
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20284 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20284 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13879/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, SEZIONE STACCATA DI CATANIA, n. 11023/2021, depositata il 13 dicembre 2021;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 5 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, assumendo di rientrare fra i soggetti colpiti dal sisma che aveva interessato le Province della Sicilia orientale nei giorni del 13 e 16 dicembre 1990, chiedeva alla Direzione Provinciale di Catania dell’Agenzia
delle Entrate, in applicazione dell’art. 9, comma 17, della L. n. 289 del 2002, il rimborso del 90 per cento degli importi versati a titolo di IRPEG e ILOR per gli anni 1991 e 1992.
Formatosi il silenzio-rifiuto, la contribuente impugnava il diniego tacito opposto dall’Amministrazione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, la quale, con sentenza n. 11023/2021 del 13 dicembre 2021, in accoglimento dell’appello della parte privata, riconosceva alla stessa il diritto al rimborso del 90 per cento delle imposte versate per gli anni 1991 e 1992, con l’aggiunta degli interessi legali.
A fondamento della pronuncia adottata il collegio di secondo grado osservava che, a sèguito della decisione della Commissione Europea C2015/5549 del 14 agosto 2015, final , occorreva verificare se i benefici fiscali accordati ai soggetti esercenti attività d’impresa, come la RAGIONE_SOCIALE, fossero compatibili con la disciplina sugli aiuti d’importanza minore (cd. «de minimis» ) contenuta nel regolamento (UE) della Commissione Europea n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013; – in base al menzionato regolamento, l’importo massimo degli aiuti concedibili da uno Stato membro a un’impresa non poteva superare il limite di 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari; – la contribuente aveva dichiarato di non aver ricevuto alcuna agevolazione negli anni 1991-1992, né tantomeno in quelli successivi, e tale circostanza non era stata contestata dall’Amministrazione Finanziaria; -essa, pertanto, aveva diritto al rimborso invocato, poiché il beneficio fiscale accordatole ai sensi dell’art. 9, comma 17, della L. n. 289 del 2002 risultava in linea con il regime «de minimis» .
Contro questa sentenza l’ -id est : l’Agenzia delle Entrate, incorporante quella del Territorio ex
art. 23quater , comma 1, del D.L. n. 95 del 2012, convertito in L. n. 135 del 2012 – ha spiegato ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il ricorso è stato proposto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE <già RAGIONE_SOCIALE , la quale è rimasta intimata. La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 57 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente ritenuto che l’osservanza dei limiti alla concedibilità di aiuti individuali alle imprese fissati dal regolamento «de minimis» applicabile al caso di specie potesse essere validamente dimostrata mediante una semplice autocertificazione rilasciata dalla stessa contribuente.
1.2 Viene, al riguardo, obiettato che tale documento costituisce una mera dichiarazione di scienza priva di qualsiasi valenza probatoria in sede giurisdizionale, tanto più nel processo tributario in cui vige il divieto di giuramento sancito dall’art. 7, comma 4, del D. Lgs. n. 546 del 1992; in ogni caso, si soggiunge, esso non era producibile in appello, in quanto la decisione della Commissione Europea C2015/5549 del 14 agosto 2015, final , era intervenuta durante la pendenza del giudizio di primo grado, sicché fin da allora sarebbe stato possibile depositare l’autocertificazione della sussistenza delle condizioni richieste dalla predetta pronuncia unionale per la fruizione di un aiuto individuale compatibile con il regime «de minimis» .
1.3 Con altra distinta doglianza si critica la gravata decisione per non aver dichiarato inammissibile la questione relativa alla sussistenza delle condizioni di operatività del regime «de minimis» ,
per la prima volta prospettata dalla parte privata soltanto nel corso del giudizio di appello, in violazione del divieto di «ius novorum» di cui all’art. 57 del citato decreto legislativo.
1.4 E’ opportuno prendere le mosse dalla disamina del secondo profilo di censura, il quale si appalesa prioritario nell’ordine logico -giuridico, essendo volto a far valere un preteso «error in procedendo» commesso dalla Commissione regionale.
1.5 Questa specifica doglianza è infondata, risultando evidente, per un verso, come la contribuente non abbia affatto introdotto nel giudizio d’appello una domanda nuova, essendosi la stessa limitata, in quella sede, a insistere nella propria originaria istanza di rimborso del 90 per cento delle somme versate a titolo di IRPEG e ILOR negli anni 1991 e 1992; per altro verso, come la verifica della sussistenza delle condizioni richieste per l’ammissione al regime «de minimis» , imposta dalla menzionata decisione della Commissione Europea C2015/5549 del 14 agosto 2015, final , sopravvenuta nel corso del giudizio di prime cure, formasse oggetto di una questione rilevabile d’ufficio, che il collegio di secondo grado avrebbe in ogni caso dovuto affrontare ai fini della corretta decisione della vertenza.
1.6 Quanto, invece, alla questione prospettata nella prima parte del motivo, deve anzitutto rammentarsi che l’art. 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, nella versione rilevante «ratione temporis» , espressamente consente la produzione di nuovi documenti in appello.
1.7 Occorre, inoltre, tener presente che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, tale produzione è ammessa anche se i documenti erano già esistenti al momento dell’introduzione del giudizio di prime cure (cfr. Cass. n. 297/2025, Cass. n. 31758/2024, Cass. n. 33573/2022), non operando nel processo tributario la preclusione di cui all’art. 345, comma 3, c.p.c. (cfr. Cass. n. 17120/2024, Cass. n. 29470/2021, Cass. n. 7649/2020).
1.8 Per il resto, si segnala che la questione concernente la valenza probatoria dell’autocertificazione nell’àmbito dello specifico contenzioso tributario che qui viene in rilievo è stata trattata da questa Sezione nell’udienza pubblica del 10 luglio 2024, appositamente fissata ai sensi dell’art. 375, comma 1, c.p.c.
All’esito di tale udienza è stata emessa la sentenza n. 34530/2024, depositata il 27 dicembre 2024, con la quale è stato affermato il seguente principio di diritto: «In tema di rimborso di imposta previsto dalla normativa per il Sisma Sicilia 1990, in deroga alle disposizioni processuali nazionali, il contribuente è ammesso a provare mediante autodichiarazione il rispetto della disciplina de minimis, con riguardo al limite degli aiuti di Stato, fino alla data di piena funzionalità del registro centrale degli aiuti di Stato -di cui al §2 dell’art. 6 del Regolamento UE/1407/13 e all’art. 52 della l. n 234 del 2012-, individuata al 31 maggio 2017, coincidente con l’entrata in vigore del regolamento sul funzionamento del prefato registro con d.m. n. 115 del 2017» .
1.9 La soluzione giuridica recepita dal richiamato arresto giurisprudenziale è stata così argomentata: «…la prova per autocertificazione in materia di aiuti di Stato è espressamente prevista dall’art. 6, par. 2, del regolamento UE/1407/13, seppure come rimedio temporaneo in attesa dell’istituzione del registro nazionale per gli aiuti di Stato, operativo dal maggio 2017, donde può essere ammessa l’autodichiarazione di parte contribuente, in deroga al regime istruttorio generale nel processo tributario.
Più precisamente, l’art. 10 del D.M. 31/05/2017 n. 115, recante la disciplina di funzionamento del Registro nazionale (per gli) aiuti di Stato, istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi dell’art. 52 della L. 234/2012, prevede che la particolare procedura di registrazione degli aiuti di Stato ‘si applica a tutti gli aiuti individuali di cui al comma 1 i cui presupposti per la fruizione si verificano a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
regolamento e, relativamente agli aiuti fiscali, a quelli i cui presupposti per la fruizione si verificano dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017′.
Ne consegue che nel periodo precedente all’entrata in funzione del Registro nazionale per gli aiuti di Stato, l’autodichiarazione è forma probatoria consentita per dimostrare un fatto negativo, cioè non aver superato i limiti quantitativi e temporali degli aiuti di Stato, purché siano indifferenti alla concorrenza, cioè restino appunto de minimis.
In assenza di specifiche formalità indicate dal prefato regolamento comunitario, tale dichiarazione -impegnando il regime fiscale del contribuente- può essere resa anche in momento successivo alla domanda di rimborso con le forme del D.P.R. n. 445/2000, sotto la propria responsabilità penale per dichiarazioni mendaci rese alla Pubblica amministrazione, e può trovare ingresso nel processo tributario.
Ed infatti, nel caso di specie, questa deroga al regime probatorio avviene in forza di norma speciale di derivazione comunitaria, successiva alla norma generale (D. Lgs. n. 546/1992) che vieta l’ingresso dell’autocertificazione nel processo tributario, come peraltro avvenuto già in altri casi, proprio in attuazione di disposizioni puntuali e specifiche: si pensi alla convenzione ItaliaGiappone sulle doppie imposizioni (resa esecutiva con L. n. 855/1972), laddove la norma speciale precedente non è stata scalfita dalla generale successiva, secondo la disposizione di cui all’art. 14 delle disp. prel. cod. civ.; più precisamente, infatti, si è stabilito che, in tema di autocertificazione, l’art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 445 del 2000 consente l’utilizzazione delle dichiarazioni sostitutive di cui agli art. 46 e 47 anche a soggetti estranei a Paesi dell’Unione nei casi in cui la produzione avvenga in applicazione di convenzioni fra l’Italia e il Paese di provenienza del dichiarante, sicché tali autocertificazioni, allegate a domande di rimborso in
applicazione di Convenzioni con il nostro Paese (nella specie, Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Giappone del 20 marzo 1969, ratificata e resa esecutiva con L. n. 855 del 1972), hanno attitudine certificativa e probatoria (cfr. Cass. VI-5, n. 3244/2016, conforme Cass. V, n. 24287/2019).
Altresì, giova ricordare che a presidio di indebiti vantaggi mediante dichiarazioni false o mendaci si erge il disposto dell’art. 316 ter del codice penale, laddove integra e completa la disciplina di cui all’art. 640 bis dello stesso codice, dedicato alla truffa ai danni dello Stato o dell’Unione Europea, estendendo la copertura penale ben oltre la falsa dichiarazione, punendo il conseguimento di indebiti vantaggi da erogazioni pubbliche.
Tutto questo distingue sufficientemente l’autocertificazione di cui qui si tratta dalla prova scritta di provenienza del contribuente (assimilabile al giuramento), vietata dal più volte citato articolo 7, comma quarto, del D. Lgs. n. 546/1992, e dimostra la sua coerenza con il sistema eurounitario.
Infine, deve considerarsi che l’autocertificazione con assunzione di responsabilità penale è modalità e disposizione di chiusura del sistema, poiché, diversamente opinando, non vi sarebbe altra possibilità per provare il fatto negativo di non aver superato -nel triennio di competenza- il limite de minimis degli aiuti di Stato, specie quando sia richiesto in un momento successivo al termine di conservazione delle scritture contabili, com’è il caso in esame» .
1.10 La suenunciata «regula iuris» , alla quale si sono uniformate le successive pronunce sezionali (cfr., ex ceteris , Cass. n. 3455/2025, Cass. n. 10712/2025, Cass. n. 11994/2025, Cass. n. 12685/2025), deve essere qui ulteriormente ribadita.
1.11 Il primo mezzo di gravame va, pertanto, integralmente respinto.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è dedotta la .
2.1 Si sostiene che la CTR avrebbe erroneamente riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE il diritto al rimborso del 90 per cento delle imposte versate negli anni 1991 e 1992, senza che la stessa avesse dato prova della sussistenza delle condizioni richieste dal regolamento «de minimis» applicabile
2.2 Il motivo è infondato.
2.3 La CTR, richiamandosi alla decisione della Commissione Europea C2015/5549 del 14 agosto 2015, final , hanno statuito che: -«il diritto al rimborso» di parte delle imposte versate dai contribuenti colpiti dagli eventi sismici verificatasi nella Sicilia orientale nel dicembre 1990 «può essere riconosciuto anche ai soggetti che gestiscono attività d’impresa, nel caso in cui sussistano i presupposti di fatto per l’applicabilità dei regolamenti europei de minimis» ; -«il contribuente che vuole fruire del beneficio deve fornire la prova, per il rispetto del limite del de minimis, che l’ammontare totale degli aiuti ottenuto nel periodo di tre anni (decorrente dal momento dell’ottenimento del primo aiuto e comprendente qualsiasi aiuto pubblico, accordato sotto qualsiasi forma) non supera la soglia prevista nel regolamento» .
2.4 Indi, dopo aver chiarito che nel caso di specie doveva trovare applicazione il regolamento n. 1407/2013/UE, in base al quale «l’importo totale massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti da un’impresa non può superare, nell’arco di tre esercizi, la somma di euro 200.000,00» , la stessa CTR ha messo in risalto che la Merid
RAGIONE_SOCIALE aveva «dichiarato di non avere ricevuto alcuna agevolazione né negli anni 1991-1992, né negli anni successivi» , e che «la circostanza non e (ra) mai stata contestata dall’Agenzia delle Entrate» , traendone la conclusione che la prefata società avesse diritto al rimborso invocato.
2.5 Il percorso argomentativo seguìto dal collegio d’appello, pur nella sua sinteticità, risulta rispettoso dei princìpi elaborati «in subiecta materia» da questa Corte, pur con le puntualizzazioni di cui appresso.
2.6 Deve sùbito evidenziarsi che nella presente fattispecie, diversamente da quanto affermato dalla Commissione regionale, non viene in rilievo «ratione temporis» la disciplina contenuta nel regolamento comunitario n. 1407/2013/UE, entrato in vigore il 1° gennaio 2014, bensì – come già più volte precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 289/2025, Cass. n. 10716/2025, Cass. n. 12819/2025) – quella recata dal regolamento n. 69/2001/CE o altrimenti, ove l’impresa fosse stata attiva nel settore dei trasporti o della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli (circostanza non accertata dalla sentenza in scrutinio), dal regolamento n. 1998/2006/CE, applicabile in via retroattiva agli aiuti concessi anteriormente alla data della sua entrata in vigore (si vedano il considerando 18 del preambolo e l’art. 5, paragrafo 1, del testo normativo).
2.7 Ne discende che l’importo complessivo degli aiuti «de minimis» accordabili a una medesima impresa su un periodo di tre anni non poteva essere superiore, nella prima ipotesi, a 100.000 euro (ex art. 2, paragrafo 2, del regolamento n. 69/2001/CE), nella seconda, a 200.000 euro, tranne che per le imprese attive nel settore dei trasporti su strada, rispetto alle quali il limite rimaneva quello di 100.000 euro (ex art. 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1998/2006/CE).
2.8 Tanto premesso, giova rimarcare che, secondo la citata sentenza n. 34530/2024:
-l’autocertificazione richiesta al contribuente deve coprire il triennio 20012003, ovvero l’anno in cui il beneficio è stato accordato – da individuarsi nel 2003, nel corso del quale entrò in vigore (il 1° gennaio) la L. n. 289 del 2002, che all’art. 9, comma 17, fissava nella misura del 10 per cento il regime d’imposta relativo agli anni 1990-1992 – e i due precedenti;
detto periodo triennale è da valutare su base mobile, (cfr. il considerando 10 del regolamento n. 1407/2013/UE; in termini analoghi, va qui aggiunto, si esprimono il considerando 5 del regolamento n. 69/2001/CE e il considerando 9 del regolamento n. 1998/2006/CE).
2.9 Orbene, nel nostro caso, stando a quanto accertato in fatto dalla CTR, la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto il rimborso della somma di 63.946 euro, dichiarando di non aver «ricevuto alcuna agevolazione né negli anni 1991-1992 né negli anni successivi» , i quali ovviamente comprendono anche il triennio 2001-2003, visto che, a detta della stessa odierna ricorrente, l’autocertificazione è stata prodotta nel giudizio di secondo grado, iniziato nel 2018.
2.10 A fronte della constatata ricorrenza delle condizioni richieste per la concessione di un aiuto individuale all’impresa compatibile con il regolamento «de minimis» applicabile, il dispositivo della decisione adottata dalla Commissione di secondo grado risulta conforme a diritto.
Alla stregua delle svolte considerazioni, corretta nei termini dianzi illustrati la motivazione dell’impugnata sentenza, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., il ricorso deve essere respinto.
Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo la RAGIONE_SOCIALE rimasta intimata.
Non si fa luogo all’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, essendo l’Agenzia delle Entrate esentata, mediante il meccanismo della prenotazione a debito previsto in favore delle amministrazioni pubbliche ( arg. ex artt. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, e 158, comma 1, lettera a, del D.P.R. n. 115 del 2002), dal pagamento delle imposte e tasse gravanti sul processo (cfr. Cass. n. 4752/2025, Cass. n. 28204/2024, Cass. n. 27301/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link