25 Agosto 2025
Urbino e l’allarme sopravvivenza degli atenei. «Tra tagli ai fondi e fuga di cervelli»


URBINO Gli Atenei pubblici marchigiani sono chiamati a importanti sfide nei prossimi anni, il cui esito avrà un impatto cruciale per il sistema economico, sociale e culturale delle Marche. Tonino Pencarelli, docente UnuUrb di Economia gestione delle imprese del Dipartimento di Economia, Società, Politica è dell’idea che anche la Carlo Bo non ne sia esente, a partire dalla mancanza di fondi.

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«La riduzione in termini reali del finanziamento del sistema universitario pubblico, dovuta non solo al taglio nominale dei fondi effettuato dall’attuale governo, ma anche dall’aumento dei costi del personale e di gestione, lievitati a causa dell’inflazione, con il blocco del reclutamento di molti ricercatori precari, mette in seria difficoltà il sistema della ricerca e dell’alta formazione».

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In secondo luogo, punta il dito contro il drammatico calo demografico, «che nel 2030, si stima, porterà ad una riduzione di immatricolati di circa il 15%» aggiunge. In terzo luogo, «il consolidarsi della digitalizzazione nei processi di consumo e di produzione dei servizi informativi e formativi, circostanza che gli Atenei privati hanno saputo intercettare abilmente, anche grazie a politiche di favore dei vari governi». Come affrontare il tutto? Quali sfide per gli atenei pubblici e per Uniurb? «Agli Atenei – insiste Pencarelli – servono più fondi statali, ma anche un ruolo più attivo della Regione Marche. La futura Giunta dovrebbe accrescere il sostegno delle Università pubbliche del territorio, produttrici di conoscenza e di capitale umano qualificato».

E propone: «La Regione potrebbe lanciare progetti di ricerca e realizzare con i quattro Atenei marchigiani, coinvolgendo gli stakeholder interessati a sviluppare progetti congiunti. Tramite la gestione dei servizi per il diritto allo studio, la Regione può integrare ulteriormente le risorse statali per realizzare investimenti in residenze universitarie e per erogare borse di studio capaci di attirare più studenti di fuori regione e dall’estero». Una volta laureati, questi studenti andrebbero incentivati a restare nel territorio, ritene il professore, «favorendo processi di residenzialità di persone qualificate, preziose per la società civile e per il sistema produttivo regionale».

Serve, insomma, un patto sociale tra Università, Regione e mondo delle imprese e delle istituzioni, «incentivando le aziende e le istituzioni marchigiane affinché “adottino” laureati e poi li assumano, grazie a politiche attive del lavoro». «Gli Atenei – conclude Pencarelli – devono investire meglio e di più sui processi didattici con l’esigenza di integrare e sfruttare le tecnologie digitali e dedicando personale ad hoc (manager didattici, tutor) per ciascun corso di laurea in modo da favorire la partecipazione attiva dei giovani, in ambito sportivo, musicale, teatrale, culturale, ludico».





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