
Si delinea la nuova manovra con più risorse in campo. Il governo alza il tiro
Il governo sta già lavorando alla prossima manovra, che dovrà nelle intenzioni dell’esecutivo prevedere alcune di quelle misure fiscali, che sono alla base del programma elettorale del centrodestra, incentrate su nuovi tagli alle tasse per il ceto medio e sostegni all’occupazione e alle imprese che investono.
Il problema è sempre però legato al reperimento delle risorse. Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’economia, è stato chiaro, malgrado l’evidente miglioramento dei conti pubblici, non esisterebbe nessun tesoretto, come qualcuno vorrebbe far credere, che possa essere impiegato nella nuova manovra di bilancio.
Ma si sa, Giorgetti ha una posizione prudente che è valsa un aumento della fiducia nel nostro paese ed una conseguente diminuzione record dello spread. Ma scorrendo bene tra le pieghe del bilancio, forse qualche sorpresa alla fine potrebbe arrivare sul fronte risorse. Tre miliardi circa, infatti, verrebbero dai risparmi sulla spesa pubblica, che ha registrato risultati record come certificato, di recente, anche dall’ università cattolica di Milano.
Il governo Meloni, infatti, si conferma come il primo per tagli alla spesa pubblica in rapporto al Pil, secondo un’analisi storica realizzata dall’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica guidato da Carlo Cottarelli. Questo risultato è principalmente attribuibile alla cessazione dei bonus edilizi, con un calo della spesa del 3,6% nel 2024.
Al contrario, il governo Conte II del 2020 registra l’aumento maggiore della spesa, soprattutto a causa della contrazione del Pil dovuta alla pandemia. Escludendo gli anni di recessione, il maggior incremento si era registrato nel 2003 durante il governo Berlusconi II.
1,2 miliardi extra sarebbero arrivati dalla gara per l’aggiudicazione del gioco del lotto (2,2 miliardi incassati a fronte del miliardo previsto, e per questo motivo, qualcuno ha suggerito di anticipare anche quella per il gratta e vinci). Mentre altri 1,6 miliardi sono quelli arrivati da quanti hanno aderito già al concordato preventivo, a cui occorre aggiungere 1,3 miliardi derivanti dalla sanatoria di quanti hanno aderito in ritardo allo stesso concordato a marzo di quest’anno.
Si tratterebbe, il condizionale è sempre d’obbligo in questi casi, di circa 8/9 miliardi di euro di risorse da utilizzare per la manovra. Le dichiarazioni del viceministro dell’economia, Maurizio Leo, al Messaggero, a metà agosto, sembrano confermare l’intenzione dell’esecutivo di varare una manovra di bilancio più “coraggiosa” e che punta ad una riduzione di tasse verso il ceto medio e a sostegni per le imprese oltre ad una nuova rottamazione ma molto più selettiva delle precedenti.
Insomma, il cantiere della manovra 2026 sembra essere pronto all’avvio, con una certezza iniziale: i mercati guardano con tranquillità al bilancio pubblico italiano, tanto che lo spread tra Italia e Francia si è oramai quasi annullato. Tre anni fa sui titoli decennali lo spread valeva 200 punti, ora è sceso anche sotto i 10 punti segnando il livello più basso dal 2005.
E minori tassi di interesse si traducono in maggiori risorse da utilizzare. C’è dunque la tenuta dei conti pubblici che mai come in questa occasione può forse permettere qualche licenza in più al governo. Da Palazzo Chigi le bocche sono cucite, anche perché l’accordo tra la premier e il suo ministro dell’economia è solidissimo e si basa su una assoluta fiducia reciproca.
Perché mai come ora sarebbe concreta la possibilità di far scendere il deficit sotto la fatidica soglia del 3% e quindi uscire dalla procedura di infrazione Ue. E poi due misure che dovrebbero rappresentare il piatto forte della Legge di Bilancio: la riduzione dell’Irpef dal 35 al 33% anche per i redditi medi fino a 60mila euro e la sterilizzazione degli ulteriori tre mesi di estensione dell’età per andare in pensione.
La “rottamazione quinquies” e il taglio dell’Irpef sul ceto medio con la conferma della misura dell’Ires premiale per le imprese che assumono e che investono, sono i pilastri di una manovra che punta a rimettere al centro famiglie e professionisti, la parte della società più esposta alla pressione fiscale ma anche più determinante per la tenuta economica.
Le prime due finanziarie del governo hanno dovuto purtroppo fare i conti con risorse limitatissime. La prima manovra è stata quasi interamente dedicata alla questione energetica con gli aiuti per il caro bollette, mentre in quella di due anni orsono, si è potuto mettere mano al taglio del cuneo fiscale, alla riduzione dell’Iva su alcuni prodotti, fino all’aumento dell’assegno unico per le famiglie, e ad alcune agevolazioni sulle assunzioni a tempo indeterminato per donne under 36.
Lo scorso anno è stata resa strutturale la riduzione del cuneo fiscale e allargata la platea della flat tax e sono state approvate maggiori deduzioni per assunzioni a tempo indeterminato di giovani, donne, lavoratori di categorie svantaggiate ed ex percettori del reddito di cittadinanza.
Misure importanti che hanno permesso di arrivare ad un record nell’occupazione e ad una buona tenuta dell’economia in un quadro internazionale tutt’altro che facile. E soprattutto senza intaccare la tenuta dei conti pubblici.
Ora senza esagerare si potrà rendere strutturale la riduzione delle tasse al ceto medio, intervenendo sul reddito disponibile. La prima misura chiave, come detto, è una nuova riduzione dell’Irpef, mirata a rafforzare il potere d’acquisto del ceto medio, la categoria che più ha sofferto l’erosione inflattiva degli ultimi anni. L’intento è stimolare i consumi interni, che rappresentano una componente fondamentale del Prodotto Interno Lordo.
Parallelamente, si fa strada l’ipotesi di una detassazione degli aumenti contrattuali. Infine, come detto il governo vuole rendere permanente la misura sperimentale, approvata con la scorsa manovra di bilancio, dell’Ires premiale per le aziende che investono e che assumono nuovo personale. L’obiettivo sarebbe quello di renderla una leva stabile per incentivare investimenti in tecnologie 4.0 e 5.0 e la crescita occupazionale.
E infine si darà con ogni probabilità conto delle richieste della Lega verso una nuova rottamazione delle cartelle fiscali, anche se più selettiva rispetto alle precedenti, che deve seguire il solco di quel nuovo rapporto meno conflittuale tra contribuente ed agenzia delle entrate, inaugurato proprio dal governo Meloni e che ha portato ad un recupero record delle entrate e dell’evasione nel 2024.
Si tratta di circa 33,4 miliardi di euro di recupero dall’evasione, il dato più alto mai incassato in un singolo anno. Infine, ma su questo non c’è ancora nulla di deciso, qualcuno ha parlato anche della possibilità di un intervento sulle pensioni, altro tema assai caro alla Lega di Salvini. La proposta, avanzata nei giorni scorsi dal sottosegretario al ministero del Lavoro, Claudio Durigon, sarebbe quella di bloccare l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Ma da parte dell’esecutivo sono stati avanzati forti dubbi, sia dal punto di vista della tenuta dei conti, cosa a cui il governo non vuole più rinunciare, e sia dal punto di vista di opportunità politica e di priorità.
Il governo Meloni è stato il primo governo dopo quello di Monti nel 2012 (con il varo della odiatissima dalla Lega riforma Fornero) a ridurre la spesa pensionistica. Sono state ridotte al minimo le uscite anticipate (da Quota 103 a Opzione donna) e, soprattutto, sono state tagliate l’indicizzazione delle pensioni più elevate con un risparmio strutturale complessivo di 4 miliardi di euro annui.
Inoltre, intervenire in questo modo sulle pensioni, sarebbe anche una mezza sconfessione della politica in materia pensionistica del centro destra (la misura dell’adeguamento all’aspettativa di vita, fu proprio introdotta durante il governo Berlusconi con la riforma Sacconi nel 2010, con Meloni ministro della gioventù). E non è affatto un caso se questa misura è anche da tempo una bandiera della Cgil di Maurizio Landini. Probabile quindi che si intervenga in maniera molto più morbida sul tema pensioni, ma per i dettagli bisognerà probabilmente aspettare il varo definitivo della manovra.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link