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Domenica sera il primo ministro francese, François Bayrou, ha sostenuto durante un’intervista televisiva che «l’Italia oggi sta facendo una politica di dumping fiscale», riferendosi alla pratica che seguono alcuni stati per attrarre capitali dall’estero offrendo regimi fiscali agevolati soprattutto per le persone più ricche. L’accusa è stata respinta dal governo italiano con una nota alquanto piccata, segnalando un nuovo momento di attrito con le istituzioni francesi, con cui i rapporti sono stati spesso tesi nei primi anni del governo di Giorgia Meloni.
Bayrou stava partecipando a una lunga intervista sulle grandi difficoltà del suo governo di minoranza, che rischia di cadere tra una settimana proprio a causa dei problemi dell’economia francese e in particolare dei conti pubblici. Il deficit della Francia continua ad aumentare, cioè le sue entrate sono inferiori rispetto a quanto spende, e Bayrou ha presentato un progetto di bilancio per il 2026 molto criticato e austero, ma a suo dire necessario per ripianare i conti. La maggior parte dei partiti, compresi quelli che lo sostengono, non sono d’accordo e per il prossimo 8 settembre è previsto un voto di fiducia che potrebbe causare la fine del governo.
In questo contesto, durante l’intervista, è stato chiesto a Bayrou se fosse da prendere in considerazione la proposta dei socialisti, che chiedono da tempo di alzare le tasse sui francesi più ricchi in modo da non gravare su tutta la popolazione (la Francia insieme all’Italia è tra i paesi con il più alto regime fiscale). Bayrou ha risposto dicendo che in questo modo i cittadini più ricchi «lascerebbero la Francia, perché ormai esiste una sorta di, come dire, nomadismo fiscale» di chi sceglie di andare a vivere dove è fiscalmente più conveniente, cosa che possono permettersi soprattutto le persone più abbienti. Secondo Bayrou questo sarebbe il caso dell’Italia, che ha un regime fiscale vantaggioso per le persone più ricche.
La frase è passata velocemente nel corso dell’intervista, senza che i giornalisti facessero qualche domanda più specifica sull’Italia, e la questione non ha avuto un particolare seguito in Francia, dove si sta discutendo soprattutto dei problemi del governo di Bayrou. La dichiarazione è stata però ripresa dalle agenzie di stampa e dai giornali italiani, portando in breve tempo alla diffusione di una nota da parte del governo italiano che ha definito «totalmente infondate» le affermazioni del primo ministro francese. La nota dice che:
L’Italia non applica politiche di immotivato favore fiscale per attrarre aziende europee e, con questo governo, ha addirittura raddoppiato l’onere fiscale forfettario in vigore dal 2016 a carico delle persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia. L’Italia è piuttosto, da molti anni, penalizzata dai cosiddetti “paradisi fiscali europei”, che sottraggono alle nostre casse pubbliche ingenti risorse.
L’Italia non applica politiche smaccatamente di dumping fiscale, ma negli ultimi anni il governo Meloni ha comunque introdotto o rinnovato agevolazioni mirate per attirare investimenti e nuovi contribuenti dall’estero. È per esempio prevista una forte riduzione dell’imposta sui redditi per cinque anni per le imprese che decidono di rientrare in Italia, così come per chi ha un’alta qualificazione e trasferisce la residenza fiscale nel paese (entro un reddito agevolabile di 600mila euro); sono inoltre previsti sistemi di “flat tax” per lavoratori autonomi e piccole imprese.
Nell’Unione Europea negli anni ci sono state dichiarazioni di impegno e sono state adottate misure per provare a ridurre il fenomeno del dumping fiscale, che può in effetti costituire un elemento di concorrenza sleale tra i paesi che ne fanno parte. Nonostante le regole e le dichiarazioni di intenti, i governi provano spesso ad adottare politiche fiscali più vantaggiose, con misure strutturali o temporanee. I paesi più frequentemente accusati di fare dumping fiscale sono di solito Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Malta, Cipro e di recente l’Ungheria.
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