
Una guerra commerciale si misura anche dalla cassetta della posta. Da ieri, ogni pacco diretto negli Stati Uniti paga i dazi doganali, senza più sconti: un cambio di rotta che colpisce consumatori, piccole imprese e, soprattutto, i colossi dell’e-commerce a basso costo come Shein e Temu.
Gli Stati Uniti hanno iniziato a riscuotere le normali tariffe doganali su tutte le importazioni di pacchi, indipendentemente dal loro valore. L’unica deroga riguarda i regali di valore inferiore ai 100 dollari (circa 90 euro). Dal 2015 la cosiddetta “de minimis” era fissata a 800 dollari (prima 200): spedizioni sotto tale soglia non pagavano dazi. Ora non più. A farsi carico dei nuovi costi saranno le piccole imprese straniere, i consumatori e i grandi player che hanno costruito il loro modello su micro-spedizioni a basso costo, in primis Shein e Temu. Dovendo allinearsi ai rivenditori tradizionali, con catene di spedizione più complesse e oneri doganali pieni, è scontato l’aumento dei prezzi al cliente finale e una maggiore frizione nei tempi di consegna.
Per la Casa Bianca si tratta di chiudere “una scappatoia che danneggia i produttori americani” e che avrebbe “reso più semplice spedire droghe illegali negli Usa”, ha dichiarato Trump. La lettura accademica è più critica: secondo Amit Khandelwal, professore di Affari globali ed Economia alla Yale University, la stretta “potrebbe essere vista come un aumento delle tasse per gli americani a basso reddito”, ha detto al Guardian.
L’applicazione pratica della misura ha scatenato confusione a livello mondiale. Già da una settimana poste di mezzo mondo, tra cui Poste Italiane, hanno annunciato l’interruzione delle spedizioni di pacchi verso gli Stati Uniti; resta attiva la sola corrispondenza.
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