
Nel dibattito «Ragazzi, tornate a Napoli», partecipa anche Antonio Pescapè, docente dell’Università Federico II e direttore scientifico della Digita Academy.
Professore Pescapè, cosa l’ha colpita dell’editoriale del direttore Napoletano?
«Per prima cosa, che “Il Mattino”, sotto la guida di Napoletano, ha ritrovato centralità e autorevolezza. Il direttore è stato abile nel cogliere una narrazione vera, basata su numeri e fatti incontestabili, che poteva essere valorizzata e rilanciata, generando dibattito e attenzione. Napoli aveva bisogno di questo racconto, anche perché accanto alla narrazione positiva si alimenta quella critica, e il confronto fa bene».
Lei guida la Digita Academy da nove anni creata dalla Federico II con Deloitte, cioè uno degli elementi narrati dal direttore del Mattino: la rete tra accademia e aziende.
«Esatto e mi lasci dire che quanto avvenuto negli ultimi dieci anni non è frutto del caso ma di interventi strutturali. Le iniziative che hanno un impatto duraturo sono quelle capaci di radicarsi nel tempo. Digita ha potuto crescere perché è rimasta stabile sul territorio, ha avuto modo di correggere errori e consolidare pratiche. Ma il punto centrale non sono i progetti in sé, bensì l’impatto che generano. Se un’accademia come la nostra non cambia concretamente la vita delle persone, non serve. Il nostro lavoro deve avere conseguenze economiche, sociali e culturali. Si è quindi creato un ecosistema innovativo: oggi la Federico II ha 16 Academy create aziende internazionali e nazionali».
Quanto ha influito aver creato questo ecosistema a Napoli?
«Moltissimo. All’inizio le aziende venivano qui perché c’era un bacino di giovani talenti formati dall’Università. Oggi siamo in una fase diversa: Napoli attrae imprese non solo per i ragazzi, ma perché qui trovano un tessuto produttivo in crescita, partner con cui sviluppare progetti. Questo è un salto decisivo. Un esempio è Deloitte: una realtà che fa consulenza ha bisogno di un contesto fertile. Oggi la Campania offre proprio questo. Si quindi creata una connessione tra più aziende, proprio perché si stanno insediando sempre più qui. E non è un caso se Deloitte, forte di questo ecosistema, ha aperto una sede a Napoli».
Sul fronte della formazione, negli ultimi anni si è rafforzata la rete degli ITS Academy. Qual è la sua valutazione?
«Gli ITS rappresentano un passaggio importante. È vero che Digita lavora su tecnologie complesse, per cui servono laureati con competenze avanzate. Tuttavia, il mercato richiede anche figure intermedie, diplomati specializzati in settori strategici. Penso al ferroviario, alla cantieristica, all’aerospazio. Un cablaggio o un sistema di dati per un convoglio ferroviario richiede professionalità tecniche precise, non necessariamente laureate. Oggi mancano queste figure, e gli ITS colmano un vuoto cruciale. Il messaggio ai giovani è chiaro: non tutti devono diventare ingegneri o economisti, ma servono competenze solide in ogni segmento della filiera».
Tornando a Digita, quali risultati concreti ha ottenuto in questi anni?
«Ogni edizione ha avuto un placement del 98%. Abbiamo formato oltre 650 ragazzi. Di questi, circa 350 oggi ricoprono ruoli di responsabilità in aziende di primo piano, in Italia e all’estero. Molti lavorano ancora a Napoli e in Campania, altri hanno posizioni manageriali in grandi realtà come banche, multinazionali, società tecnologiche. Ciò che conta è che, ovunque siano, restano collegati all’ecosistema di partenza e generano nuove opportunità per il territorio».
Il tasso di inserimento lavorativo è altissimo. Qual è il segreto?
«Abbiamo ottenuto questi numeri grazie alla capacità di cambiare ogni anno, senza mai replicare lo stesso modello. Le tecnologie evolvono rapidamente: ciò che prima accadeva in cinque anni oggi avviene in dodici mesi. Noi abbiamo seguito, e spesso anticipato, queste trasformazioni. Siamo passati dal cloud computing e dall’IoT a nuove certificazioni, come Salesforce, fino all’intelligenza artificiale generativa, su cui oggi siamo un punto di riferimento nazionale».
Cosa significa, in concreto, anticipare le tecnologie?
«Vuol dire formare i ragazzi su strumenti che ancora non sono diffusi nel mercato, ma che presto diventeranno centrali. Un esempio è proprio l’intelligenza artificiale generativa: noi ci lavoriamo già da tempo, mentre solo ora sta entrando nelle strategie delle aziende. Questo consente ai nostri studenti di essere pronti e competitivi.
In sintesi, quale immagine restituisce Napoli oggi?
«Una città che ha iniziato a costruire interventi strutturali, capaci di produrre impatto. Un luogo in cui le imprese non vengono più solo per pescare talenti, ma per inserirsi in un ecosistema dinamico. Una realtà in cui l’università, le accademie, le aziende e le istituzioni hanno cominciato a dialogare con continuità. È questa la base per trattenere i giovani, riportarne altri e rendere Napoli una città in cui si può davvero costruire il futuro».
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