1 Settembre 2025
la visione del presidente degli industriali marchigiani


Agroalimentare, mobile, cappello, abbigliamento, calzature, artigianato e fisarmonica, sono solo alcune delle eccellenze, frutto dell’ingegno produttivo di un territorio che ha saputo unire tradizione e know how. Un orgoglio che travalica i confini nazionali. Ma il brand Made in Italy ha ancora un valore autentico o è solo una ‘etichetta’? Ne parliamo con Roberto Cardinali presidente di Confindustria Marche.

Roberto Cardinali, presidente di Confindustria Ancona

«Il brand Made in Italy è un valore perché è riconosciuto come espressione di una identità, del nostro saper fare, del gusto, del bello e del ben fatto. Ma bisogna lavorare in squadra, istituzioni e imprese, per mantenere nel tempo la percezione di questo valore in un mercato che evolve rapidamente, in cui entrano nuovi players, cambiano le tecnologie e i valori, cambiano i bisogni e il modo di percepire i prodotti da parte dei consumatori. Non ci possiamo fermare ai successi del passato e del presente».

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Questo brand in America riuscirà ad essere più forte dei dazi? «I dati Eurostat a Giugno 2025, su base annua, ci dicono che l’export europeo verso gli USA cala mentre quello italiano segna una performance positiva. Un dato da monitorare nel tempo ma che fa ben sperare sulla capacità del nostro sistema Paese di superare lo scoglio dei dazi. Certamente non sarà una operazione a costo zero perché i dazi colpiscono in modo forte e riducono gli spazi di manovra delle imprese. Serviranno investimenti pubblici e delle imprese per rafforzare la diversificazione dei mercati».

Industria calzature (Foto Adobe Stock)
Industria calzature (Foto Adobe Stock)

C’è completa consapevolezza tra gli imprenditori italiani della forza di questo brand?
«Chi ha già una presenza internazionale conosce bene quanto i nostri prodotti, il nostro modo di fare impresa e di coltivare le relazioni con i nostri clienti, siano apprezzati. L’obiettivo è, però, aumentare le aziende esportatrici, perché ovviamente la forza di un brand non basta».

All’estero è sufficientemente protetto? O sono di più le falsificazioni?
«La situazione è molto eterogenea, complessa e cambia nei diversi Paesi. Sicuramente il ‘sistema Italia’ può lavorare per rafforzare le tutele dei nostri prodotti e le imprese devono investire sempre di più in marchi e brevetti per alzare il livello di protezione. In alcuni contesti la tutela più forte è nel valore che riusciamo a trasferire nei nostri prodotti e nella sua riconoscibilità. Ci sono aziende straniere che hanno nomi e segni di riconoscimento del tutto uguali ad imprese italiane, anche del nostro territorio. Ma pur nelle difficoltà e nei costi da affrontare, la forza della qualità vince».





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