
Il problema è la macro-economia. Troppa incertezza per pensare “in grande”. I segnali economici, le spie, indicano una tendenza tra le imprese venete. Nonostante i tassi sui prestiti bancari si siano ridotti, anche se le condizioni di offerta sono migliori, le prospettive che intravvedono gli imprenditori restano le stesse. Troppo negative per investire, o meglio, per chiedere prestiti. Il denaro costa la metà, grazie agli otto tagli dei tassi in dodici mesi da parte della Bce, ma non basta. Si preferisce in ogni caso fare auto-finanziamento, pagare di tasca propria idee e mire espansionistiche.
L’analisi è di Confindustria Veneto Est su un campione di 460 aziende tra Pd, Tv, Ve e Ro. La presidente, Paola Carron, sottolinea che per investite occorre “il superamento dell’incertezza”, il minor peso della burocrazia e il “recupero della fiducia nel futuro”. Altri orizzonti nel mondo, quindi. I dati utili a comprendere il mood vissuto in azienda arrivano dall’Osservatorio del Credito di FinMonitor, piattaforma digitale che raccoglie aggiornamenti continui attraverso questionari statistici. Il 71 per cento delle imprese “non prevede di avere bisogno di supporto dal sistema bancario per tutto il 2025.
Quattro aziende su dieci hanno piani di investimento, ma solo in minima parte esponendosi con gli istituti di credito. meno del 32 per cento ha chiesto finanziamenti negli ultimi 18 mesi. Solide? Sì, ma anche consapevoli di “navigare a vista”, facendo slalom tra conflitti internazionali, dazi e tensioni geo-politiche. Confindustria dichiara di lavorare con le banche, ma chiede al Governo di fare la propria parte, usando con efficacia i fondi Pnrr. Un monito su tutti: sostenere il risparmio privato, per aiutare l’economia reale e interna.
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