28 Agosto 2025
fare la spesa costa di più


L’accordo sui dazi tra Stati Uniti e Unione Europea, pur definito un “successo” da alcuni ambienti politici e imprenditoriali, potrebbe avere conseguenze negative per i consumatori italiani. Le nuove tariffe doganali imposte dall’amministrazione Trump, che toccano anche l’Italia, potrebbero comportare per le famiglie un aumento dei prezzi della spesa fino a 4,2 miliardi di euro l’anno.

Si tratta di un onere aggiuntivo, stimato dal Codacons, che andrebbe a sommarsi alle attuali difficoltà economiche, come l’inflazione persistente e l’aumento dei costi energetici, e che ridurrebbe ulteriormente il potere d’acquisto dei cittadini.

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Cosa c’entrano i dazi di Trump con l’aumento dei prezzi

Per comprendere l’impatto dei nuovi dazi, occorre chiarire il loro funzionamento. Le barriere tariffarie introdotte da Washington ridurranno la competitività delle esportazioni europee negli Stati Uniti, un mercato strategico per molti settori, dall’agroalimentare all’automotive.

Quindi è probabile che le imprese, vedendo diminuire i margini sui mercati esteri, tenderanno a recuperare le perdite aumentando i listini destinati al mercato interno.

Il costo delle difficoltà commerciali non ricadrà solo sulle aziende, quindi, ma verrà trasferito anche sui consumatori. Questo meccanismo, già osservato in passato in situazioni analoghe, rischia di trasformarsi in un moltiplicatore dell’inflazione, andando a pesare sul carrello della spesa e sui beni di consumo quotidiano.

I settori più colpiti: alimentare e automotive

Alcuni comparti, come quello del lusso, potranno assorbire meglio l’impatto dei dazi. I prodotti di alta gamma, infatti, hanno margini di profitto sufficienti per compensare eventuali rincari o riduzioni delle vendite.

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Diversa la situazione per settori chiave dell’economia. Per l’Italia, esportare vino, olio, pasta, formaggi e salumi negli Stati Uniti rappresenta una voce fondamentale dell’export.

I dazi del 15% ridurranno la competitività di questi prodotti, spingendo molte aziende a riversare parte dei costi aggiuntivi sul mercato interno. Il rischio è che il consumatore italiano finisca per pagare di più persino i prodotti nazionali.

L’industria dell’auto europea, e in parte quella italiana, che da tempo già subisce la concorrenza di mercati più competitivi, con l’imposizione di nuove tariffe vedrà ridurre ulteriormente le opportunità di export, con conseguenze a catena sulla produzione, sull’occupazione e sui prezzi delle vetture vendute in Europa.

L’effetto complessivo stimato è un aumento dell’inflazione italiana anche dello 0,5%. Una variazione apparentemente contenuta, ma capace di erodere in modo significativo il potere d’acquisto delle famiglie, già in difficoltà per i rincari degli ultimi anni.

Dazi, inflazione e tassi d’interesse: un mix esplosivo

Quando si parla di dazi e inflazione, un ulteriore rischio che non si può sottovalutare il possibile effetto domino sulla politica monetaria europea.

Se l’aumento dei prezzi si estendesse all’intera area euro, la Banca Centrale Europea sarebbe costretta a considerare un nuovo rialzo dei tassi di interesse, dopo una fase di attenuazione delle politiche restrittive.

Questo scenario avrebbe conseguenze molto pesanti per milioni di cittadini, ovvero:

  • chi ha acceso un mutuo a tasso variabile vedrebbe crescere ulteriormente le rate mensili;
  • le imprese, già provate dall’aumento dei costi produttivi, si troverebbero a pagare interessi più alti per i finanziamenti;
  • i consumi, motore trainante dell’economia italiana, subirebbero una nuova frenata.

La combinazione tra inflazione da dazi e possibile stretta creditizia rischia quindi di innescare un circolo vizioso che potrebbe penalizzare in modo duraturo la crescita economica.

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Non si tratta solo di dinamiche macroeconomiche, perché a essere influenzata sarà la vita quotidiana degli italiani e di tutti gli europei, dal prezzo del pane a quello della benzina, fino alle rate del mutuo.





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