
Dal 1° settembre prende forma una svolta normativa nel settore dei voucher alimentari, destinata ad incidere su esercizi commerciali, società emettitrici e aziende italiane. L’applicazione del limite massimo del 5% sulle commissioni che possono essere addebitate agli esercenti rappresenta uno degli interventi più rilevanti degli ultimi anni in materia di welfare aziendale.
La misura, introdotta con la Legge n. 193/2024, è stata accolta positivamente dagli operatori della ristorazione e del commercio al dettaglio, che per lungo tempo si sono trovati a fronteggiare percentuali molto superiori, impattando sensibilmente sulla redditività delle proprie attività. Le nuove disposizioni testimoniano la volontà del legislatore di riequilibrare il mercato e rendere più sostenibile l’accettazione dei voucher alimentari, portando le condizioni del settore privato in linea con quanto già implementato nella pubblica amministrazione. Sarà proprio questa uniformazione ad incidere sulla struttura stessa del sistema, con ripercussioni che toccheranno anche le relazioni contrattuali tra gli attori coinvolti.
Cos’è cambiato: la normativa su buoni pasto e commissioni dal 1° settembre
Il quadro normativo dei buoni pasto si arricchisce di una novità significativa dal 1° settembre, data in cui entra in vigore il limite massimo del 5% sulle commissioni applicate dagli operatori che emettono voucher alimentari agli esercenti convenzionati. Tale tetto, disciplinato dall’articolo 37 della Legge n. 193/2024 (cosiddetta “Legge Concorrenza 2023”), mira a garantire maggiore equilibrio e trasparenza nel mercato. In concreto, questa misura implica che tutti i nuovi contratti siglati tra esercenti e società emettitrici, a partire dalla data di applicazione, dovranno rispettare il limite percentuale imposto, includendo nel 5% tutte le voci di costo (POS, manutenzioni, servizi aggiuntivi).
Gli accordi in essere verranno adeguati entro la fine di agosto 2025, permettendo una fase di transizione graduale per consentire agli operatori di adeguare i rapporti contrattuali senza brusche interruzioni. I buoni pasto già distribuiti manterranno le condizioni precedenti fino alla fine dell’anno, per poi essere definitivamente allineati alle nuove regole.
La norma tocca sia i voucher elettronici che cartacei ed estende alla totalità del settore privato una tutela già applicata nella Pubblica Amministrazione, dove da tempo le commissioni non potevano superare il 5%. L’obiettivo esplicito è quello di ridurre le spese a carico dei commercianti e incentivare l’adesione a questo sistema di pagamento, favorendo una maggiore circolazione dello strumento e stabilendo condizioni più eque fra tutti gli attori.
I soggetti coinvolti: esercenti, società emettitrici, imprese e lavoratori
L’ambito di applicazione dei nuovi limiti interessa tutti i partecipanti della filiera dei voucher alimentari. Nello specifico, i soggetti direttamente coinvolti sono:
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Esercenti: Si tratta di bar, ristoranti, supermercati e altri punti vendita al dettaglio che accettano i buoni pasto come modalità di pagamento, posti ora nella condizione di sostenere spese più contenute per ciascuna transazione; -
Società emettitrici: Aziende, spesso multinazionali, responsabili della produzione, distribuzione e gestione dei buoni. Queste imprese si occupano anche delle relazioni contrattuali e dei flussi economici fra esercenti e imprese clienti; -
Imprese acquirenti: Sono le realtà, sia pubbliche che private, che scelgono di acquistare pacchetti di voucher da mettere a disposizione dei propri dipendenti nell’ambito dei servizi di welfare aziendale; -
Lavoratori: Dipendenti del settore pubblico e privato, oltre ad alcune categorie di lavoratori autonomi iscritti a regimi fiscali non forfettari, beneficiari finali dello strumento per acquisti alimentari.
Ciascuno di questi soggetti sperimenta effetti specifici dalla nuova normativa, sia sotto il profilo dei benefici che delle potenziali criticità, all’interno di un sistema ormai radicato nelle abitudini sociali e lavorative del Paese.
Gli effetti del tetto alle commissioni per gli esercenti
L’introduzione del limite del 5% rappresenta una risposta concreta alle istanze di ristoratori, baristi e negozianti, da sempre penalizzati da margini di intermediazione spesso pari o superiori al 15-20%. Grazie all’intervento normativo, questi operatori vedranno una drastica riduzione dei costi diretti legati alle transazioni con voucher alimentari, incrementando il margine netto su ogni vendita effettuata attraverso tale sistema.
Il beneficio atteso è duplice: da una parte un sensibile sollievo economico, con risparmi stimati fino a 400 milioni di euro annui a livello nazionale secondo le associazioni di categoria; dall’altra la possibilità per molti esercizi, prima restii a convenzionarsi a causa delle commissioni elevate, di entrare nella rete dei punti accettatori, ampliando così la platea dei soggetti che offrono il servizio.
Le nuove norme prevedono inoltre una semplificazione amministrativa e una maggiore trasparenza nella formazione dei costi, poiché i canoni per POS, manutenzione o servizi accessori devono essere inclusi nel limite massimo di spesa. È opportuno però monitorare che eventuali modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali, come l’allungamento dei tempi di rimborso, non compromettano la reale efficacia dell’intervento.
Le conseguenze per le società emettitrici, i lavoratori le imprese acquirenti
L’imposizione del tetto del 5% sulle commissioni introduce elementi di criticità per le società emettitrici, la cui marginalità si basava fino ad ora su differenze tra commissioni agli esercenti e sconti alle aziende clienti. Queste imprese dovranno necessariamente rivedere strategie commerciali e modelli di business, potenzialmente riducendo gli investimenti in tecnologia, servizi evoluti e capacità di gestione della rete di partner.
Per le imprese che acquistano i voucher a beneficio dei dipendenti, la riforma potrà determinare una revisione dei prezzi o delle condizioni contrattuali, con l’eventualità di un incremento del costo del servizio qualora le società emettitrici compensino la minore entrata da commissioni con una riduzione degli sconti. Secondo quanto segnalato da rappresentanti del settore, non è da escludere che alcune aziende scelgano di ridimensionare il valore unitario dei buoni distribuiti al personale, o di ricercare alternative al tradizionale strumento di welfare.
I cambiamenti normativi introdotti, pur non modificando direttamente le modalità di utilizzo e il valore facciale dei voucher da parte dei dipendenti, potrebbero avere conseguenze indirette di rilievo sull’esperienza delle persone beneficiarie. Se da un lato la maggiore presenza di esercenti convenzionati dovrebbe ampliare le opzioni di spesa, dall’altro vi è il rischio che la riduzione dei margini per le società emettitrici si traduca in una contrazione dei servizi per lavoratori e aziende.
Alcuni operatori del settore hanno paventato la possibilità che le aziende decidano di abbassare il valore dei benefit concessi ai dipendenti, per far fronte all’aumento dei costi oppure che si assista ad una progressiva riduzione degli standard qualitativi dell’offerta, sia dal punto di vista tecnologico sia nella gestione delle problematiche operative. Questo aspetto desta particolare attenzione nel contesto della crescente diversificazione dei sistemi di pagamento digitali e dei nuovi modelli di consumo legati alla ristorazione e alla mobilità dei lavoratori.
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