende all’esigenza di coerenza tra valori aziendali dichiarati e pratica quotidiana: le aspettative di autonomia, rispetto e ascolto sono sempre più evidenti, orientando la scelta verso contesti che possano offrire vera fiducia e senso di partecipazione.

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Il gap tra domanda di flessibilità e risposte delle aziende

Nonostante la crescente richiesta di smart working e modelli flessibili, il sistema produttivo nazionale mostra una risposta solo parziale. Dal rapporto GIDP emerge che la flessibilità si posiziona al quarto posto tra le offerte effettivamente garantite dalle aziende italiane, preceduta da salario, chiarezza delle mansioni e percorsi di crescita interna. Tale disallineamento segnala una disconnessione sistemica tra domanda e offerta, in cui la mentalità organizzativa fatica a tenere il passo con le aspettative di una generazione che pone al centro autonomia e auto-realizzazione.

Il divario risulta particolarmente marcato in settori più tradizionali e in imprese di minori dimensioni, dove il cambiamento delle policy organizzative è rallentato da resistenze culturali e da una visione ancora ancorata a modelli di controllo e presenza costante.


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Elemento richiesto Posizione nella domanda dei lavoratori Posizione nell’offerta aziendale
Smart Working / Orari flessibili
Retribuzione e benefit
Chiarezza delle mansioni

Questo fenomeno riflette la difficoltà strutturale delle organizzazioni ad aggiornare i propri paradigmi: investire solo su retribuzione e benefit non basta più, rendendo necessario un approccio integrato che includa politiche di work-life balance concrete, ascolto attivo e piani personalizzati di sviluppo.

Convivenza tra generazioni in azienda e aspettative diverse

Il tessuto produttivo italiano si caratterizza per una compresenza senza precedenti di almeno tre generazioni nella stessa azienda. La ricerca mostra che solo il 23,7% delle realtà ha introdotto iniziative strutturate di mentorship o interazione efficace tra profili junior e senior, nonostante il valore riconosciuto della diversità generazionale. Le divergenze di aspettative emergono non solo sulle condizioni di lavoro, ma anche su comunicazione, carriera e approccio alla tecnologia.

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  • Gli under 35 prediligono flessibilità, autonomia e un uso naturale del digitale;
  • I senior assegnano maggiore importanza a riconoscimento dell’esperienza e chiarezza dei ruoli;
  • Il dialogo intergenerazionale è spesso limitato, con il rischio di ostacolare la trasmissione del know-how e la coesione aziendale.

Le imprese riconoscono il potenziale della convivenza generazionale (il 38,2% dei manager la considera un’opportunità concreta), ma pochi implementano interventi efficaci come il reverse mentoring o la valorizzazione intenzionale delle competenze trasversali. Tale condizione determina sfide operative e culturali che impattano direttamente su produttività, engagement e clima aziendale.

Recruiting, onboarding e retention: criticità e nuove sfide per le imprese italiane

I cambiamenti nelle aspettative dei lavoratori si riflettono in misura crescente sulla complessità dei processi di selezione, inserimento e fidelizzazione dei talenti. I tradizionali canali di recruiting, come università e LinkedIn, hanno registrato un sensibile calo di efficacia, attestandosi rispettivamente al 16,9% e al 10,8% tra le preferenze aziendali nel 2025. Nessuna metodologia di selezione si impone come soluzione dominante, segnale di un mercato del lavoro in fase di profonda transizione.

La fase di onboarding, spesso trattata come formalità, necessita di una revisione orientata al coinvolgimento reale dei neoassunti. L’integrazione efficace richiede percorsi strutturati di mentoring, accompagnamento e ascolto costante per ridurre il rischio di perdita di capitale umano.

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  • Solo il 26% dei giovani non riscontra ostacoli nell’accesso al mondo aziendale;
  • Il 74% segnala difficoltà di coerenza o allineamento con le aspettative aziendali;
  • La fidelizzazione dipende dalla capacità dell’organizzazione di offrire crescita, coerenza valoriale e qualità relazionale.

La retention, infine, si conferma sfida strategica: trattenere i migliori talenti necessita di azioni mirate sulla qualità dell’ambiente lavorativo, ascolto delle esigenze individuali e percorsi di crescita tangibili, coerenti con la narrazione aziendale e l’identità organizzativa.

Soft skill e cambiamento del concetto di talento

Il concetto di talento professionale è stato ridefinito dalla crescente importanza delle soft skill rispetto alle sole competenze tecniche. La ricerca GIDP sottolinea come le aziende oggi concentrino la valutazione dei candidati sulla capacità di problem solving (26,2% tra gli under 35), creatività, adattabilità e, per i profili più esperti, leadership e autonomia decisionale.

  • Problem solving e creatività emergono tra i criteri prevalenti nella selezione;
  • Le competenze trasversali sono considerate leve decisive per affrontare l’incertezza e la complessità dei contesti lavorativi attuali;
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  • Solo l’1,5% delle organizzazioni dà priorità alle competenze tecniche specifiche, ponendo l’accento sulla capacità di agire in scenari mutevoli.

In questo contesto, la valorizzazione delle soft skill rappresenta una leva strategica per la competitività aziendale e la crescita individuale, richiedendo investimenti in formazione mirata, assessment e feedback continuativi. L’evoluzione della domanda di mercato esige figure professionali in grado di coniugare saper fare tecnico e intelligenza relazionale, favorendo sinergie interfunzionali e gestione efficace del cambiamento.

Formazione e coerenza tra offerta formativa e necessità delle imprese

Il tema dell’allineamento tra sistema formativo e fabbisogni reali delle aziende rappresenta uno dei punti più critici evidenziati dall’analisi GIDP. Il 26,2% delle imprese è costretto a formare i neoassunti, segnale di una persistente incoerenza tra contenuti scolastici/universitari e competenze richieste dal mondo del lavoro. Per il 23% delle realtà produttive, reperire diplomati tecnici preparati si rivela complesso; solo il 15% dichiara assenza di problematiche nella selezione dei junior.

I costi e i tempi di integrazione ricadono inevitabilmente sulle organizzazioni, che necessitano di partnership attive e durature con scuole e università, favorendo l’adozione di percorsi formativi con maggiore aderenza ai mutamenti tecnologici e organizzativi.

  • Scarsa reattività del sistema educativo agli aggiornamenti richiesti dal mercato;
  • Mancanza di formazione su soft skill e competenze trasversali;
  • Limitato utilizzo di strumenti come fondi interprofessionali e apprendistato evolutivo ad alta valenza pratica.

Rendere la formazione esperienza continua e coerente aiuta a costruire identità aziendale, fornendo ai giovani strumenti per riconoscersi parte attiva di una comunità produttiva orientata alla crescita reciproca.

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