
«Ho letto con attenzione le dichiarazioni del collega Giancarlo Tagliaferri (FdI) e mi preme, con il dovuto rispetto, fare alcune precisazioni basate su fatti concreti. Come consigliere di maggioranza non posso che lodare l’impegno del presidente Michele De Pascale e delle Giunte che lo hanno preceduto per le aree interne e montane. Negli ultimi anni abbiamo visto segnali positivi, frutto di politiche regionali strutturali che hanno reso l’Emilia-Romagna un modello nazionale. La nostra Regione ha mobilitato in questi anni oltre 200 milioni di euro a favore delle comunità dell’Appennino, costruendo una strategia di lungo periodo che ha saputo integrare risorse regionali, nazionali ed europee. Parliamo di interventi che vanno dalle Strategie territoriali per le aree montane e interne, che da sole hanno messo a disposizione 100 milioni di euro nel settennio 2021-2027, fino ai 25 milioni di euro destinati ai contributi a fondo perduto per la prima casa in montagna, ai 36 milioni di euro investiti per ridurre il carico fiscale delle imprese attraverso l’abbattimento dell’Irap, oltre a ulteriori 40 milioni di cofinanziamenti e risorse aggiuntive».
«I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Con i contributi fino a 30mila euro per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa, quasi 700 nuclei familiari – per la gran parte giovani coppie con figli e con un’età media poco superiore ai 30 anni – hanno potuto scegliere di vivere o restare nei comuni montani, invertendo una tendenza che sembrava irreversibile. È una misura pionieristica – spiega Albasi – che ha intercettato un bisogno reale, testimoniato anche dalle oltre 2.300 domande ammissibili ricevute. Sul fronte delle attività economiche, la Regione ha scelto di sostenere con forza chi fa impresa in Appennino. Tra il 2019 e il 2021 sono stati messi a disposizione 36 milioni di euro per la riduzione dell’Irap in 100 comuni montani, e già oltre 6mila richieste sono state accolte, con contributi erogati per 21,7 milioni di euro. Un aiuto concreto che ha significato la possibilità per commercianti, artigiani, professionisti e piccole imprese di ridurre drasticamente il peso fiscale e per le nuove attività di beneficiare addirittura dell’azzeramento dell’imposta per tre anni. In questo contesto un’attenzione particolare è stata riservata agli esercizi commerciali polifunzionali, vere e proprie botteghe di comunità che, oltre alla vendita di beni, svolgono anche funzioni di presidio sociale, offrendo servizi postali, bancari, turistici o addirittura farmaceutici. Per loro la Regione ha previsto contributi fino a 40mila euro e un doppio vantaggio fiscale, riconoscendone il ruolo strategico non solo sul piano economico ma anche su quello sociale e comunitario».
«L’attenzione è stata forte anche dal punto di vista dei servizi sanitari di prossimità. In Emilia-Romagna sono già attive 141 Case della Comunità, che diventeranno 185 entro il 2026, collocando la nostra Regione al primo posto in Italia per qualità e capillarità della rete territoriale. A questo si aggiunge la sperimentazione della figura dell’Infermiere di famiglia e di comunità, introdotta proprio a partire dalle aree interne e montane nel 2020 e oggi presente con 118 professionisti nei distretti. Si tratta di segnali concreti che vanno nella direzione di garantire diritti e servizi di pari livello a tutti i cittadini, a prescindere dal luogo in cui vivono. A questi dati si aggiunge un elemento di particolare rilievo: il contesto demografico regionale. Nel biennio 2023-2024 l’Emilia-Romagna ha registrato una crescita della popolazione dello 0,30%, con 13.540 residenti in più al primo gennaio 2024 e un totale di 4.473.570 abitanti. È un dato che distingue la nostra Regione positivamente nel panorama nazionale e che trova conferma anche nelle aree montane».
«Nel corso del 2023 infatti si è registrata una variazione positiva del numero di residenti in 222 comuni su 330, compresi diversi territori appenninici che, dopo decenni di calo, stanno mostrando segnali di stabilizzazione o addirittura di lieve crescita. Un fenomeno legato anche e soprattutto alle politiche regionali che hanno reso più attrattivo vivere in montagna. È vero che il saldo naturale rimane negativo, ma è altrettanto vero che la dinamica migratoria è positiva e compensa le perdite, con un bilancio che restituisce la fotografia di territori che hanno smesso di declinare e hanno ricominciato ad attrarre. Le proiezioni demografiche al 2042 ci dicono che, se proseguirà questa traiettoria, le perdite nelle aree montane saranno molto contenute, in alcuni distretti addirittura sotto le cinque unità. Si tratta di un’inversione di tendenza significativa, che dimostra come le politiche regionali stiano già producendo effetti concreti nel contrasto allo spopolamento».
«Mentre l’Emilia-Romagna investe e innova, il quadro nazionale appare purtroppo ben diverso. Il recente Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, così come aggiornato dal Governo, considera infatti lo spopolamento come un processo irreversibile da accompagnare e non come una sfida da contrastare. È lo stesso documento che ha spinto la Conferenza Episcopale Italiana, con la sottoscrizione di 139 tra Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, a lanciare un appello forte e inequivocabile. Nella loro lettera aperta i Vescovi parlano di un vero e proprio “suicidio assistito” dei territori, denunciando l’idea di una “morte felice” delle comunità interne, un approccio inaccettabile che tradisce il dovere costituzionale di garantire coesione e sviluppo equilibrato del Paese».
«La loro presa di posizione è di fatto una mozione di sfiducia verso le politiche nazionali. Quando i Vescovi parlano di “cambio di rotta radicale”, stanno chiedendo l’abbandono di una strategia che rassegna interi territori a un destino di abbandono. E non a caso la proposta di legge n. 8075 che l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ha inviato alle Camere va esattamente in questa direzione. Con quella proposta si chiede l’introduzione di una fiscalità di vantaggio vera ed efficace per le aree montane, con misure come crediti d’imposta, deduzioni, agevolazioni Iva e incentivi per attrarre professionisti, famiglie e imprese. È lo strumento giusto, ma la competenza è del Parlamento e non delle Regioni».
«Per questo, se il collega Tagliaferri condivide fino in fondo l’appello dei Vescovi, deve essere consapevole che sta implicitamente criticando il Governo guidato dalla sua stessa forza politica. Non si può stare contemporaneamente con chi denuncia il “suicidio assistito” dei territori e con chi ha scritto un Piano che ne sancisce la rassegnazione. È una contraddizione politica che va sciolta con chiarezza e coerenza. Noi continueremo a fare la nostra parte, nel rispetto delle competenze costituzionali, investendo risorse, costruendo servizi e garantendo opportunità concrete a chi vive in montagna. Ma senza una fiscalità di vantaggio nazionale gli sforzi delle Regioni non possono bastare. La montagna non ha bisogno di polemiche sterili, ma di responsabilità e di scelte coraggiose. Davanti a due visioni opposte – quella della rassegnazione governativa e quella della speranza concreta – l’Emilia-Romagna ha già scelto da che parte stare».
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